Radio. La moltiplicazione di un brand radiofonico conduce a distorsioni nelle indagini d’ascolto con metodo CATI? Se sì, in che misura?

brand radiofonico

Media Progress: Il reimpiego areale di un brand radiofonico noto a livello nazionale può influenzare notevolmente i risultati di un’indagine d’ascolto a causa dell’amplificazione generata, che può distorcere la percezione dell’ascoltatore e quindi dell’intervistato in un’indagine basata sul ricordo, come quella attinente al metodo CATI.
L’influenza del reimpiego può favorire sia il brand principale che quello declinato, ma in modi diversi.
Tuttavia, se il riciclo del main brand in forma ancillare in caso di iscrizione plurima alla medesima indagine può manifestare duplicazioni dell’ascolto (effetto moltiplicativo) o sottrazione d’audience al marchio prioritario (cannibalizzazione), cosa succede se ad essere accertata è solo la stazione principale?

Sintesi

Le emittenti ancillari, cioè stazioni locali estensive di marchi primari ed i brand bouquet (i cataloghi di emittenti verticali disponibili su piattaforme disintermediate IP, oppure, in numero più contenuto, nei bouquet DAB) hanno effetti distorsivi sull’indagine dell’ascolto radiofonico realizzata con il metodo CATI (interviste telefoniche) anche se non sono iscritte alla rilevazione?
E se è così, in che misura l’amplificazione/moltiplicazione del brand può incidere sull’ascolto rilevato?
Uno studio italiano della società di analisi strategica e sociologica Media Progress (gruppo Consultmedia), risponde ad alcuni quesiti di una tendenza sempre più marcata nell’etere mondiale (non si tratta, infatti, di un fenomeno solo italiano, come abbiamo già avuto modo di ribadire dal 2017 in poi).

La rilevazione CATI

Partiamo dal modello di rilevazione facilmente influenzabile dall’amplificazione del main brain, il metodo CATI (Computer-Assisted Telephone Interviewing), una tecnica in uso dall’inizio degli anni ’70, che si basa su interviste telefoniche per raccogliere dati, con l’intervistatore che registra le risposte direttamente su un computer.

Da ISAR in poi

Questo metodo è ampiamente diffuso nelle indagini d’ascolto radiofonico (dalla prima metà degli anni ’80 con le ricerche ISAR, Audiradio, TER), dove il brand gioca un ruolo cruciale, in quanto il ricordo dell’ascolto sovrasta l’ascolto effettivo per la logica stessa del modello che si fonda su un’elencazione telefonica di denominazioni alle quali l’intervistato fornisce riscontro.

La Legge di Miller: il numero magico 7±2

Inevitabile, pertanto, che il metodo CATI sia da sempre considerato influenzabile dalla notorietà del brand e dalla sostenibilità dell’intervista da parte dell’intervistato, tanto che sin dagli esordi furono opposti gli effetti della cd. Legge di Miller, un trattato di psicologia degli anni ’60 sui limiti della nostra capacità di processare informazioni (The magical number seven, plus or minus two: some limits on our capacity for processing information).

Item

La Legge di Miller postula infatti che il numero di elementi (item) che una mente umana media può trattenere durante un’elaborazione nell’immediatezza (come durante la sollecitazione in una intervista) è 7±2.

La legge 78/1999

Ora, se la possibile distorsione introdotta dal reimpiego di un brand radiofonico nazionale su scala locale, con un nome leggermente diverso ma con riferimenti simili, fu contrastato addirittura a livello normativo sul finire degli anni ’90 con la controversa L. 78/1999 (cd. legge anti-RTL locali), va detto che oggi ci troviamo al cospetto di una nuova declinazione della questione: quello di un’unica emittente iscritta all’indagine (la principale) a fronte però della presenza di stazioni ancillari (non iscritte) che ne amplificano il brand.

Summa

Col risultato finale che il dato può essere frutto della somma degli ascolti di più emittenti non evidenti.

Recap

Ma prima di addentrarci nell’evoluzione della fattispecie, è opportuno un recap di quella vicenda di 25 anni fa, certamente ancora attuale; anzi, con un’attualità sopravvenuta al cospetto dell’evoluzione tecnologica.

Le radio locali di RTL 102.5

I nostri lettori più attenti (e, per rimanere in tema, dotati di memoria a lungo termine) ricorderanno che alla fine degli anni ’90 RTL 102.5 aveva creato radio locali brandizzate (di fatto un brand bouquet ante litteram) con l’obiettivo di presidiare un segmento scoperto in Italia: quello occupato, ad esempio, in Francia dalle radio France Bleu.

Declinazione

Acquistando una serie di emittenti nelle aree strategiche del paese, l’editore Lorenzo Suraci aveva creato un circuito di stazioni locali monomarchiate: in Lombardia, l’emittente declinata da RTL 102.5 si chiamava RTL Milano; in Emilia, RTL Bologna, in Piemonte RTL Torino e così via. Ogni stazione aveva un’autonomia editoriale e commerciale, limitando la sinergia allo sfruttamento su licenza del brand principale, oltre che ad una ovvia economia di scala.

Geniale e dirompente. Troppo, per i concorrenti

L’esperienza, geniale e dirompente, tuttavia, fu uccisa sul nascere da una norma contenuta nella L. 78/1999 che vietava di utilizzare a livello locale marchi già utilizzati a livello nazionale.

Anti-RTL

Una previsione normativa immediatamente etichettata come anti-RTL e successivamente dichiarata illegittima dalla Corte Costituzionale. Al solito, però, quando il danno era fatto, con Suraci costretto a smantellare il progetto, ridistribuendo le frequenze a favore della radio principale.

Questione di (Vincenzo) Vita e di morte (per le radio locali di RTL 102.5)

“Essere stato costretto a licenziare 140 dipendenti è una ferita ancora aperta e che mai si rimarginerà e ciò grazie all’allora sottosegretario del Ministero delle Comunicazioni On. Vita”, ricordava qualche tempo fa su Newslinet, con amarezza, Lorenzo Suraci, presidente di RTL 102.5.

Suraci capro espiatorio di una tendenza recuperata anni dopo?

Ma se Suraci fu (estremamente) penalizzato da una norma all’evidenza contra personam, gli stessi concorrenti promotori della legge contro le RTL locali iniziarono, negli anni successivi, a promuovere l’estensione di brand principali attraverso le cd. emittenti ancillari, cioè le radio verticali tematiche che, partendo dal marchio d’origine, realizzano versioni tematiche (anni 60, anni 70, anni 80, soft, rock, dance, funky, ecc.). Ad onor del vero abitudine sfruttata anche da superstation o comunque grandi emittenti locali dotate di brand affermati.

Effetti distorsivi

Ma il reimpiego del brand dominante può effettivamente avere ripercussioni significative sulla percezione e sulle risposte degli ascoltatori sia a riguardo della versione principale che di quelle derivate? La risposta è lapalissiana, ma gli effetti non altrettanto.

L’esame di Media Progress

Oggi analizziamo questa problematica in dettaglio, attingendo ad un recente studio sul tema della società di analisi strategica Media Progress (gruppo Consultmedia), della quale, da qualche mese, pubblichiamo estratti dei lavori più importanti (la società opera dal 2022 per player italiani o esteri interessati al mercato tricolore).

Influenza del reimpiego di un brand radiofonico prioritario

“Il reimpiego di un brand radiofonico noto a livello nazionale può influenzare notevolmente i risultati di un’indagine d’ascolto CATI a causa dell’amplificazione generata, potendo distorcere la percezione dell’ascoltatore e quindi dell’intervistato in un’indagine basata sul ricordo”, spiega Giovanni Madaro, ceo di Media Progress.

Ricordo confuso del brand radiofonico

“Gli ascoltatori potrebbero, infatti, confondere l’emittente ancillare con quella madre a causa della somiglianza nei nomi e nella brand identity. Questo può portare a risposte imprecise durante le interviste telefoniche, dove gli intervistati potrebbero dichiarare di ascoltare il brand principale quando in realtà ascoltano quello declinato sulle stazioni ancillari, o viceversa”, annota l’analista.

Percezione di qualità

Se l’impatto di un brand forte in fase di start-up è diventato letteratura con il caso Virgin Radio – che esordì in Italia nel primo decennio del nuovo millennio con un botto da 2 milioni di ascolti nel giorno medio (nessuna newco nazionale aveva superato il milione d’ascolti fino a quel momento) -, quante affinità ci sono nel caso delle radio ancillari

Associazione

“Il brand radiofonico nazionale può avere un’influenza positiva sulla percezione della qualità delle radio ancillari: gli ascoltatori potrebbero associare automaticamente il livello di qualità del brand nazionale a quello locale, influenzando così le loro risposte nell’indagine”, osserva Madaro.

Riconoscibilità e preferenze

“La riconoscibilità e la notorietà di un brand nazionale possono aumentare la preferenza degli ascoltatori per la sua versione declinata. Questo effetto può essere particolarmente rilevante in aree dove il brand cardinale ha una forte presenza ed un’alta riconoscibilità”, sottolinea il ceo della società di ricerca Media Progress.

Impatto sul brand cardinale e secondario

“Se le emittenti (master e servant) sono iscritte ad un’indagine con metodo CATI, l’influenza del reimpiego può favorire sia la stazione master che quella servant, ma in modi diversi.

Favorisce le stazioni ancillari

Le emittenti ancillari possono beneficiare della notorietà del brand radiofonico primario (effetto moltiplicativo o parassitario): gli ascoltatori potrebbero, infatti, essere più inclini a sintonizzarsi su una stazione che riconoscono, anche se solo parzialmente, grazie alla familiarità con il marchio noto. Questo può portare a un aumento dell’ascolto per la stazione derivata, potenzialmente a scapito di altre concorrenti meno conosciute.

Roll-out semplificato

E’ poi d’intuitiva evidenza che l’associazione di una denominazione ad un logo noto favorisce il roll-out.

Favorisce il brand nazionale

D’altra parte, la presenza del brand principale come riferimento può mantenere alta l’attenzione degli ascoltatori verso il medesimo. La somiglianza nei nomi e nella brand identity può rafforzare l’immagine del main brand, mantenendolo rilevante e presente nella mente degli ascoltatori anche a livello ancillare”, spiega Madaro.

Effetti sulla duplicazione e sulla sottrazione di ascolti

Nondimeno, se il reimpiego del master brand in forma ancillare favorisce tanto il servant brand quanto l’insegna d’origine, in caso di contemporanea iscrizione alla medesima indagine d’ascolto con metodo CATI è importante determinare se quella accertata possa essere una duplicazione dell’ascolto (conseguenza dell’effetto moltiplicativo) piuttosto che una sottrazione di ascolti dal brand cardinale (cannibalizzazione).

Duplicazione dell’ascolto

“In molti casi, il successo del brand derivato può essere visto come una duplicazione dell’ascolto. Gli ascoltatori che già apprezzano il main brand potrebbero semplicemente aggiungere l’emittente ancillare alle loro preferenze senza abbandonare quella d’origine. Questo scenario può essere vantaggioso per entrambi i marchi, poiché aumenta la quota complessiva di mercato”, risponde l’analista.

Sottrazione d‘audience

“Tuttavia, c’è il rischio che il logo declinato sottragga ascolti al main brand. Gli ascoltatori potrebbero preferire la versione ancillare dell’identificativo a causa dei contenuti specifici considerati più affini ai propri desiderata, riducendo così l’ascolto della versione madre. Questo può penalizzare il master brand, soprattutto se la stazione derivata non offre contenuti che completano, ma, invece, sostituiscono quelli dell’emittente madre (cd. cannibalizzazione).

Tutti per uno. Uno per tutti

Di qui l’opportunità di realizzare stazioni ancillari, ma di non iscriverle all’indagine CATI, cosicché il risultato d’ascolto confluisce comunque in quello dell’unico brand presente: quello principale.

Conclusioni

In estrema sintesi, le elaborazioni effettuate da Media Progress inducono a ritenere che il reimpiego di un brand radiofonico precipuo in un’indagine d’ascolto con modello CATI possa incidere anche in forma rilevante sull’affermazione dei prodotti (primario e ancillare), anche se il rischio di cannibalizzazione non è affatto remoto”, sottolinea il consulente.

Influenza del reimpiego

Ma, in definitiva, quali sono gli effetti della condotta amplificativa? “Secondo la nostra analisi, la confusione tra i master brand e servant brand può portare a risposte imprecise e percezioni distorte da parte degli ascoltatori.

Impatto sul brand principale e secondario

“Entrambe le stazioni (master e servant) possono trarre vantaggio dalla notorietà condivisa, con quella declinata che beneficia direttamente della riconoscibilità del brand primario.

Duplicazione vs sottrazione di ascolti

La duplicazione dell’ascolto può aumentare la quota di mercato complessiva, ma esiste il rischio di sottrazione di ascolti dalla stazione madre a favore dell’emittente ancillare. Per evitare una possibile cannibalizzazione è sconsigliabile – a nostro avviso – iscrivere emittenti ancillari ad un’indagine CATI, mentre appare strategico dotarsi delle stesse con fini amplificativi.

Le regole auree della gestione di master e servant

Ma ad alcune specifiche condizioni che nel nostro rapporto abbiamo riassunto in 10 punti/linee guida.

Strategie innovative

La gestione strategica di questi effetti è cruciale per massimizzare i benefici per i prodotti primario ed ancillari, assicurando che il reimpiego completi il master brand piuttosto che competere con esso”, conclude il ceo di Media Progress. (M.R. per NL)

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