Come noto, a mente delle norme ITU-R, perché esista un’interferenza occorre che il segnale interferito abbia un c.e.m. utile, non potendo in caso contrario rivendicare protezione, atteso che il territorio esaminato non rientrerebbe nella “area di copertura”.
Nel merito di tale ultimo concetto, ricordiamo che il protocollo ITU-R BS.638 (recante termini e definizioni usati nella pianificazione delle frequenze per il broadcast sonoro) al capitolo 3 contiene la nota 1 che precisa che la “zona di copertura” di un impianto trasmittente è determinata esclusivamente dalle condizioni tecniche specificate, a prescindere da considerazioni amministrative o regolamentari (che sono utili a definire, invece, il “bacino di utenza”, che, sotto il profilo tecnico-giuridico è evidentemente concetto diverso dalla “area di servizio”). Nondimeno, in occasione di accertamenti interferenziali a seguito di modifiche r.e. autorizzate non basterà accertare l’esistenza di un c.e.m. utile del segnale del lamentante, né l’esistenza della perturbazione in re ipsa, ma occorrerà verificare che essa non fosse preesistente (alla modifica). Ove infatti così fosse, in punto procedurale, discenderebbe l’inaddebitabilità dei costi dell’intervento della P.A. di specie a mente del “Documento sull’applicazione dell’art. 1, commi 4 e 5, della legge 30 aprile 1998, n. 122” (precetto metabolizzato dall’art. 28 D. Lgs. 177/2005) che, relativamente alle procedure di accertamento delle interferenze lamentate da un concessionario a seguito di modifiche operate su emissioni operanti nello spettro r.e. di riferimento, prevede che «Ove, a seguito di modifiche di impianti autorizzate dagli Ispettorati, vengano segnalate interferenze non generiche e corredate da elementi di prova che ne attestino la fondatezza, da parte di altre emittenti legittimamente operanti, gli Ispettorati sono tenuti a disporre un sopralluogo immediato da condurre alla presenza dei soggetti interessati e controinteressati, avvisati preventivamente nelle loro sedi legali. Nel caso di insussistenza dell’interferenza le spese di intervento saranno addebitate al soggetto che ha lamentato l’interferenza stessa». Occorre infatti distinguere l’interferenza (azione volontaria colposa o dolosa), dall’incompatibilità radioelettrica congenita, che si concreta tra impianti censiti ex art. 32 L. 223/1990, nella quale un diffusore non subisce certamente sudditanza nei confronti dell’altro che, per conseguenza, non gode di maggiori diritti (cosicché non potrà essere determinato l’interferito e l’interferente; valutazione che potrà avere luogo solo attraverso un accertamento giudiziario civile). In altri termini, l’incompatibilità r.e. è congenita e non certamente sopravvenuta, essendo preesistente alle modifiche autorizzate. Da ciò discende, ancora una volta, l’inaddebitabilità dei costi d’intervento per insussistenza del requisito essenziale della produzione interferenziale, con la conseguenza che eventuali pretese in tal senso degli Ispettorati territoriali dovranno essere contestate. (M.L. per NL)