Marchetti (2M telecomunicazioni): quando attivai la prima emissione FM al Colle della Maddalena a Torino (10 W sui 102,730 MHz) i primi trasmettitori di potenza erano a valvole e quindi consumavano enormemente data la poca efficienza e poi necessitavano di sistemi di ventilazione. Successivamente (anni ’80), il costo medio ponderato dell’energia giunse a 90,8 lire al KW/ora pari a € 0,047 al KW/ora a fronte di uno stipendio medio di 400.000 lire. L’anno scorso, il costo medio dell’energia è stato di 0,5 euro al KW/ora a fronte di uno stipendio medio di € 1.200,00. Nonostante le migliori prestazioni degli apparati, oggi per trasmettere con potenze di 10 KW si spendono in media € 87.600,00 annui. La modulazione di frequenza ha una sua vita propria che perdurerà nel tempo anche dopo l’avvento delle nuove tecnologie digitali (IP e DAB). Però questa vita si sta assottigliando perché il costo elevato energetico sta uccidendo il sistema radiofonico.
Prodromi dell’impiego della FM da parte di privati in Italia
Il 25 marzo 1970, alle 17:30, a Partinico (Palermo) sui 20,10 megacicli ad onde corte e 98.10 MHz (o secondo altre fonti 98,5) in modulazione di frequenza,esordiva Radio Sicilia Libera, claim la Radio dei Poveri Cristi. Si trattava della prima radio libera italiana in FM, voluta dal sociologo Danilo Dolci, con Franco Alasia e Pino Lombardo, per denunciare la mancata ricostruzione del Belice – in Sicilia – e dare voce a chi non ne aveva.
La sentenza storica della Consulta
Il 28 luglio 1976 è la data in cui con la sentenza n. 202 la Corte Costituzionale sancisce la liceità delle trasmissioni radiotelevisive locali purché “di portata non eccedente l’ambito locale”, dando di fatto il via al fenomeno delle radio libere (in realtà molte già attive dall’anno precedente).
Primato
Da sempre si discute di quale sia stata la prima vera emittente ad accendere (e mantenere attivo) il segnale, quando a dominare l’etere italiano era la sola RAI, forte del monopolio statale.
Radio Milano International prima? Ma anche no…
Certamente non è stata, come ancora molti credono, Radio Milano International (la cui attivazione, il 10 marzo 1975, fece solo più notizia delle altre): prima di essa, documentalmente, ci fu Radio Parma (ancora funzionante) di Virginio Menozzi, entrata ufficialmente in attività il primo gennaio 1975 dopo sperimentazioni iniziate nell’autunno 1974.
Radio Roma prima nella capitale?
Peraltro, lo stesso Menozzi contribuì alla nascita anche di Radio Roma, prima radio sul territorio capitolino.
Forse no…
Anche se pure su questo primato ci sarebbe da discutere, poiché Roma 103 del giornalista Enzo Buscemi fu registrata al Tribunale di Roma nel dicembre 1974 e le prime trasmissioni iniziarono nel maggio ’75, mentre quelle di Radio Roma solo il mese successivo.
A Torino
Mario Marchetti, storico tecnico radiotelevisivo del Piemonte dal 1972 (questa la data d’apertura della sua prima azienda, da cui è derivata l’attuale), con la 2M Telecomunicazioni di Torino, ricorda: “La prima stazione a Torino fu probabilmente Radio Torino Alternativa che trasmetteva da via Madama Cristina a 104.400 MHz.
Torino International e Gemini One
Anche se, sostanzialmente in contemporanea, nascevano Radio Torino International e Radio Gemini One a 102,730 MHz”.
Il laboratorio di Marchetti
Ed è quest’ultima, che diverrà la radio più ascoltata di Torino, che costituisce il laboratorio sperimentale di Marchetti.
10 W dal Colle della Maddalena….
“Gli impianti erano in parte autocostruiti, antenna e trasmettitore, e le potenze trasmesse non superavano i 10 W.
Di certo Radio Gemini One fu la prima emittente a trasmettere dal Colle Maddalena con 4 dipoli ed un apparato TEM da 10W.
… per gran parte del Piemonte con punte di ricezione in Lombardia
Con questa configurazione il segnale era ricevibile in tutto il Piemonte e parte della Lombardia, nonostante la poca sensibilità dei ricevitori FM dell’epoca”, ricorda Marchetti.
70% di rendimento
“I trasmettitori in FM funzionano in classe C con un rendimento del 70% e più precisamente per ogni watt trasmesso in RF si consumano 1,3 W di energia.
Aumenti di potenza progressivi
Poi, nel corso degli anni le potenze trasmesse sono aumentate a dismisura per la nascita di innumerevoli radio private (locali prima, nazionali poi), che si sovrapponevano tra loro. L’unico modo di farsi sentire era quello di aumentare il segnale trasmesso, per predominare sugli altri”, continua il fondatore della 2M Telecomunicazioni.
Consumi elevati
“I primi trasmettitori di potenza erano a valvole e quindi consumavano enormemente, data la poca efficienza (e necessitavano di sistemi di ventilazione importanti). Il costo medio ponderato dell’energia negli anni 80 era di 90,8 lire al KW/ora pari a € 0,047 al KW/ora a fronte di uno stipendio medio di 400.000 lire pari a € 207,00.
La legge 223/1990
“La situazione diventò, nell’arco di poco più di 10 anni, ingestibile: si cercò quindi di regolamentare il mondo FM (e tv) con la legge Mammì, che, all’art. 32, previde un censimento degli impianti esistenti con compilazione e trasmissione di dati tecnici, schede B e C, che fotografavano il funzionamento degli impianti.
Potenze dichiarate
Ciò ha contribuito a registrare impianti con potenze altissime (da 5 a 30 KW, con punte anche oltre), con consumi energetici per l’epoca elevati, solo mitigati da un costo medio ponderato dell’energia di circa 120 lire per KW/ora.
Stato solido
L’avvento degli apparati a stato solido ha mitigato il consumo energetico e l’efficienza degli impianti trasmittenti in FM. Ma non sono cambiate le potenze in gioco”, sottolinea Marchetti.
Rumore di fondo
“L’abuso indiscriminato delle potenze ha aumentato di molto il rumore di fondo e l’inquinamento elettromagnetico per cui molti impianti, che sulla carta sono stati censiti con potenze elevate, operano in condizioni di “riduzione a conformità” per rientrare nei limiti imposti dal DPCM del 8 luglio 2003” interviene Davide Aprà, ingegnere della 2M Telecomunicazioni.
Congestione radioelettrica
“La selva di tralicci, presenti nelle postazioni vicini tra loro, non consente ai sistemi radianti di essere liberi di irradiare e pertanto parte della potenza trasmessa viene dissipata in calore termico e non effettivamente irradiata a livello RF.
Per ogni W irradiato se ne consumano due
Tutte queste considerazioni portano ad un dato agghiacciante che dimostra che per ogni watt trasmesso se ne consumano in media due. Ad esempio un trasmettitore FM per 1 KW RF consuma 2 KW/ora a livello energetico con una resa media del 50%“, spiega l’ingegnere della 2M.
Anno 2022
“L’anno scorso, il costo medio dell’energia è stato di 0,5 euro al KW/ora a fronte di uno stipendio medio di € 1.200,00 con un incremento, rispetto agli anni 80 del 100%, a fronte di minori valori degli introiti pubblicitari sempre rispetto agli anni 80”, ribadisce nuovamente Marchetti.
Per 10 KW si spendono in media € 87.600,00 annui
“Ne consegue che per trasmettere con potenze di 1 KW si spendono in media € 8.760,00 annui e per potenze di 10 KW si spendono in media € 87.600,00 annui”.
Impatto ambientale devastante
“Tale consumo ha un impatto ambientale devastante in quanto, le emissioni di gas serra relativi a tali emissioni, hanno un impatto rilevante e potrebbero essere drasticamente ridotte adottando soluzioni che hanno un impatto minimale sulla utenza”, interviene Aprà –
11 tonnellate di CO2 per ogni tx da 1 Kw
“Per ogni impianto FM da 1kW mediamente si producono 11 tonnellate di CO2. Se si moltiplica tale profusione per tutti i ripetitori presenti sul territorio italiano, i numeri di CO2 prodotta diventano strabilianti”.
Censimento impianti
In Italia, in base ai dati presenti nel Catasto Nazionale Frequenze dell’Agcom, risultano censiti oltre 16.000 impianti per la radiofonia analogica, dichiarati da 900 diversi soggetti per complessive 1.252 reti di diffusione nazionali e locali.
Tra 100 e 1000 impianti per 21 soggetti
“Tuttavia, ventuno soggetti eserciscono tra 100 e 1000 impianti ciascuno, 157 soggetti tra 11 e 100 impianti, mentre sono 462 le emittenti che hanno tra 2 e 10 impianti e 260 quelle che ne hanno solo uno.
Concentrazione
Segno, questo, di una raggiunta forte concentrazione impiantistica che non può non incidere sul trading delle frequenze“, evidenzia l’ingegnere.
Il costo elevato dell’energia sta uccidendo la FM
“La modulazione di frequenza ha una sua vita propria che perdurerà nel tempo anche dopo l’avvento delle nuove tecnologie digitali (IP e DAB) – spiega Marchetti – Però questa vita si sta assottigliando perché il costo elevato energetico sta uccidendo il sistema radiofonico.
Spegnimenti volontari
Soprattutto quello locale, costringendo gli attuali utilizzatori dello spettro FM a ridurre la potenza trasmessa o addirittura spegnere gli impianti che servono un territorio limitato.
Soluzioni
Si potrebbe ipotizzare una regolamentazione, come il declassamento di tutti gli impianti censiti, con una forbice compresa tra i 6/10 dB che in termini pratici, porterebbe ad un risparmio complessivo globale del 70% in termini di energia e dunque un abbattimento almeno della metà della CO2 prodotta.
Vantaggi immediati
I vantaggi sono immediatamente tangibili dal punto di vista economico perché ridurrebbero le bollette energetiche di oltre il 70% come costo puro.
Fino all’80%
In alcuni casi anche del 80%, visto che impianti di media e piccola potenza non necessitano di sistemi aggiuntivi di ventilazione e condizionamento dei locali, che contribuiscono ad aumentare il consumo energetico.
Equilibrio immutato
Tale riduzione di potenza da parte di tutti gli operatori, dovrebbe essere seguita da una contestuale manovra sui campi utili che si allinei alla riduzione e mantenga in tal modo invariati gli equilibri radioelettrici fra le varie emittenti.
Vantaggi
Immediati i vantaggi:
1. Notevole risparmio energetico;
2. Drastica riduzione delle emissioni gas serra;
3. Abbattimento dell’inquinamento elettromagnetico;
4. Diminuzione generalizzata del rumore di fondo senza minimamente pregiudicare la ricevibilità delle stazioni FM.
5. Ammodernamento degli impianti di trasmissione con la sostituzione degli attuali trasmettitori con apparati più performanti mediante parte delle cifre recuperate dal risparmio energetico e riduzione ancora più sostanziale dei consumi”, conclude l’ingegnere Aprà. (M.L. per NL)