C’erano una volta i Radicali. E c’era una volta Radio Radicale. Alcune delle battaglie più rivoluzionarie dell’Italia contemporanea sono passate da quest’emittente, così come alcuni degli esperimenti radiofonici più inusuali (vedi Radio parolaccia) o delle polemiche più infuocate circa il finanziamento pubblico ai mezzi d’informazione.
C’erano i discorsi fiume di Pannella, ai tempi in cui il guru perdeva il filo un po’ meno che oggi. E soprattutto c’erano gli ascoltatori, mentre oggi non ci sono più. Negli ultimi dieci anni, infatti, Radio Radicale ha perso circa il 40% del proprio pubblico, calando fino a una media di 288 mila contatti nel giorno medio. Ciò che non è in crisi, invece, sono i ricavi dell’attività, controllata dalla (società di capitali) Centro di produzione di pannelliana fondazione, e ancora organo di stampa della Lista Marco Pannella (giochetto che porta ancora 4,5 milioni di euro annui nelle casse via Piazza Argentina). Nel 2012, sono stati pari a 12,9 milioni. Nonostante le grosse somme ricevute, però, l’utile aziendale dell’anno passato è stato negativo per 225 mila euro. Colpa dell’aumento dell’IVA e della fine dei contributi sulle spese per l’energia elettrica e per i costi delle agenzie di stampa. Ancora una volta, però, grazie al rinnovo annuale del finanziamento pubblico per la trasmissione delle sedute parlamentari (8,4 milioni), l’emittente, nonostante l’emorragia di utenti (che segue quella dei Radicali, il cui declino oramai è sancito da tempo) riesce a restare in piedi. L’anno scorso la concessione è stata rinnovata per un solo anno, per cui a novembre il problema si ripresenterà. E probabilmente la riconoscenza per il ruolo svolto dalla radio quarant’anni fa, all’epoca in cui i lavori del parlamento erano blindati, commuoverà ancora una volta il ministero dello Sviluppo, concedendo ancora un altro anno alla radio e a noi l’emozione di continuare ad ascoltare i discorsi di Pannella. (G.C. per NL)