Mons. Dario Edoardo Viganò, prefetto della Segreteria per la Comunicazione della Santa Sede, ha parlato del nuovo corso di Radio Vaticana Italia in una lunga intervista concessa a NL, nella quale sono stati affrontati tutti, ma proprio tutti, gli aspetti del futuro della radio.
Dal presente multipiattaforma (FM/IP/DTT/DAB+) all’ibridizzazione sensoriale, da nuovi formati visual allo studio per Radio Vaticana al futuro sempre più webcentrico, Mons. Viganò ha veramente toccato ogni aspetto saliente del medium elettronico più antico del mondo, confermando ogni nuova tendenza evolutiva ospitata su queste pagine nell’ultimo anno e mezzo.(Domanda) Mons. Viganò, dalle ultime iniziative deduciamo che Radio Vaticana è proiettata verso il digitale: avete dismesso importanti impianti in onde medie, avete presidiato il web, il DAB+ ed ora il DTT. Concorda che il futuro della radio sarà IP nel lungo termine e ibrido (FM/IP/DAB+/DTT) nel medio?
(Risposta) Penso che sia difficile fare previsioni nette. Tuttavia, è chiaro che il futuro della radio si giocherà sempre di più nell’ambiente digitale. Ormai tutto è connesso: dai palazzi alle automobili. E il mezzo radiofonico non può restare ai margini di questo processo che ha già provocato la dissoluzione dei confini tradizionali tra i differenti media. In questa fase, sulla base delle nostre particolari esigenze, che sono un po’ diverse rispetto alle altre Media Company, credo sia importante mantenere l’attenzione su due binari. Da un lato ci sono i contenuti, che per noi sono necessariamente multimediali e multinguistici, e in particolare le modalità di produzione dei contenuti. Radio Vaticana, per effetto della riforma dei media vaticani voluta dal Papa, è diventata Radio Vaticana Italia. Si tratta di uno dei nostri output assieme a video, testi, foto, infografiche, ecc. rappresentati da altri due marchi: Vatican News, il nuovo portale multimediale informativo attualmente diffuso in sei lingue, alle quali presto si aggiungeranno il polacco, il cinese e l’arabo; e Vatican Media che si occupa della produzione multimediale, dalle dirette radiofoniche e televisive fino ai documentari. D’altro canto, però, occorre prestare attenzione anche alle tecnologie di trasmissione dei segnali, tema per il quale abbiamo sviluppato un approccio fondato sulla complementarietà di tutte le soluzioni disponibili. In concreto questo vuol dire utilizzare il giusto mix di piattaforme per portare i contenuti all’utente. Nel caso della radio sono appunto FM, DAB+ e DTT a cui aggiungiamo anche il satellite che ci permette di veicolare contenuti audio, in diretta e non, verso continenti lontani come l’Africa, le Americhe e l’Asia.
(D) Gli analisti stimano la vita della FM in Italia in 15 anni al massimo. Ma non ci sarà uno switch-off, quanto una “morte naturale”, come appunto per le OM, quando i costi d’esercizio non troveranno più giustificazione rispetto al potenziale dell’utenza. E’ vero, secondo lei?
(R) In linea di principio la radio sembra destinata ad un’evoluzione di questo tipo. Sappiamo che il settore radiofonico, al contrario di quello televisivo, non presenta grosse emergenze a livello di frequenze. Eppure la radio sta affrontando una transizione simile a quella vissuta dalla televisione: dal passaggio al digitale fino al rafforzamento sul Web e all’integrazione con i social. Non avendo un carattere di obbligatorietà, la digitalizzazione della radio procede probabilmente in modo meno veloce. E forse richiede uno sforzo produttivo maggiore, perché negli anni a venire sarà necessario alimentare più piattaforme contemporaneamente. Comunque non sarà una transizione rapida. Fin dall’inizio noi siamo presenti sulla piattaforma DAB +, manteniamo un presidio sul Digitale Terrestre e diffondiamo i contenuti audio attraverso il Web. Però nello stesso tempo riteniamo che l’FM abbia una valenza importante, soprattutto nella dimensione locale. E proprio per questa ragione abbiamo ammodernato i nostri impianti FM con il duplice obiettivo di renderli più efficaci e di minimizzare l’impatto ambientale.
(D) Nel suo intervento al convegno “Interferenze” ha sostenuto la validità e l’opportunità della visual radio in DTT in termini di integrazione della componente sensoriale. Non lo ha detto, ma presumiamo che oltre all’aspetto sensoriale abbiate preso in considerazione anche che solo in una casa su due ormai ci sono ricevitori FM e che il device più prossimo e diffuso dopo lo smartphone è appunto il televisore…
(R) Certamente è di fondamentale importanza tenere sotto controllo l’andamento del mercato degli apparecchi di ricezione. La mappa è in evoluzione, ma non bisogna trascurare il fatto che il parco automobili in circolazione in Italia veda una nettissima predominanza dell’FM. Al convegno ‘Interferenze’ se n’è parlato poco. Invece il dibattito si è concentrato maggiormente sull’aspetto produttivo, sul cambiamento del linguaggio, sull’impatto della radiovisione sulla grammatica del mezzo nonché sulla relazione con gli utenti. Come da previsione, sono emerse due scuole di pensiero assai distanti.
(D) Tuttavia allo stato il vostro presidio sul DTT nazionale è solo audio. Quanto integrerete coi contenuti visivi?
(R) Credo che la radiovisione sia qualcosa di profondamente diverso rispetto alla radio in FM sia in termini di produzione sia in termini di fruizione. Al momento noi stiamo studiando la formula, perché siamo convinti che non basti solo introdurre delle telecamere all’interno dello studio di trasmissione. Oltre a consolidare l’offerta di Radio Vaticana Italia e a rafforzarne la presenza su Web e social, puntiamo a concludere la revisione del modello organizzativo nel suo complesso che dovrà tenere in considerazione anche dell’ingresso dell’Osservatore Romano nella Segreteria per la Comunicazione della Santa Sede. Il punto è che, tra le altre cose, stiamo operando un cambio semantico per chiarire che il raggio di azione della radio è l’Italia. Ripeto spesso che siamo passati da una federazione di redazioni, ciascuna impegnata per conto suo nella realizzazione di ‘pezzi’ di programmazione in varie lingue della durata di qualche ora oppure di qualche decina di minuti al giorno, a una redazione unificata che produce in senso multimediale. Ed è questa la vera rivoluzione. La componente audio continua ad avere un peso importante, non a caso il microfono del Papa durante gli eventi in Vaticano e all’estero è gestito da un nostro team di ‘elite’ che si chiama ‘Produzione Audiovisivi’ e che opera sotto il marchio Vatican Media. Ma questo non significa che abbiamo tante radio in lingua o che le abbiamo mai avute. Abbiamo invece una maxi redazione multilinguistica, chiamata Vatican News che processa l’informazione producendo testi, video e foto in modo ‘agnostico’ rispetto al medium e con un utilizzo inteso dei canali social.
(D) Dal 2018 in ambito UE sarà obbligatorio installare sulle auto di nuova produzione dei protocolli di sicurezza che imporranno la presenza di una scheda di connessione dati; le principali case automobilistiche sono già pronte per le connected car e l’arrivo delle tariffe flat per le connessioni mobili è già una realtà che troverà conclamazione entro il prossimo anno. Lo streaming sulle automobili pare dietro l’angolo….
(R) Lo streaming a bordo delle automobili diventerà sempre più a portata di mano, aprendo scenari davvero imprevedibili al momento. Sono in arrivo i servizi 5G; si stima che nel giro dei prossimi 2 anni gli oggetti connessi supereranno quota 20 miliardi in tutto il mondo raddoppiando il numero attuale. L’auspicio è che in futuro ci sia un risvolto positivo sul fronte della sicurezza, del traffico, dell’inquinamento, ma le conseguenze saranno inevitabili anche sul versante dell’informazione e dell’intrattenimento. Certamente il mondo radiofonico non si farà cogliere impreparato, mettendo in pratica la proverbiale duttilità del mezzo nell’ibridarsi con le nuove tecnologie e nell’intercettare nuove abitudini di consumo multimediale. D’altro canto l’automobile connessa si trova già oggi in uno stadio avanzato. Però, estremizzando, trovo complicato affermare che vincerà il DAB+ oppure l’IP. Forse, come dicevo sopra, è più opportuno ragionare in termini di complementarietà.
(D) La veicolazione della radio su IP comporta molti vantaggi ma livella gli operatori azzerando le rendite di posizione e ponendoli di fronte al problema di essere individuati in un mare magnum di 500.000 flussi streaming. Secondo autorevoli osservatori si dovrà necessariamente passare da filtri di selezione, nella forma di aggregatori preinstallati sulle auto che organizzeranno le emittenti suddividendoli per genere, tipologia, localizzazione. Conviene?
(R) I nuovi display sulle auto, così come su altri device, saranno caratterizzati dalla presenza di un gran numero di app rappresentative delle diverse proposte radiofoniche. E in questo contesto è lecito supporre qualche difficoltà da parte dell’utente ad orientarsi nella ricerca di nuovi canali radiofonici. Pertanto è ragionevole ipotizzare l’affermazione di soluzioni tecnologiche, alcune già peraltro avviate, tese favorire l’aggregazione dei segnali audio provenienti dall’universo IP. D’altra parte, però, bisogna chiarire bene le modalità di funzionamento di tali servizi e in particolare il metodo di selezione. Anche l’Autorità italiana si è espressa sulla questione mettendo in guardia dal rischio che sistemi del genere possano in qualche modo imporre le scelte all’utente limitando di fatto la libertà di fruizione, il pluralismo e la concorrenza sul mercato. Il concetto di neutralità resta sempre al centro dell’ambiente digitale.
(D) Sono preferibili aggregatori indipendenti e terzi (come TuneIn) o captive, cioè di proprietà delle emittenti e magari gestiti in forma consortile (come avviene per il DAB+)?
(R) Dipende dall’orientamento che dimostreranno i singoli player, dal numero di adesioni che ciascun aggregatore riuscirà a raccogliere, nonché dall’ampiezza dell’interesse degli utenti. L’affermazione di un nuovo paradigma è notoriamente assai imprevedibile. Pensiamo ad esempio alla TV in mobilità via telefonino: negli anni addietro si rivelò un flop, oggi pare si stiano presentando le condizioni per un suo ritorno e una sua significatività. Tuttavia, dalla nostra prospettiva, sebbene questa sia soltanto una mera suggestione, potrebbe diventare interessante l’ipotesi di un aggregatore radiofonico di stampo cattolico. Una realtà capace di riflettere fattivamente sulle dinamiche in atto nel mondo IP, rivolta alle emittenti cattoliche e comunitarie e che magari possa nascere come un’evoluzione dell’esperienza maturata fino ad ora dall’associazione Corallo.
(D) Sempre in tema di aggregatori, un’altra opzione tipicamente digitale è quella del brand bouquet, la declinazione IP del brand principale di una stazione in più sottoprodotti accomunati dal marchio ma riferiti a formati specifici. Radio Vaticana sta operando in tal senso?
(R) No, non stiamo andando in quella direzione. Come accennavo stiamo consolidando il riassetto organizzativo globale e l’obiettivo di Radio Vaticana Italia è di consolidare l’offerta in FM, cercando di rendere maggiormente fluido il prodotto finale. Veniamo da una tradizionale impostazione ‘a programmi’. E stiamo cercando di armonizzare le diverse componenti di base, alcune a loro volta con un’importante tradizione alle spalle: i giornali radio; i programmi liturgici; la cultura; la parte musicale.
(D) Intendete rafforzare i rapporti con InBlu e TV2000?
(R) Stiamo approfondendo sempre di più il rapporto con tutto il polo editoriale della Conferenza Episcopale Italiana. Non solo con Radio In Blu e TV 2000, e basti vedere le diverse iniziative realizzate congiuntamente fino ad ora. Anche con il quotidiano Avvenire e con l’agenzia Sir c’è una relazione importante. Diciamo che cerchiamo di affrontare le sfide dell’ambiente digitale ragionando in maniera sinergica, sebbene nel rispetto delle rispettive specificità. È lo stesso lavoro che stiamo facendo con le altre Conferenze Episcopali del mondo. In ogni caso ci guidano le parole del Papa che invita costantemente i media cattolici a cooperare piuttosto che a competere.(D) Come vede lo sviluppo della radio a breve termine (5 anni) e a lungo termine (10 anni)?
(R) Sinceramente faccio fatica a vedere una grossa differenza tra il breve e il lungo termine. L’impressione è che le differenti piattaforme di distribuzione siano destinate a coesistere ancora per diversi lustri in linea con l’evoluzione delle modalità di fruizione nei diversi contesti geografici. Se guardiamo all’Italia, l’FM proseguirà la sua vita parallelamente alla maturazione del DAB+, al consolidamento del DTT e all’affermazione dell’IP. Possiamo quindi parlare di una radio sempre più ibrida e multipiattaforma che si pone in stretta relazione con i social e nell’ambito di una strategia improntata alla complementarietà delle tecnologie trasmissive. Probabilmente serve una filosofia gestionale diversa rispetto ai decenni precedenti. In qualche modo come quella che si sta affermando sul versante televisivo, sebbene con gli opportuni distinguo. (E.G. per NL)