Radio nazionali, associazioni: rappresentatività polverizzata?

Continua l’emorragia dalla RNA. In FRT anche Radio Italia


Dopo RTL, 105 e RMC, anche Radio Italia esce dalle Radio Nazionali Associate ed entra in FRT, dove il suo patron, Mario Volanti, assume la carica di vicepresidente dell’associazione radio (la federazione è divisa in associazioni radio, tv, nazionali e locali). Al di là del caso specifico, il segnale non pare affatto positivo per il settore, posto che denota che, in uno dei tanti momenti in cui l’unione sarebbe stata opportuna (il nuovo governo sarà chiamato ad affrontare, tra le tante cose, molti argomenti essenziali per il futuro della radiofonia), la divisione impera. Sebbene la fuoriuscita di Radio Italia dalla RNA indebolisca la rappresentatività della medesima nell’ambito dell’emittenza radio nazionale (rimangono nell’associazione le radio di Elemedia, RDS, Radio Radicale, Radio Maria, R101 e R24) e rafforzi la presenza su tale fronte di FRT (che associa Kiss Kiss, 105, RMC, RTL e Radio Italia), il bifrontismo può creare dubbi agli editori locali, che partecipano alla federazione, in ordine alla possibilità di conciliare esigenze imprenditoriali spesso contrapposte. Il mondo associativo radiofonico è del resto tuttora frastagliato, nonostante il numero delle stazioni sia drasticamente sceso (dalle quasi 5000 emittenti del 1990 si è giunti alle attuali meno di 1000 radio concretamente operative, peraltro in capo ad un numero di soggetti giuridici ancora inferiore, attesa la forte presenza di pluriconcessionari): da una parte le citate RNA e FRT, che si fronteggiano nella rappresentanza delle nazionali (FRT, tuttavia, come detto, opera anche nell’alveo delle locali, soprattutto rappresentando aziende di un certo spessore economico), dall’altra sindacati di radio prevalentemente locali, quali Aeranti-Corallo, Conna e REA (parliamo ovviamente di rappresentanze di caratura nazionale, tralasciando la presenza di sindacati minori su scala locale). Non solo gli editori appaiono spessissimo (quasi sempre, invero) distanti sulle scelte strategiche per il futuro (si pensi solo alla vicenda UPA, di cui abbiamo dato conto poche settimane fa, o al digitale radiofonico), ma le stesse associazioni sovente si presentano ai tavoli istituzionali in maniera scoordinata, anche quando gli obiettivi parrebbero convergenti. Tutto ciò rallenta e rende difficoltoso il conseguimento di risultati positivi sul piano politico-amministrativo per l’intero comparto. Ma per la radiofonia ciò non è certamente una novità. Anzi.

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