E’ fermento nel settore radiofonico italiano. Archiviata definitivamente l’epoca della speculazione sulle frequenze, è un momento premiale per chi fa impresa, posto che (finalmente) le aziende vengono valutate per quel che fanno e producono (o potrebbero produrre), come è del resto naturale che sia.
Così nelle società di consulenza strategica e negli studi degli avvocati di affari specializzati in M&A in ambito radiofonico si lavora alacremente, spulciando conti economici delle emittenti nazionali in vista di imminenti riscritture del panorama radiofonico nazionale a seguito dell’ingresso nel settore di Mediaset con l’acquisizione di quote di maggioranza di Monradio (R 101 e GBR) e di minoranza (ma con opzioni di crescita presumibilmente vincolate all’assenso dell’Antitrust) in Finelco (R 105, Virgin, RMC). Del resto, il futuro del comparto nazionale si presenta ancora magmatico: il Biscione non è infatti alle prese solo con l’organizzazione delle cinque emittenti nazionali controllate o partecipate, ma anche con l’inevitabile correlazione tra le medesime e Mediamond, la concessionarica captive che gestisce sul piano commerciale (oltre a R 101) anche Radio Italia e Kiss Kiss (oltre alle superstation Radio Norba e Radio Subasio, che però potrebbero essere un discorso a parte) e che dovrà interagire con 99 Pubblicità (la concessionaria del gruppo Finelco), in attesa di capire quale delle due organizzazioni sopravvivrà alla scontata ristrutturazione. Se non bastasse la carne al fuoco, si è avuta poi notizia nei giorni scorsi di una probabile, importante, successione nella titolarità di una delle maggiori emittenti radiofoniche lombarde di caratura interregionale, presumibilmente per lo sviluppo di un altro gruppo radio. D’altra parte, l’avvicendamento nelle quote di Monradio e di Finelco da parte del gruppo multimediale controllato dalla famiglia Berlusconi impone contromisure da parte di tutti gli altri player: RTL 102,5 (che sta organizzando un secondo progetto “italiano” dopo la mancata acquisizione di R 101); L’Espresso – che pure ha tre reti: Dee Jay, Capital e m2o (e che aveva tentato, pur senza convinzione, un approccio alle quote di RCS in Finelco); RDS e Radio 24 (che potrebbero rafforzare la collaborazione già avviata in passato) e pure RAI (che si sta riorganizzando sul piano editoriale e commerciale); operatori che temono, tutti, di finire schiacciati dal colosso da 20 mln di ascolti che si profila all’orizzonte. Inevitabili quindi alleanze editoriali e/o commerciali, ancorché forzose, o acquisizioni obtorto collo, anche se sul mercato non vi paiono essere molti titoli concessori nazionali accessibili. Escludendo le emittenti fin qui citate, i concessionari nazionali rimanenti sono infatti solo tre: Radio Radicale (commerciale), Radio Maria e Radio Padania (comunitarie). (M.L. per NL)