Se è sacrosanto il diritto di uno stato estero a non vedere le proprie emissioni interferite, discutibile pare la pretesa dello stesso di opporsi al debordo naturale dei segnali altrui (peraltro previsto in ambito UIT).
E ciò soprattutto se del principio di reciprocità ci si vuol fare un baffo.
Sta di fatto che l’annosa querelle fra i radiofonici italiani e l’Ufcom si arricchisce (per modo di dire) di un nuovo svilente capitolo: sebbene gli elvetici professino di essere sul punto di passare alle trasmissioni digitali dismettendo quelle in modulazione di frequenza, ora avanzano la pretesa – all’evidenza avvallata da un Ministero dello Sviluppo Economico che a tutto pare teso tranne che a sviluppare l’economia nostrana – di limitare anche la sola presenza di segnali provenienti dall’Italia, ancorché ciò appaia tecnicamente inevitabile nei casi di emissioni poste su alture di confine.
Nel dettaglio, a quanto risulta a questo periodico, l’Ufcom (l’Ufficio federale per le comunicazioni, l’equivalente del nostro Mise) avrebbe contestato la presenza di emissioni italiane (anche se residuali) considerate di “valore consistente”. Eppure proprio gli svizzeri dal 2003 irradiano con notevoli potenze in territorio italiano attraverso la postazione di Castel San Pietro, in prossimità di Chiasso su 87,8, 88,8, 93,0, 98,8 e 104,5 MHz interferendo pesantemente emissioni private del Belpase, si badi bene, non già in remote aree montane, ma su bacini essenziali come quello di Milano. Il tutto nella sostanziale indifferenza del governo italiano, come denunciato su queste pagine più volte.
Insomma, l’ennesima applicazione del principio “fate ciò che dico ma non quello che faccio...”.
Vorremmo sbagliarci, ma la nuova pretesa svizzera, al di là della sua censurabilità in punto di diritto, appare più l’ennesima presa di posizione di natura sociocommerciale (che i frontalieri di Como e Varese purtroppo ben conoscono, soprattutto da un paio d’anni a questa parte) che l’esercizio di un diritto. Peccato: altra carta che intaserà il TAR. “Non esiste alcuna norma positiva che vieta la ricezione di segnali esteri (il “radioascolto” si fonda proprio su ciò…) e la Rec. ITU-R BS 412-9 contempla il debordo naturale di segnali diretti ad illuminare territori sovrani”, osserva l’avv. Stefano Cionini della law firm MCL Avvocati Associati, uno degli studi che più hanno approfondito la tematica dei conflitti radioelettrici tra stati confinanti. “E ciò senza considerare – spiega il legale – che ragioni etniche, culturali ed economiche suggeriscono la rispettiva fruibilità di contenuti radiotelevisivi in territori contigui di stati esteri”. (E.G. per NL)