La sensazione che si stia correndo verso un’Audiradio bis è sempre più marcata dopo le indiscrezioni sul TER di questi giorni.
Che l’indagine CATI sull’ascolto radiofonico italiano, affidata al Tavolo Editori Radio (TER), sia fuori dal tempo è cosa risaputa e molti editori negli ultimi anni non hanno mancato di puntualizzarlo su queste pagine.
Tra questi vi è RAI, che su NL ha più volte lamentato l’effetto distorsivo dell’approccio telefonico, che favorisce la brand awareness ben più che l’effettivo gradimento dei contenuti.
Rispondi che ci ascolti
Ma mai come ora le radio rilevate hanno cavalcato i limiti della ricerca, chiamando a raccolta i propri ascoltatori in una campagna di reclutamento inedita.
Pratica lecita, pratica perversa
Una pratica, secondi alcuni, del tutto lecita ed utile a sensibilizzare l’importanza della radio in sé, mentre secondo altri un’attività perversa che distorcerebbe il campione ed altererebbe i risultati.
Boom di ascolti o boom di chi la spara più grossa?
Così, dopo l’anticipazione del TER del passaggio del totale ascolti dai 34 milioni scarsi del 2° semestre 2022 ai quasi 37 milioni nel trimestre marzo-maggio 2023, si è scatenata la ridda dei sostenitori dell’una o dell’altra tesi.
Dignità recuperata
Una crescita galoppante che dà dignità al medium radiofonico, per i sostenitori della pratica di sensibilizzazione degli ascoltatori alle dichiarazioni al TER.
Dignità perduta
Un risultato che lascia increduli, in quanto inverosimile, per i detrattori. Che si chiedono: di questo passo, sarà TER l’unica ricerca al mondo con un volume di ascolto più grande della popolazione?
Sanzioni?
Un po’ di imbarazzo nel TER ci dev’essere stato; ma alla fine si è deciso di buttare via il bambino con l’acqua sporca, se è vero che lo stesso CdA ha imposto alle radio la sospensione di tutte le attività di promozione a sostegno dell’ascolto (con tanto di sanzioni).
Orizzonte di sei mesi
Sia chiaro, solo per sei mesi, mica per sempre! Anche perché l’orizzonte, con questi chiari di luna, è quel che è…
Ma potrebbe esserci di peggio
Tuttavia, quella folkloristica delle sanzioni non sarebbe nemmeno la peggiore delle bizzarrie.
Oggi è giunta in redazione la voce che qualcuno avrebbe in animo di proporre nuovi vincoli per l’iscrizione di emittenti locali in aree ove esse sono presenti solo in digitale.
Recinto
Circostanza che, se confermata, rafforzerebbe l’accusa di totale anacronismo di un’indagine che, nel pieno dello sviluppo della radio digitale, si rinchiuderebbe in un recinto analogico. A quest’ultima indiscrezione, tuttavia, non vogliamo prestare credito, posto che sarebbe l’apoteosi della follia ed il passaporto per il disastro.
RAI fuori senza se e senza ma
RAI, nel frattempo, ha tratto le sue conclusioni. Dopo aver per anni reiterato inutilmente il suo dissenso, sia in termini di governance che di impianto metodologico, la radio del Servizio Pubblico – come anticipato per primo da NL – dal 1° gennaio 2024 sarà fuori dalla ricerca. E non accetterà compromessi: nessun restyling di facciata, nessun ritocco di colore, nessun TER in versione bis.
Solo con società disruptive
Una fonte autorevole raggiunta da NL conferma: RAI salirà a bordo solo se si volterà veramente pagina, con una nuova società che sia disruptive rispetto al passato, una nuova governance che veda rappresentato il mercato pubblicitario (come del resto sollecitato da Agcom), una nuova ricerca che sia coerente rispetto alle attuali esigenze editoriali e di mercato.
Audiradio bis?
Che dire? Mah, la nostra sensazione è che una Audiradio bis sia veramente dietro l’angolo. (M.R. per NL)