Radio di serie A e di serie B. Nazionali le prime, locali le seconde. Questa è la principale contestazione che è stata opposta nel dibattito sui social dopo la pubblicazione delle dichiarazioni del vice direttore vicario di Radio RAI Flavio Mucciante del 5 agosto sulla nuova indagine che prenderà il posto dell’attuale TER 2023. Indagine che dovrà prendere atto delle direttive imposte dall’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni con la delibera 202/23/CONS.
“Un’unica ricerca sugli ascolti in grado di garantire sia le radio nazionali sia quelle locali, ma con metodologie differenti: interviste telefoniche per le emittenti a copertura territoriale, mentre per i grandi network nazionali un sistema ibrido, che integri la cosiddetta CATI (Computer Assisted Telephone Interviewing, ndr) con una rilevazione elettronica, basata principalmente sul meter ed estesa anche agli accessi Ip via internet“, aveva spiegato Mucciante, dando il via ad un acceso confronto tra gli operatori.
Poveri e ricchi
Una rilevazione per i poveri ed una per i ricchi, l’accusa che crocefigge Mucciante, per i contestatori novello ambasciatore della volontà di separare nettamente e definitivamente le strade delle emittenti nazionali da quelle locali, destinate dalla nanificazione.
Verticale ed orizzontale
Un’indagine verticale (classifica CATI) per le emittenti territoriali eterogenee per distribuzione del segnale e modello editoriale ed una orizzontale (comparazione analitica CATI+meter) per stazioni dalla sostanziale analoga diffusione, per i difensori della tesi di Mucciante.
Salviamo il soldato Mucciante
In realtà, le dichiarazioni di Flavio Mucciante null’altro sono che la pedissequa trasposizione delle considerazioni Agcom esposte nella delibera 202/23/CONS.
Compromesso
La quale, premettendo che ogni sistema di misurazione ha specifiche caratteristiche che richiedono un compromesso per trovare la soluzione che meglio si adatta a un particolare mercato, osserva che “le metodologie tradizionali (es. Day-After Recall e diari di ascolto) sono più economiche da implementare e mantenere rispetto ai sistemi elettronici, consentono campioni di grandi dimensioni e sono in grado di fornire dati robusti su mercati frammentati che presentano un gran numero di stazioni radio più piccole”.
Il mercato italiano
E’ questo il caso italiano, con una ventina di stazioni nazionali (18 iscritte a TER 2023) che competono con un migliaio di emittenti locali (250 iscritte a TER 2023).
Rilevazione effettiva dell’ascolto e rilevazione del ricordo dell’ascolto
Oggettivamente, la misurazione elettronica (meter) offre vantaggi rispetto alle metodologie che richiedono agli intervistati di ricordare o registrare attivamente ciò che hanno ascoltato (cd. dichiarative, come CATI e diari), poiché sono in grado di fornire dati estremamente accurati minuto per minuto con un ritardo minimo dopo l’ora della trasmissione e forniscono metriche in modo simile alla televisione e ai media online.
I limiti del meter
Tuttavia, la misurazione elettronica può presentare dei limiti, quanto meno in termini di costi, ove confrontata ai diari o alle interviste telefoniche (CATI).
C’è sempre un campione, alla fine
Ciò significa che le dimensioni del campione tendono ad essere relativamente piccole. E questo, secondo Agcom rappresenta “una sfida per un’accurata rilevazione dell’audience per le stazioni radio più piccole e locali“.
Gli altri paesi
Per questo motivo, paesi come la Norvegia, la Svezia e gli Stati Uniti “mantengono la metodologia attiva (dichiarativa) per misurare rispettivamente le stazioni locali e le più piccole aree di mercato”, annota Agcom nella delibera 202/23/CONS.
Accordo comune
D’altra parte, l’Autorità ricorda come “L’introduzione della misurazione elettronica ha avuto successo fino ad oggi nei Paesi che sono stati in grado di trovare un accordo comune all’interno dell’industria radiofonica e, in secondo luogo, di tradurre i vantaggi di dati accurati e granulari e ottenere l’accettazione di una nuova struttura di prezzo da parte degli acquirenti pubblicitari”.
Il caso italiano
E non pare essere questo il caso dell’Italia, dove non solo la filiera pubblicitaria è assente dal capitale della s.r.l. Tavolo Editori Radio, ma lo sono anche le locali, quantomeno direttamente.
Sbilanciamento nella partecipazione societaria
“Perché le nazionali, che pure sono rappresentate da una associazione di categoria, sono socie del TER, mentre le locali sono presenti solo in forma mediata da due sindacati ai quali, peraltro, nemmeno tutte le emittenti rilevate sono iscritte?“, è la summa delle contestazioni sulla questione ospitata in più occasioni su queste pagine. “Un bilanciamento corretto sarebbe stata la presenza di entrambi i comparti in forma mediata, cioè solo tramite i sindacati di appartenenza“, l’annotazione conseguente.
Decisioni nazionali
Il risultato, ovviamente, è che qualsiasi decisione nel TER è, di fatto, assunta sulla base delle prioritarie esigenze delle emittenti nazionali, che hanno l’ampia maggioranza nel CdA.
Se la cantano e se la suonano
Una situazione di cui si dovrà tenere conto nell’evoluzione della rilevazione, salvo ricadere nella attuale sperequazione. Uno sviluppo della situazione che, stando così le cose, sembra avere solo due direzioni.
Nuova società di rilevazione
La prima è una nuova indagine condotta, come vorrebbe Roberto Sergio, a.d. RAI, da una newco conformata come un JIC, acronimo di Joint Industry Committe, cioè – come spiega Agcom – “un modello nel quale la componente “mercato” (investitori pubblicitari), in ragione del ruolo super-partes che le compete, assume un rilievo specifico anche nel profilo gestionale, ispirandosi a principi di indipendenza, autonomia, equità e non discriminazione”, a differenza dell’attuale MOC, Media Owner Committe, un ente dove, per dirla coi detrattori, gli editori “se la cantano e se la suonano”. Ammesso che un numero rappresentativo di player decida di aderirvi.
Nuova TER…
La seconda direzione è quella di un aggiornamento dell’attuale TER, agendo, oltre che sul metodo di rilevazione (da CATI a CATI+meter), anche sull’allargamento della composizione societaria, con apertura al mercato, quindi ai pubblicitari di UPA (Utenti Pubblicità Associati) ed UNA (Aziende della Comunicazione Unite). Che, in verità, non si capisce (o, per altri versi, si capisce benissimo) perché non sia fin qui stata attuata, preferendo attendere che la tegola cadesse dal tetto.
… ma senza RAI
Rilevazione alla quale, comunque, RAI non aderirebbe, col risultato di un’indagine parziale (e quindi non rappresentativa del mercato) ed incomparabile con le precedenti.
Per RAI il TER non c’è già più
“Per noi il TER non c’è più, non ci confrontiamo con chi non ha più credibilità. La mission del servizio pubblico è garantire affidabilità e credibilità a qualsiasi iniziativa che ci vede coinvolti”, ha dichiarato sul punto Roberto Sergio qualche giorno fa.
La cura peggiore del male
Ovviamente ci sarebbe una terza via, la meno consigliabile, ma la più italiana di tutte. Due indagini parallele. (E.G. per NL)