L’autunno radiofonico si preannuncia molto più caldo della già torrida estate che s’avvia alla conclusione.
Dello spoiler di Dagospia sui presunti dati d’ascolto (riservati) del Tavolo Editori Radiofonici che vedrebbero non particolarmente performanti le emittenti Radiomediaset (R101, Radio 105, Virgin Radio) nonostante l’intensa profusione di investimenti (ancorché in house, sulle reti tv del Biscione) in esposizione mediatica ed in frequenze (travasi intergruppo ed acquisizioni varie) con conseguenti ire verticali a Cologno Monzese, abbiamo già detto.
A buttare benzina sul fuoco ci pensa ora il quotidiano Italia Oggi che in un articolo di qualche giorno fa segnala come i competitors radiofonici di Radiomediaset siano sul piede di guerra per quanto riguarda l’acquisizione di Radio Subasio, che sebbene sia una superstation di dimensioni d’ascolto nazionali è giuridicamente un’emittente locale, circostanza che rileverebbe ex art. 5 c. 1 lettera d) D. Lgs. 177/2005 (Testo Unico dei servizi di media audiovisivi e radiofonici). Tale disposto normativo prevede infatti che “uno stesso soggetto o soggetti tra di loro in rapporto di controllo o di collegamento non possono essere, contemporaneamente, titolari di autorizzazione per emittente in ambito nazionale e in ambito locale o emittente radiofonica digitale in ambito nazionale e in ambito locale e che non possono essere rilasciate autorizzazioni che consentano ad ogni emittente, anche radiofonica digitale, in ambito locale di irradiare nello stesso bacino piu’ del 20 per cento di programmi televisivi numerici in ambito locale”. Proprio in ragione di ciò, sarebbero stati presentati esposti all’Antitrust e all’Agcom per verificare la correttezze delle operazioni poste in essere. E’ pur vero, tuttavia, che Radiomediaset ha in pancia una concessione nazionale inepressa, quella riconducibile al titolo originariamente denominato GBR-VOA (attuale vettore della portoghese Radio Orbital), già considerata da Agcm e Agcom all’epoca del deal Finelco, sicchè se il marchio/palinsesto di Subasio venisse associato a tale concessione verrebbero a cadere ipotesi di eventuale commistione contra legem tra radio locali e nazionali.
Ma a preoccupare i concorrenti, secondo Italia Oggi, non è solo l’imponenza della massa d’ascolti radiofonici del Biscione, quanto la sua politica commerciale particolarmente aggressiva e dominante, che avrebbe condotto ad una distorsione dei dati sulla raccolta nel primo semestre 2017, la quale registra una crescita (secondo Fcp-Assoradio) del 5% rispetto allo stesso periodo del 2016 e con un performante ultimo trimestre a +9,3%.
Infatti, esaminando lo spaccato dei singoli player, secondo il quotidiano economico-finanziario, si nota che il gruppo l’Espresso (Radio Dee Jay, Capital ed m2o) sarebbe cresciuto in tale periodo solo dello 0,8% (per 29,6 mln di euro), mentre RTL sarebbe in stallo, se non addirittura in leggero calo rispetto all’esercizio precedente. Meglio sarebbero andate nello stesso periodo Radio 24 e RAI, che hanno registrato un +5%, mentre RDS sarebbe in positivo con una crescita ad una cifra nel quadrimestre. “In sostanza, è l’analisi dei più, il mercato della radio sta crescendo in maniera massiccia soprattutto perché le emittenti di Radiomediaset stanno confrontandosi con il periodo gennaio-giugno 2016 nel quale erano andate particolarmente male, subentrando alla precedente struttura di rete concessionaria. Quelle radio avevano sottoperfomato nel primo semestre 2016, ora, a pieno regime, vanno molto bene e tutto il comparto Fcp-Assoradio riceve questa pinta positiva”, annota Italia Oggi. E qui viene a galla il vero problema: la politica monopolizzatrice di Mediaset, volta (comprensibilmente, del resto) a gestire gran parte dei budget dei big spender, rischierebbe, secondo la concorrenza, di limitare la crescita dei competitors, se non addirittura di farli regredire, lasciando poche risorse economiche residue in termini di investimenti pubblicitari.
Ma se le stazioni radiofoniche dei Berlusconi non offrissero risultati d’ascolto in linea con le aspettative, allora le cose potrebbero prendere una piega differente, osserva qualcuno. Ammesso e non concesso, tuttavia, che il sistema stesso delle rilevazioni d’ascolto attraverso l’arcaico metodo CATI, già pesantemente criticato anche dall’Agcom per la sua inadeguatezza rispetto agli sviluppi del mercato (sia socioeconomico che tecnologico), abbia una reale valenza nell’era della profilazione estrema dell’utente, che suggerirrebbe, per non dire imporrebbe, l’introduzione di meter attraverso smartphone. Un’introduzione che probabilmente sarebbe conveniente proprio per chi oggi è più penalizzato. (M.L. per NL)