Tra le novità del nuovo TUSMA (Testo Unico Servizi Media Audiovisivi) di prossima pubblicazione in G.U., una di quelle potenzialmente dirompenti è la riforma dell’art. 5 comma 1, lett. d), che sopprime la parte, prevista in precedenza, in cui si stabiliva che uno stesso soggetto o soggetti tra loro in rapporto di controllo o di collegamento non potessero essere contemporaneamente titolari di autorizzazioni per fornitore di servizi media radiofonici digitali in ambito nazionale e in ambito locale. Vediamo quali effetti potrebbe avere sul mercato radiofonico nazionale e, soprattutto, locale.
Sintesi
Le recenti riforme normative che hanno interessato prima le tv e poi le radio locali sono sempre più orientate alla liberalizzazione di un mercato che, fino a qualche anno fa, presentava significative barriere all’ingresso, man a mano erose dall’avvento delle nuove tecnologie. Ma, si sa, l’evoluzione tecnologica precede sempre la normativa.
Nuovo TUSMA
Così farà il nuovo TUSMA a riguardo di ambiti diffusivi, del trasferimento eterogeneo di titoli concessori radiofonici, dell’introduzione di criteri di prominence, ma soprattutto favorendo concentrazioni per preservare radio e tv dallo strapotere delle piattaforme OTT.
L’evoluzione sistemica recepita dal nuovo TUSMA
“Il sistema che trent’anni fa è stato concepito per le emittenti radiofoniche è, come sapete, di tipo concessorio, affievolito dalla comparsa della tecnologia DAB che ha aperto, nel 2009, alle radio native digitali.
Ibridizzazione
Un modello che si è evoluto con la oramai compiuta “ibridizzazione”, che ha visto l’avvento della componente visual, fino a superare il perimetro di ascolto segnato dal mezzo di fruizione (il classico ricevitore, stand alone o autoradio che sia), attraverso il presidio di molteplici piattaforme tecnologiche (app dedicate, smart speaker, satellite, digitale terrestre televisivo, HBBTV – Hybrid Broadcast Broadband TV)”, spiega a NL l’avv. Stefano Cionini, co-founder della law firm MCL Avvocati Associati e senior partner di Consultmedia.
Legislatore non al passo
D’altra parte, l’evoluzione tecnologica precede sempre la normativa che ne tenta il controllo. Quindi anche le recenti riforme e proposte di riforma potrebbero risultare già superate, per certi versi inadeguate e anacronistiche, considerato che il riferimento, dal 2005 in poi, è il Testo Unico dei Servizi di Media Audiovisivi, riorganizzato ed in parte riscritto da un’importante riforma entrata in vigore il giorno di Natale del 2021.
Tetto diffusivo
“Una prima importante revisione è quella della definizione di ambito locale radiofonico, che dal 01/01/2023 ha abbandonato il tetto dei 15 milioni di abitanti, e conquistato come limite dimensionale diffusivo quello del 50% della popolazione nazionale (art. 3 TUSMA, comma 1, lett. cc). La riforma del 2021 riprende anche il tema della pianificazione FM, e lo fa con una norma alquanto criptica (l’art. 50 comma 10)”, sottolinea il legale.
Pianificazione
“Nell’assegnare, come ovvio, la prerogativa della pianificazione all’Agcom, non viene imposta né prevista una road map, ma se ne collega l’avvio ad una valutazione sul grado di sviluppo della radiodiffusione sonora in tecnica digitale che dovrà compiere il Ministero delle Imprese e del Made in Italy.
Monitoraggio
Lo stesso Ministero, nelle more di questo monitoraggio, potrà (testualmente) “procedere ad attività di ricognizione e progressiva razionalizzazione dell’uso delle risorse frequenziali in tecnica analogica, in particolare al fine di eliminare o minimizzare situazioni interferenziali con i paesi radioelettricamente confinanti, ed incoraggiare l’efficiente uso e gestione delle radiofrequenze, tutelando gli investimenti e promuovendo l’innovazione”, continua l’avv. Cionini.
Legificazione, as usual
E’ evidente che quella attuata col nuovo TUSMA è, ancora una volta, una sostanziale legificazione, cioè di una presa d’atto di un sistema consolidato e di tendenze, mutuate dalla sempre maggiore disintermediazione delle emittenti dalle piattaforme distributive che rendono locale un’emittente solo per effetto dei contenuti veicolati e non grazie ai suoi vettori (che locali non sono in sede di disintermediazione, come nel caso dello streaming lineare).
Solidificazione
Una rilevazione del mercato che non può prescindere dalla necessità di solidificare le imprese italiane sottoposte ad una concorrenza sempre più marcata da parte dei superplayer globali del web, più sul piano commerciale che editoriale.
Avanti OTT e dopo OTT
Di qui, evidentemente, la consapevolezza di allentare certi divieti di concentrazione che avevano senso solo prima di una competizione mondiale tra i media. Cioè quando le piattaforme Over The Top non esistevano.
Concentrazione di titoli
In questa ottica deve quindi essere letta la riforma dell’art. 5 comma 1, lett. d) del nuovo TUSMA, che sopprime la parte, prevista in precedenza, in cui si stabiliva che uno stesso soggetto o soggetti tra loro in rapporto di controllo o di collegamento non potessero essere contemporaneamente titolari di autorizzazioni per fornitore di servizi media radiofonici digitali in ambito nazionale e in ambito locale.
Autorizzazioni, non concessioni
Si badi bene, si parla di autorizzazioni per la fornitura di servizi di media radiofonici digitali e non di concessioni, circostanza che, se fosse confermata nel testo definitivo, aprirebbe un dibattito infinito sulla logica differenziatrice. Proprio per questo motivo, nel titolo di questo articolo, abbiamo voluto forzare l’attenzione sul titolo concessorio, in quanto riteniamo che una questione di legittimità costituzionale sollevata nell’ambito di un ricorso al TAR potrebbe portare in evidenza il tema.
Effetti collaterali
Ma la necessità di difendere la radiofonia dall’attacco massiccio dei giganti del web passa alla rimozione dei divieti di crescita, non è scevra da effetti collaterali.
Giganti territoriali
Primo fra tutti, la creazione di giganti locali (intesi come della nazione specifica) che, inevitabilmente, favoriranno una concentrazione di secondo livello.
Drenaggio delle risorse
“E’ sotto gli occhi di tutti quello che succede da anni sul mercato pubblicitario radiofonico nazionale, con le concessionarie dei grandi player che si propongono ai centri media (i collettori dei grandi budget degli investitori pubblicitari che vengono suddivisi sui vari mezzi di comunicazione, ndr) munite di masse di ascolto derivanti dal controllo di reti televisive nazionali, così drenando risorse”, interviene Giovanni Madaro, economista di Consultmedia.
Marketing indifferenziato…
“Il modello principale di vendita pubblicitaria radiofonica in Italia è tendenzialmente quello del marketing indifferenziato, un tipo di promozione che crea una campagna unificata utilizzando come target più segmenti del mercato.
… e di massa
Una strategia comunemente utilizzata dai brand che si rivolgono ad un pubblico più ampio e vogliono realizzare una campagna più conveniente con un messaggio unificato. Cosicchè è evidente che la concentrazione di più brand su uno stesso soggetto favorirà il marketing di massa.
Intensificazione del fenomeno della vendita di masse di dati
Cioè l’intensificazione del controverso fenomeno della vendita indifferenziata di masse di dati di ascolto”, continua Madaro.
Dove si formerà la concentrazione
“E dove si favorirà la concentrazione? Non certo al livello basso, stimolando l’integrazione di emittenti locali a reti nazionali di secondo livello, ma in alto, con superplayer che acquisiranno prima di tutto le superstation indipendenti, cioè le grandi emittenti locali dai 500.000 ascolti in su.
Novero ristretto
Un’area costituita da meno di una ventina di soggetti in tutta Italia. Questo sarà, nella sostanza, il vero effetto della modifica normativa“, annota l’economista.
Ad personam. O quasi
“Si tratta quindi di una novella nel nuovo TUSMA che non recherà – secondo le nostre previsioni – effetti benefici diffusi, ma che rafforzerà solo qualche soggetto, nella migliore della ipotesi”, chiosa Madaro.
Beneficio dubbio
“Cioè un intervento il cui beneficio diffuso è tutto da verificare” interviene nuovamente l’avv. Stefano Cionini.
Prominence
“Ben diverso da quello invece presente (all’art. 29) teso ad un riconoscimento per i “servizi di media audiovisivi e radiofonici di interesse generale” del ruolo che svolgono nell’assicurare “il pluralismo, la libertà di espressione, la diversità culturale e l’effettività dell’informazione per la più ampia utenza possibile”, imponendo che a questi venga “garantito adeguato rilievo” su qualsiasi strumento di ricezione o accesso a tali servizi impiegato dagli utenti, qualunque sia la piattaforma utilizzata per la prestazione dei medesimi servizi”, sottolinea il consulente.
Non solo tv da preservare col nuovo TUSMA
“Qui sì che emerge, per le radio locali, l’importanza della norma che sarà introdotta dal nuovo TUSMA, soprattutto dell’attuazione che ne darà l’Agcom (speriamo presto), in relazione alla presenza nei sistemi di infotainment delle autovetture connesse di accessi privilegiati ai contenuti radiofonici che siano di immediata percezione per l’utente”, puntualizza Cionini.
Icona
Ed infatti al World Radio Day 2024 tenutosi a metà febbraio a Milano, la maggior parte dei relatori ha auspicato un’icona radio che abbia almeno la stessa evidenza di quella di Spotify e che consenta l’accesso ad un aggregatore di flussi streaming organizzato per nazione.
Popolamento libero e somministrazione organizzata
“Chiaramente non deve essere una specifica piattaforma: l’importante è che il popolamento sia libero e la somministrazione organizzata con liste preferenziali per i servizi di interesse generale, cioè le radio concessionarie e/o autorizzate.
L’ambiente su quattro ruote
L’importanza del tema, come immaginerete, si evince dal fatto che la gran parte dell’ascolto radio viene effettuato in auto”, enfatizza il co-founder della sigla legale MCL.
Venti di riforma sui titoli concessori
Ma se abbiamo visto che la possibilità di detenere titoli concessori locali e nazionali da parte dello stesso soggetto, possa concretamente favorire concentrazioni dall’alto, ben diversa è la possibilità di rendere fluido il carattere concessorio (commerciale e comunitario).
Trasformazione dinamica del titolo concessorio
“Certamente in un’ottica di ragionevolezza si colloca l’ipotesi di trasformazione “dinamica”, eterogenea, bidirezionale del carattere della concessione radiofonica, che in futuro potrebbe essere determinato dalla natura dell’ente che la possederà.
Dinamismo concessorio…
In altri termini potrebbe aprirsi la possibilità di trasformare l’emittente comunitaria in commerciale e viceversa.
… e caduta dei paletti
Oggi, infatti, la trasformazione è ammessa solo da commerciale a comunitaria”, puntualizza Cionini.
Svalutazione impiantistica
Ma c’è di più. Continua il legale: “A ciò mi pare si possa aggiungere il tramonto dell’idea di radio locale, per lo meno come fino ad oggi l’abbiamo intesa.
Diverso approccio alla qualificazione
Mi pare, infatti, che nell’attuale panorama radiofonico l’ambito diffusivo “locale”, “nazionale” o addirittura “internazionale” sia, più che nel titolo amministrativo e nel grado di penetrazione dell’FM sul territorio, piuttosto nella caratterizzazione che ogni editore decide di assegnare ai propri contenuti.
Verticalizzazione
Inoltre, con la verticalizzazione della radio si è aperta la possibilità di offrire al pubblico, da parte di uno stesso editore, una pluralità di prodotti radiofonici dallo stesso brandizzati.
Lato utente
Consideriamo, poi, che l’utente medio preferisce scegliere tra una rosa di prodotti già pronti all’ascolto che incontrino il proprio gusto musicale, anche estemporaneo magari, piuttosto che crearsene uno tailor made.
La sfida
Questa scelta dell’utente, inevitabilmente, comporta per l’editore la sfida di farsi individuare, di farsi trovare pronto a somministrare il proprio prodotto radiofonico a chi, magari anche non fidelizzato, voglia ascoltarlo e poi, chissà, ci si appassioni”.
Brand
E così si arriva all’altro grande elemento della rivoluzione mediatica dettata dalla disintermediazione dalle piattaforme di distribuzione: il brand.
La sfida dell’ individuazione
“Come farsi individuare e riconoscere se non attraverso un nome, un marchio che possa già fornire una prima descrizione al potenziale ascoltatore delle caratteristiche del prodotto radiofonico? Ed è infatti qui che si profila un’altra sfida sulla quale riflettere: il nome, il marchio e la sua protezione”, tiene a precisare l’avv. Cionini.
Adv
Ma chi deve sostenere questi cambiamenti, faticosi e spesso dispendiosi? “Certamente il titolare dell’emittente pronto a sfruttare le nuove frontiere dell’adv. I contatti, le visualizzazioni, il tempo medio di ascolto, sono già oggi determinanti per attrarre investimenti pubblicitari, sempre più attenti alla total audience ed affidati ad agenzie di pubblicità “virtuali”, robot che suddividono spot (sempre più brevi) e che monetizzano il prodotto radiofonico ed il brand collegato”, conclude Cionini. E di questo parleremo diffusamente in un prossimo approfondimento. (M.R. per NL)