Quante volte riguardando le foto degli studi di trasmissione delle prime emittenti private, molto spesso ricavati nelle cantine o nelle soffitte ed insonorizzate coi contenitori delle uova, ci sarà capitato di imbatterci nelle attrezzature più disparate (quasi sempre di derivazione consumer, adattate o autocostruite) che venivano usate all’epoca?
Generalmente l’occhio quasi subito viene attirato dai giradischi, il primo componente della catena audio per ordine di importanza, che arrivava dopo il mixer: certamente tecnici, registi e DJ ormai entro gli “anta” ricorderanno con nostalgia i modelli L75 o L78 prodotti dalla famosa Lenco Italiana, che nell’ambiente radiofonico si guadagnarono l’appellativo di “muli da radio”, preferiti per affidabilità ed economicità ad altre marche più blasonate (il non plus ultra erano i QRK ed i Russco, ancorché molto rumorosi e deleteri per i dischi che “aravano” per il peso del braccio), quantomeno fino all’avvento dei Technics SL1200 e ad esclusione di coloro che potevano già permettersi i Thorens 125/160 (negli anni 70), 126MKIII (negli anni ’80) e successivamente Thorens TD 524 a partenza fulminea (in uso a Rete 105 e a Radio DeeJay) ed i Technics SP15/SP25 (anni ’80).
Le origini del marchio Lenco arrivano dalla Svizzera, esattamente dalla città di Burgdorf, dove nacque nell’immediato dopoguerra dall’intuito e dalla grande passione per l’elettronica da parte dei coniugi Fritz e Marie Laeng, che fondarono l’azienda pretendendo, da buoni svizzeri, la perfezione assoluta per tutti i loro prodotti.
Una storia di un’azienda gloriosa che ha realizzato durante gli anni apparecchiature audio ad alta fedeltà e che ad oggi rimane apprezzata dagli audiofili di tutto il mondo.
Quando nel pieno boom economico la richiesta dei prodotti Lenco arrivava ormai da ogni parte del mondo, la società decise di aprire un nuovo stabilimento in Italia, esattamente ad Osimo, nelle Marche, vicino alla città portuale di Ancona, impiegando quasi 1.000 dipendenti e producendo ogni anno migliaia di giradischi (arrivando successivamente ad esportare in ben 86 Paesi).
Grazie alla loro robustezza (quasi 8 Kg. di peso!) ed al tipo di trazione con puleggia che permetteva di trasmettere la rotazione dal motore al piatto, i giradischi Lenco L75 e L78 trovarono largo impiego nell’ambito broadcast della prima ora, divenendo diretti concorrente di marchi come Garrard e Thorens.La partenza tuttavia non avveniva istantaneamente ed allora si impiegavano dei panni (o slipmat con base plastica) per non creare attrito con il piatto ruotante: la tecnica per lanciare il brano era quella di avviare il giradischi, attendere che il motore arrivasse a pieno regime e, una volta posizionato il pick-up mezzo giro indietro rispetto all’inizio del brano, tramite il dito indice e il pollice trattenere il panno (o lo slipmat), rilasciarlo esattamente quando il disco doveva andare in onda (di norma dopo l’annuncio dello speaker).
Questi giradischi furono la vera “palestra” per i dj dell’epoca, anche nelle discoteche, poiché avevano un sistema di cambio giri graduale che permetteva di passare addirittura dai 16 ai 78 giri così da essere impiegati nelle consolle, dove l’abilità in fase di mixaggio stava proprio nell’inventare ogni volta qualcosa di nuovo (sicché si doveva avere un buon orecchio ed essere dotati di precisione e tanta pazienza, in quanto spesso e volentieri per tenere la battuta si doveva dare la cosiddetta “spinta”).
Oggi riascoltare il suono provenire da quei giradischi è un po’ come per un chitarrista ritrovarsi ad imbracciare una vecchia Fender con la quale magari ha suonato il papà con la sua beat band negli anni ’60 o per un tastierista riscoprire che in garage c’è un vecchio organo Farfisa che sta prendendo polvere…… pezzi di un passato glorioso del distretto marchigiano dell’elettronica e degli strumenti musicali che in quegli anni fecero invidia al mondo e che oggi ci ricordano che anche nell’ambito broadcast l’eccellenza era italiana. (R.M. per NL)