In attesa di conoscere gli esiti delle prime rilevazioni d’ascolto condotte dal Tavolo Editori Radiofonici (TER), la società che è succeduta ad Eurisko (Radio Monitor) nella realizzazione dell’indagine (CATI) sulla fruizione del mezzo radiofonico in Italia, esaminiamo quali metodologie sono adottate negli altri paesi europei attingendo agli esiti dell’indagine conoscitiva condotta da Agcom (Del. Agcom 236/17/CONS), che ha duramente criticato il modello attuale.
Come già esposto in precedenti articoli pubblicati sull’argomento, l’Agcom, nella sua ricognizione, ha esaminato le esperienze in materia di attività di rilevazione dei contatti di una selezione di Stati membri – Francia, Germania, Paesi Bassi, Regno Unito e Spagna – per ciascuno dei mezzi di comunicazione di massa oggetto di monitoraggio e regolamentazione.
Lo scopo dello studio è stato quello di analizzare le modalità con cui le indagini sulle audience sono condotte in Europa, dal punto di vista sia dell’organizzazione e governance delle società realizzatrici, sia delle metodologie e tecniche adottate. Ciò ha consentito infatti di operare, per quanto possibile, un confronto con il contesto nazionale, al fine anche di ricavare utili informazioni da eventuali sperimentazioni condotte all’estero – ad esempio, in termini di tecnologie di indagine innovative – e valutare la possibilità di estendere interessanti nuove metodologie anche al panorama nazionale.
L’attività di benchmarking condotta nell’ambito dell’indagine è stata volta, altresì, ad analizzare come eventuali criticità emerse in altri Stati membri in relazione alle rilevazioni delle audience siano state affrontate dalle società realizzatrici delle indagini stesse e se hanno comportato – laddove previsto dal quadro di riferimento nazionale – eventuali interventi del regolatore.
In proposito, nell’ambito dell’indagine dell’Agcom è emerso come fosse possibile, nella maggior parte dei casi, trarre per i singoli mezzi di comunicazione alcune considerazioni comuni ai diversi Paesi europei esaminati, dal punto di vista sia dei modelli di governance adottati, sia delle metodologie utilizzate.
In maniera non esaustiva, è stato rilevato che, dal punto di vista della governance delle società realizzatrici delle raccolte dati, il modello più adottato è quello del Joint Industry Committee (JIC). Inoltre, per quanto riguarda le metodologie di ricerca, per i contenuti televisivi è emerso un quadro piuttosto omogeneo i cui in tutti i Paesi si utilizzano metodologie di rilevazione passive che prevedono l’impiego di meter. Anche le rilevazioni su web si basano principalmente su tecniche passive – le indagini sono per lo più di tipo censuario con l’utilizzo congiunto di un panel provvisto di meter – ma esibiscono una maggiore disomogeneità, soprattutto per quanto riguarda le modalità in cui le stesse vengono implementate, ad esempio in termini di numero e tipologia di dispositivi sui quali viene monitorato il consumo. Al contrario, per la rilevazione delle audience radiofoniche nei maggiori Paesi europei, diversamente da quanto accade in altri continenti maturi dal punto di vista dell’impiego del medium elettronico, si predilige l’adozione di metodologie attive – conduzione di interviste e compilazione di diari – pur avendo sperimentato nel più recente passato anche la possibilità di utilizzare dei dispositivi meter. Anche per la rilevazione della lettura e della diffusione dei contenuti editoriali sono utilizzate tecniche di tipo attivo – basate per lo più sulla conduzione di interviste personali o via web – a cui solo in un caso viene affiancato l’utilizzo di un dispositivo fisico (lettore di codici a barre). Insomma, nell’era della profilazione estrema, l’audience radiofonica in Europa viene ancora misurata con la preistorica metodologia CATI (Computer Assisted Telephone Interview), che consiste in un software che, in maniera automatizzata, segue e supporta l’intervistatore durante la ricerca (a video gli compaiono le domande di cui si compone il questionario, seguite dall’elenco delle possibili risposte che l’intervistato può fornire). Ciò mentre, nel resto del mondo, appositi software installati su smartphone che fungono da meter sono impiegati per fornire ad emittenti ed investitori un’indagine ancorata su criteri di scientificità che possono restituire dati attendibili, tempestivi e, soprattutto, al riparo da inquinamenti mnemonici (attraverso l’inserimento nel flusso di trasmissione radiofonico di una codifica è possibile identificare in tempo reale la stazione ascoltata, la piattaforma di ascolto e se la fruizione avviene in diretta o in modalità “time shifted listening”).
Eppure l’impiego dei meter potrebbe rivelare molte sorprese rispetto all’anacronistico modello attuale, limitando il controverso effetto dello sbilanciamento tra notorietà del marchio ed effettivo ascolto, assegnando la reale durata dell’ascolto medio di un’emittente, favorendo la scala mobile e quindi creando dinamismo e competizione. Cioè proprio quello di cui avrebbero bisogno le emittenti (soprattutto quelle locali di rilievo) per upgradare il proprio peso nella pubblicità nazionale. Unico problema: analizzando i precedenti, in un ambiente di rilevazioneche passa da CATI ai meter le top radio subiscono generalmente un calo (in quanto l’effetto notorietà viene neutralizzato) a fronte di un aumento delle stazioni di medio livello. E qui sta il nocciolo del problema: sebbene la stragrande parte dei grandi gruppi radiofonici italiani veda la presenza di una top radio con almeno un’emittente gregaria, ragion per cui un livellamento sarebbe probabilmente addirittura positivo nel complesso (la stazione di spicco scenderebbe meno di quanto salirebbe quella media), si sa che lo status quo dà sempre quella (apparente) sicurezza da spingerne la preservazione. A tutti i costi. (M.L. per NL)