La nuova frontiera della radiofonia si chiama podcast: una forma ed una forma di riciclaggio di contenuti che viceversa andrebbero perduti a danno di un proficua eco-sostenibilità (dove “eco” sta per economica, ovviamente).
Negli Stati Uniti l’on demand la fa padrona sia per quanto riguarda la modalità di fruizione dei contenuti video, sia per quelli audio. Almeno questo è quanto emerge da Infinite Dial 2018, l’ultima ricerca di Edison, che affronta anche il tema dei podcast.
Questi ultimi, infatti, starebbero spopolando nel Nuovo Continente, coinvolgendo un numero sempre maggiore di ascoltatori: il 44% degli americani, cioè 124 milioni di persone, avrebbe ascoltato un podcast almeno una volta nella vita; mentre il 40% ascolta podcast almeno una volta al mese.
Notevole anche la velocità con cui questi contenuti accrescono la presa sul pubblico: solo cinque anni fa, gli americani ascoltatori abituali di podcast erano il 27%, cioè poco più della metà degli attuali.
Molto conta la qualità delle produzioni: in testa alle classifiche iTunes (piattaforma Apple che, tra i vari servizi, distribuisce podcast) ci sono The Daily, podcast di informazione giornaliero del New York Times che fa una rassegna stampa ragionata di 20 minuti, e The Message, audioserie fantascientifica (sponsorizzata da General Electric) che ha ormai tre anni di vita ma che continua ad essere attrattiva per il pubblico.
La popolarità dei contenuti audio on demand è tale da aver stimolato la trasposizione in serie TV: è il caso di Homecoming, audioserie di genere thriller psicologico, che diventerà una serie TV con protagonista Julia Roberts e sarà distribuita su Amazon Prime.
Gran parte del successo dei podcast – e della fruizione in modalità on demand in generale – è dovuto alla diffusione sempre più capillare dei dispositivi mobile (il 64% degli ascolti proviene infatti dagli smartphone). A questi però si sommano gli smart speaker (Google Home – da due settimane in vendita anche in Italia -, Amazon Echo, Home Pod di Apple), dispositivi sbarcati da poco in Italia, ma che negli States circolano già da un po’ e sono presenti nel 18% delle case americane, raggiungendo un pubblico di 51 milioni di persone ed erodendo il mercato della radio, ma allo stesso tempo supportandolo: oggi gli americani che non possiedono una radio stand-alone (il ricevitore FM/AM) sono il 29% (ma in Italia sono oltre il 50%!), mentre nel 2008 erano solamente il 4%. La radio terrestre resiste nelle automobili, ma – ricordiamo – anche la tecnologia dell’audio in-car si sta evolvendo verso l’integrazione di sistemi connessi (cd. connected car).
Dalla nostra parte dell’oceano, comunque, la situazione è ancora molto diversa: in Italia, in particolare, l mercato dei podcast è ancora molto limitato e, per la maggior parte, i contenuti on demand sono costituiti dalle registrazioni dei programmi andati in onda in radio.
Qualcosa di nuovo, però sta sorgendo: pioniere sono state Radio Rai, con alcune serie audio sulla falsa riga di quelle statunitensi, Repubblica con Veleno e La Stampa con PodLast. Altri prodotti arrivano da autori indipendenti, come la società MyVoxes, che ha realizzato podcast per Starbene e Focus Junior e che punta allo sviluppo di contenuti da distribuire gratuitamente grazie a sponsorizzazioni (come avviene per The Message, sponsorizzata da General Electric). Perché si possa valutare il successo o l’insuccesso dei podcast nel nostro paese, però, bisognerebbe forse rinnovare i metodi di rilevamento degli ascolti, che ad oggi possono tener conto delle registrazioni dell’on-air e non delle produzioni originate come podcast. Anche se il recente avvento degli smart speaker potrebbe velocemente cambiare le cose: Google Home, per esempio, somministra notizie a comando vocale attingendo ai podcast delle news delle principali emittenti italiane. (P.B. per NL)