Radio. Oops! Something went wrong. Mentre gli editori guardano il dito, gli OTT puntano alla luna. Google, Amazon, Apple gatekeeper in auto

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Quella che vedete nella foto d’apertura è la schermata iniziale che compare sul dashboard di qualsiasi nuova BMW equipaggiata di serie con software Android Auto (e la sua evoluzione Android Automotive) ed Apple Carplay, in questo caso il primo. Ovviamente nulla cambia su qualsiasi altra vettura col medesimo standard OTT, quindi l’esempio di BMW è meramente indicativo.
Cosa c’è che non va? Vediamo…

Il vecchio mirrorlink

Gli standard OTT Android Auto (parte di Open Automotive Alliance, joint venture di costruttori di autoveicoli e aziende tecnologiche per l’utilizzo della piattaforma Android in ambito automobilistico) ed Apple Carplay, come noto, consentono ai dispositivi mobili coi relativi sistemi operativi (Android e iOS) di essere utilizzati sulle automobili mediante il sistema di infotainment presente nel cruscotto, evolvendo il cd. mirrorlink, tecnologia che consente la comunicazione fra un ricevitore audiovisivo per auto (e ovviamente non solo) e un dispositivo smartphone.

La colonizzazione Android Auto

I sistemi Android Auto sono presenti sui seguenti marchi dell’automotive: Audi, BMW, General Motors, Honda, Hyundai, Abarth, Acura, Alfa Romeo, Bentley, Chevrolet, Chrysler, Dodge, Fiat, Ford, Infiniti, Jeep, Kia, Maserati, Mazda, Mitsubishi, Nissan, Opel, Ram, Renault, SEAT, Škoda, Subaru, Suzuki, Volkswagen, Volvo Cars, Alpine e Mercedes-Benz. 

E quella di Apple Carplay

Per parte propria, Apple Carplay è integrato nei sistemi di Alfa Romeo, Audi, BMW, Bentley, Buick, Cadillac, Chevrolet, Chrysler, Citroën, Dodge, DR Automobiles, DS Automobiles, Ferrari, FIAT, Ford, GMC, Jaguar, Jeep, Holden, Honda, Hyundai, Kia, Koenigsegg, Lamborghini, Lincoln, Maserati, Mazda, Mercedes-Benz, MG, Mitsubishi, Nissan, Opel, Peugeot, Porsche, Renault, SEAT, Škoda Auto, Subaru, Suzuki, Toyota, Vauxhall, Volkswagen e Volvo.

Dove è la Radio?

Ora, per collegarci al tema introdotto in apertura, il fatto che le piattaforme OTT Android Auto ed Apple Carplay compaiano come prima soluzione proposta dal dashboard proiettando i dispositivi dell’utente preferenziale sul sistema di Infotainment dell’auto, non è, ovviamente, il problema.

One click

Lo è invece il fatto che sia integrato – come potete vedere – Spotify e non (anche) l’icona Radio. E questo è sì un problema, anzi, un enorme problema per i broadcaster, in quanto riporta in evidenza la questione, da noi enormemente enfatizzata, del one click, cioè la capacità di raggiungere l’utente con un solo tasto. Tema tardivamente arrivato tra le priorità degli editori radiotelevisivi, nonostante se ne parli dal 2017, quindi da sei anni.

Lo studio di Omdia

Questione di massima urgenza, se è vero che, come attesta uno studio di Omdia, società inglese indipendente di analisi e consulenza nel settore delle telecomunicazioni, dei media e della tecnologia, le auto connesse cresceranno del 18% nel 2023.

Rapido posizionamento degli OTT

Ma, soprattutto, se è ormai evidente che Google, Apple ed Amazon si stanno velocemente posizionando per intercettare e sviluppare le potenziali opportunità di guadagno offerte da questo mercato nel prossimo decennio.

900 mln di connected car nel prossimo decennio

La ricerca di Omdia rivela, peraltro, che all’inizio del prossimo decennio saranno in circolazione oltre 900 milioni di auto connesse, eclissando dispositivi di consumo popolari come i set-top box e i tablet della pay TV.

Schermi dappertutto

Nel dettaglio, i nuovi veicoli includeranno schermi nella parte anteriore e posteriore dell’abitacolo per consentire servizi audiovisivi e di giochi.

Gatekeeper

E, in conseguenza di ciò, come si è visto con l’approccio ad altre categorie di prodotti, Google, Amazon ed Apple stanno cercando di diventare i gatekeeper dell’automotive, governando (e quindi filtrando) la somministrazione dei contenuti.

Fire Tv

Amazon, per esempio, sta portando la sua popolarissima soluzione di intrattenimento Fire TV a bordo dei veicoli anche per il consumo dei media. E, in risposta, ogni original equipment manufacturer (OEM) automobilistico sta sviluppando proprie soluzioni software per trattenere i conducenti all’interno dei rispettivi ecosistemi.

Connettività standard

Nei prossimi anni, tutte le nuove vetture includeranno la connettività come caratteristica standard che consentirà l’erogazione di servizi integrativi a pagamento, individuati dall’industria automobilistica come nuovo modello di business.

Cloud gaming

Le strategie di monetizzazione sono già state messe in atto attraverso abbonamenti aggiuntivi che vanno dai servizi di cloud gaming a quelli di streaming audio/video, anche se sul punto permangono perplessità.

No pay per max 30 minuti di impiego

David Tett, analista di Omdia, rileva dubbi “sulla disponibilità dei consumatori a pagare un extra per i servizi in auto, in particolare perché lo correlano con il rapporto qualità-prezzo, dato che i viaggi medi variano tra 15 e 30 minuti”.

Filiera interessata

Tuttavia, “sebbene sia difficile monetizzare, prevediamo che i servizi nativi basati sull’auto forniranno grandi opportunità nei prossimi anni. Questo potenziale ha fatto sì che molte componenti della filiera considerassero l’automotive come un’area chiave per la crescita futura”, ha evidenziato l’analista di Omdia.

E i broadcaster?

E, in questo contesto, i broadcaster dove sono?
I progetti di RadioDNS, allo stato, non hanno avuto evoluzione e la tendenza a concentrarsi su soluzioni proprietarie di distribuzione dei contenuti via etere (in opposta direzione alle strategie OTT di disintermediazione) rischia di distrarre da quello che, a questo punto, dovrebbe essere l’obiettivo primario.

Prominence

Parliamo, naturalmente, di favorire l’approvazione di una normativa di prominence che consenta l’accesso preferenziale degli utenti di piattaforme over the top ai contenuti dei fornitori di servizi di media audiovisivi di interesse generale.

Agcom

Un tema caldissimo, per il quale dovrebbe essere imminente la pubblicazione degli esiti della consultazione pubblica avviata dal regolatore nazionale Agcom con la delibera n. 14/23/CONS. Unica ancora di salvezza per i broadcaster radiotelevisivi. Che, però, forse, non l’hanno ancora ben capito. (M.L. per NL)

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