Ha stimolato un acceso dibattito sulla pagina Facebook di FM World-Talkmedia l’articolo di questo periodico a riguardo degli sviluppi della radio multipiattaforma in apparente contraddizione con gli investimenti sulla FM analogica da parte di alcuni dei player più impegnati sulla radio ibrida.
Per parte nostra avevamo evidenziato quattro motivi alla base delle contigenti acquisizioni in FM: 1) la crisi di quelle piccole radio locali incapaci di rimanere su un mercato in corso di completa modificazione; 2) il crollo dei valori delle frequenze FM, che le rende molto più accessibili; 3) la necessità di consolidare posizioni da parte dei grandi operatori favorendone le rendite in attesa di un confronto tra fornitori di contenuti puri, privi di controllo proprietario o possessivo dell’infrastruttura diffusiva; 4) la valutazione che la sostituzione dei ricevitori in modulazione di frequenza in dotazione alle automobili con quelli IP abbraccerà un periodo connesso alla progressiva sostituzione del parco auto in esercizio. Ciò detto, va osservato che gli investimenti per gli impianti in FM da tempo non sono più milionari: da un valore (esclusivamente speculativo) per testa illuminata fino a 3 euro nel 2007 si è precipitati a cifre oscillanti tra 0,3 e 0,5 euro, con un trend in discesa stimanto nel 5-10% annuo, fino alla definitiva archiviazione della radio analogica (stimata in 10-15 anni). Discende dalla constazione rappresentata che i valori d’acquisto sono tranquillamenteammortizzabili in meno di 10 anni (assumendo a riferimento i volumi di raccolta pubblicitaria nazionale o superlocale), rendendo così coerente, in punto economico-finanziario, il trading in corso. Va anche ribadito che gli investimenti in FM saranno tanto più convenienti tanto più sarà alto il target della radio: non ha infatti evidentemente senso investire sull’analogico per una radio rivolta ad un target tra i 14 e 24 anni, considerato che il suo pubblico sarà prevalentemente fruitore dei contenuti attraverso piattaforme IP e DTT (tanto più che scarsa la fruizione del medium in auto). E proprio il concetto di multipiattaforma (o di ibridizzazione della radio) impone delle riflessioni anche in ambiente digitale. La necessità di presidiare trasversalmente ogni vettore, rende consigliabile evitare concentrazioni di interesse su una piattaforma piuttosto che un’altra. Per esempio, solo un editore poco accorto investirebbe esclusivamente sul DAB +, trascurando IP e DTT, per la semplice ragione che il primo non potrà presidiare ambiti tipici delle altre due piattaforme (ed ovviamente viceversa). (M.L. per NL)
Nota a corollario a proposito del DAB+, il consorzio multipiattaforma Digital Radio Group (che ha scelto questo periodico come house organ) ha reso disponibile il vademecum sul percorso teso a conseguire il titolo all’esercizio come fornitore di contenuti (di direvazione analogica, ma anche anche nativo digitale). Per consultarlo: DRG come diventare fornitore di contenuti locale.