Mauro Casciari: gli editori hanno impoverito progressivamente i loro siti e perso il controllo dei social di cui ora sono ostaggio. Il link sta morendo: siamo imprigionati dai social. Provate a mettere un contenuto con o senza un link: vedrete come cambiano i numeri del reach. L’algoritmo di Facebook? Nessuno sa veramente come funziona. La Radio sopravvivrà se rimarrà una persona. I podcast? Una bolla. Smart speaker e auto interconnesse sono una necessità per la radiofonia. Gli aggregatori non sono uno sfizio, sono una necessità. Se una volta giravi la manopola e ti fermavi sulla radio che si “sentiva” meglio, adesso ti fermerai sulla radio che “trovi” meglio, cioè più facilmente.
L’impoverimento dei siti radiofonici
Newslinet ha dedicato particolare attenzione nell’ultimo anno ad un fenomeno, grave, che sta interessando il mondo radiofonico italiano. Parliamo del progressivo impoverimento dei siti delle emittenti (non tutte ovviamente, ma gran parte di esse, compresi nomi blasonati) a favore dei social network.
Ma, anche in questo caso, l’engagement coi post sta segnando il passo: sono sempre meno le interazioni con gli utenti.
Per capire cosa non va, abbiamo interpellato un autorevole interlocutore: Mauro Casciari, noto intrattenitore, comico e conduttore radiotelevisivo (Radio DeeJay, RDS, Italia Network, Le Iene su Italia 1, Rai 1, Rai 2, Rai 3, Radio 2, Tv8, Sky Tg24, ecc.). Ma anche esperto di dinamiche dei social media (oltre che, ovviamente, di quelle radiotelevisive).
Casciari: dinamiche radiofoniche comuni a quelle di gran parte delle aziende nel mondo
(Newslinet) – Mauro Casciari, cosa c’è che non va nell’engagement radiofonico italiano?
(Mauro Casciari) – La dinamica è comune a gran parte delle aziende nel mondo, ma restiamo in ambito radio. Negli ultimi 10 anni i social network sono stati bravissimi a spostare le persone dai siti delle emittenti verso i profili social delle stesse.
Social fuori controllo
Ma mentre i siti web sono sotto il controllo completo degli editori, i social network no ed in ogni momento possono decidere cosa fare: cambiare le regole, modificare gli algoritmi, togliere o limitare contenuti o informazioni, variarne il contesto o il livello di diffusione. Nel momento in cui poi tu inserisci il “pixel di Facebook” (un cookie, cioè un tracciatore) nel tuo sito regali ulteriori dati e statistiche alla piattaforma “concorrente”, che però evidentemente non viene vissuta come tale.
Editori ostaggio dei social
(NL) – Presidiando piattaforme di terze parti, quali sono i social, gli editori spesso regalano contenuti di pregio ai social media, sviluppandone oltremodo il traffico e quindi i ricavi pubblicitari (che vengono loro sottratti). Ne ricevono notorietà, certo. Ma è uno scambio equo?
(MC) – No, sei in ostaggio. Ma è stato inevitabile: la quantità di dati degli utenti che ingegnosamente i social network hanno collezionato negli anni era troppo appetibile ed era solo nelle loro mani, non in quella dei singoli editori. Non è tanto il singolo dato che ha valore, ma la sua integrazione con gli altri; la potenza di calcolo richiesta per comparare tutte queste variabili e tradurle in comportamenti è tanta, con pochi giganti di internet in grado di gestirla. Ebbene, all’inizio Facebook e Twitter assolvevano in maniera massiccia alla funzione di direzionare il traffico verso i siti (e relativi annunci pubblicitari) delle emittenti. Ma oggi non più, volutamente.
Siti impoveriti
(NL) – Lo stato di molti siti radiofonici è di sostanziale abbandono…
(MC) – Per le radio più piccole sì, per quelle più grandi parlerei di impoverimento, dovuto anche al trend ormai consolidato di presentare molte immagini e poco testo, una semplificazione per adattarsi anche agli schermi più piccoli di smartphone e tablet che hanno preso il sopravvento sui computer nella navigazione su internet. Ma l’abbandono del sito non è solo colpa dei social network, ma anche delle applicazioni proprietarie di ogni editore o radio, che rendono il sito internet inutile.
Galeotto fu l’algoritmo
(NL) – Il cambiamento di algoritmo di FB di qualche anno fa ha stravolto logiche consolidate….
(MC) – Sì. Gli algoritmi dei social network si modificano costantemente sia sotto la spinta dell’uomo che con quella dell’intelligenza artificiale che riesce a sfruttare i Big Data come un umano non potrebbe. Premesso che secondo me non c’è nessuno all’interno di Facebook che conosca in toto il comportamento e le scelte degli algoritmi, sono palesi alcune tendenze per le pagine pubbliche. Nel 2008 se avevi 100.000 fans e scrivevi un post, lo vedeva nella sua bacheca il 20% del tuo pubblico potenziale, oggi quella percentuale è scesa a circa il 2%. Sono tutti calcoli empirici, dato che Facebook non rende noto come opera.
Contenuti imprigionati dai social
(NL) – Anche sfruttare i social per portare utenti sul sito dell’emittente è oggi complicato, perché FB (ed i social media in generale) non gradiscono i rimandi all’esterno….
(MC) – I social network hanno tutto l’interesse a tenerti dentro di loro senza farti uscire. Devi stare lì e interagire creando valore per gli investitori pubblicitari che riusciranno a centrati con il loro messaggio. Instagram e Tik Tok non contemplano neanche i link, e fa un certo effetto vedere sparire su internet l’ipertesto che fu alla base del concetto di World Wide Web.
E’ finita l’era dei link
E’ la fine dell’idea di collegamento e mi spaventa perché si rimane chiusi in un ping-pong ipnotico di foto e video tutti simili tra loro che secondo me non aiuta ad aprire la mente. Facebook e Twitter dal canto loro penalizzano pesantemente nella diffusione qualunque post contenga un link verso l’esterno. La differenza è abissale: provate a mettere un contenuto con o senza un link e vedrete come cambiano i numeri del reach (le persone raggiunte) e delle interazioni.
Siti radiofonici perderanno di senso nel giro di pochi anni: app più app…etibile. Ma c’è il trucco di Casciari
(NL) – Quindi cosa fare?
(MC) – Il sito web di una radio perderà di senso nei prossimi anni, specialmente puntando sulla app dell’emittente che contiene le stesse cose in forma più app…etibile. Se si vuole continuare a valorizzare il sito tramite i social network, un modo sicuro è pagarli per sponsorizzare i post contenenti link, e questo rafforza ancor più Facebook, Twitter & C. Un’altra soluzione è quella di inserire il link nel primo commento sotto un post Facebook o in un tweet di risposta (a se stessi!) su Twitter.
Come ti gabbo l’algoritmo
Facebook inoltre negli ultimi anni favorisce la diffusione di video, perché trattengono gli utenti sulla sua piattaforma più a lungo di testi o foto; inserendo il sito internet all’interno del video si possono gabbare gli algoritmi, anche se l’utente non potrà cliccarlo direttamente almeno lo leggerà e potrà ridigitarlo. Con i video che superino i 3 minuti è anche possibile guadagnare qualche soldino, perché all’interno Facebook può inserire una breve pubblicità che porta proventi anche alla pagina che la ospita.
La Radio è una persona. Per questo ha futuro
(NL) – Il futuro della radio è nitido o fosco?
(MC) – Dalla Radio io voglio sentire l’umanità. Possono essere i 5 secondi di uno che mi fa capire che c’è o i 4 minuti di logorrea di chi parlerebbe anche sopra le canzoni. Ma per me la radio è una persona. Spotify, Apple Music, Prime Music o la mia playlist casuale sul telefonino non sono una persona. Quindi il futuro della Radio per me è nitido, perché la Radio è vita, leggera e fluida.
Il podcast? Una bolla…
(NL) – Si dice che gli editori radiofonici italiani non abbiamo compreso le potenzialità dei podcast. E’ vero o il podcasting è una bolla?
(MC) – Per me il podcast è una bolla, perché non ascolto podcast, se non costretto per lavoro. Per me la Radio è in diretta e ascoltarla registrata mi mette ansia e tristezza. Se parliamo di produzioni originali audio che non hanno a che fare con la radio, capisco invece che ci sia un mercato, grazie anche agli smart speaker presenti nelle case, che hanno sostituito le radio.
Confine tra Radio e Tv sempre più sottile. Ma la colpa è della tv
(NL) – Le parole scolpite nella pietra di Mauro Casciari su due temi caldi: visual radio e aggregatori. La prima è una moda passeggera ed i secondi sono da considerare come forme di parassitismo pubblicitario che drenano risorse economiche, come sostengono alcuni importanti editori?
(MC) – Il confine tra Radio e TV si è assottigliato sempre di più negli anni, non tanto per un miglioramento o crescita delle trasmissioni radiofoniche, quanto per l’impoverimento di quelle televisive. Le scenografie, i costumi, le coreografie che una volta erano vanto dello spettacolo televisivo, oggi non esistono più per motivi di costi, visto che gli spettatori televisivi sono sempre di meno perché frammentati tra mille canali e offerte on demand. La mazzata del Covid ha ridotto alcune trasmissioni televisive ad una persona che parla davanti ad un ledwall sullo sfondo. Che si chiama Radio.
Video Radio: quale novità? C’è dagli anni 70
Dunque ben venga la Video Radio, che non è stata inventata di certo adesso: ricordo il gr2 delle 07:30 che andava in video all’interno di UnoMattina su Rai1 negli anni ’80, ColoRadio negli anni ’90 su TMC2, Cecchetto con Hit Channel 20 anni fa e poi quel gran genio di Suraci con RTL sul 36… Certo, sarebbe bello che anche Rai Radio2 sbarcasse su un canale del digitale terrestre, chissà… Oltre allo sbocco video, la Radio deve presidiare anche gli smart speaker, che sono le nuove radio casalinghe, e sulle auto connesse ad internet. Dunque gli aggregatori non sono uno sfizio, sono una necessità: se una volta giravi la manopola e ti fermavi sulla radio che si sentiva meglio, adesso ti fermerai sulla radio che trovi meglio. (M.L. per NL)