Continua la chiusura di radio locali in Italia. Questa volta ad annunciare il proprio disimpegno è Radio Base Mantova, storica emittente locale attiva dal 1976 nell’operosa città della bassa.
Come quasi sempre accade, il commiato è assegnato al direttore, nel caso di specie, Roberto Storti attraverso un commento sul sito della radio e rilanciato anche su Facebook: “Se non é domani é tra qualche giorno o qualche settimana e su questa frequenza (103,2 MHz, ndr) sentirete altra musica e altre voci perché abbiamo deciso di cedere il ramo d’azienda che riguarda la radio, ad altra impresa. A coloro che attoniti ci chiedono se abbiamo fatto di tutto, rispondo che abbiamo percorso ogni strada possibile per tenere in vita una esperienza che dura da più di 40 anni ma non ci sono più i margini per sopravvivere. Quando chi può investire in modo consistente chiede una audience che sia 4 volte gli abitanti di Mantova, infanti compresi, o il negoziante che dice che non si può permettere 100 euro al mese, e ne servirebbero almeno 1000, di negozianti; é impossibile esistere e resistere per una radio locale come siamo anche se il mezzo radiofonico é ancora il più conveniente tra tutti gli strumenti di comunicazione. Cosa rimane? Abbiamo suonato musica che altri non hanno suonato, abbiamo fatto parlare persone che altri hanno zittito, abbiamo affrontato argomenti che altri tacevano, siano stati una fucina di giornalisti che ora lavorano sparsi per l’Italia e anche nel mondo. Potevamo portare i libri in Tribunale, come é sempre più di moda anche da chi é aiutato dagli Enti pubblici, ma noi, invece abbiamo portato e porteremo gli assegni a coloro a cui dobbiamo ancora soldi, e sono pochi, per nostra fortuna (…)”.
La conferma che la radiofonia locale ha fatto il suo tempo? Sì e no.
Sì, perché nell’era di Internet le radio locali fondate sul modello classico (contenuti, anche di rilievo locale, contro spot pubblicitari) non possono più sostenere il confronto con strumenti di informazione ed intrattenimento più performanti sul piano commerciale (quali sono i cd. “rich media”).
No, se le radio capiscono le nuove regole dettate dal cambiamento introdotto dal web: “Fateci caso, c’è una cerchia (sicuramente ristretta) di emittenti locali che prospera in un momento di crisi del comparto: si tratta di stazioni, certamente di grande appeal, che non si pongono sullo stesso livello delle reti nazionali, ma completano un’offerta che altrimenti rimarrebbe scoperta, anche sul piano commerciale e di presidio “fisico” del territorio”, commenta Stefano Cionini, avvocato partner di Consultmedia (struttura di competenze a più livelli collegata a questo periodico) e cofondatore di MCL Avvocati Associati, spesso chiamato a coadiuvare procedure concorsuali nel settore radiotelevisivo e quindi esperto delle dinamiche di crisi. “Sono quelle emittenti che hanno tra la voce “gestione eventi” una quota sempre maggiore dei ricavi. Una volta si diceva che la radio, per essere viva, doveva uscire tra la gente: quel principio vecchio di 30 o 40 anni, oggi è ancora più valido di allora, perché è proprio lì che i competitor del web sono più deboli e le radio locali possono trovare fonti di sostentamento alternative (o comunque complementari) ai classici (e francamente un poco superati) spot”, continua il legale.
“Tranne poche eccezioni, il piccolo negozio è destinato a scomparire sotto la pressione dei grandi centri commerciali, a loro volta col fiato sul collo dei superplayer del commercio online (come Amazon). Inutile quindi inseguirne le sorti. Viviamo però in un paese che, per fortuna, sta riscoprendo la voglia di vivere, di frequentare luoghi e gente, che attrae sempre più gente dall’estero col turismo e quindi che vuole animazione. E’ qui che c’è un terreno, se non inesplorato, quantomeno poco presidiato”, interviene Giovanni Madaro economista dell’Area Economica di Consultmedia.
“Esamindo i conti economici delle 250 imprese clienti di Consultmedia è ormai una regola rilevare come le emittenti radiofoniche sane siano sempre quelle per cui la gestione eventi pesa ormai quasi il 50% tra i ricavi”.
“Oltretutto la gestione degli eventi è quella che gode e provoca la maggiore interazione sui social, quindi creando un circolo virtuoso per il quale il web non sottrae risorse ai bilancio delle radio, ma le apporta“, conclude Cionini. (E.G. per NL)