Ci sono dati delle indagini sugli ascolti radiofonici che vengono analizzati nei minimi particolari diventando fonte di studio per critiche e analisi accuratissime oltre che base da cui ripartire per apportare modifiche e accorgimenti nei palinsesti e nelle nuove programmazioni e per trovare diverse strade da intraprendere.
Su altri numeri dello stesso sondaggio spesso, invece, per cause alcune comprensibili altre meno, cala repentinamente il sipario.
Ci siamo già occupati del 1.279.000 di immemori che seguono il mezzo ma non riescono a ricordare nessun nome e, sempre per la serie i numeri che lasciano qualche domanda inevasa, ci ritroviamo con un dato che, probabilmente a malincuore per gli stessi fedelissimi del Ter, certifica comunque che esistano forme di vita anche fuori da questo sistema.
Allo stesso tempo, abbiamo già dedicato attenzione agli ascolti perduti, quelli, cioè, proprio persi dal settore radiofonico (e presumibilmente acquisiti dai servizi di streaming on demand come Spotify), così come di quelli che hanno lasciato le emittenti nazionali per approdare a quelli locali che hanno qualcosa di più e di diverso da offrire o ancora a cosa si attendono gli ascoltatori dalle radio (e che questi si ostinano a non elargire).
Con l’eccezione di Radio Maria tutte le altre nazionali partecipano a questo sondaggio, alcune, pur incassando puntualmente ogni volta risultati sconfortanti, si ripresentano altrettanto puntualmente ad ogni rilevazione.
E se la scelta di Radio Maria (per la quale tra l’altro è presumibile in ogni caso ipotizzare un buon riscontro di ascolti vista la specificità del progetto, la capillare copertura del territorio, il coinvolgimento assolutamente rilevante sui social) appare assolutamente comprensibile, visto che non trasmette pubblicità e non ha alcuna esigenza di condizionare il proprio palinsesto in base ai picchi di ascolto o le fasce orarie, le motivazioni che invece stanno alla base dell’auto esclusione di tutte le altre areali, in qualche caso anche a copertura regionale, che scelgono di stare fuori da queste rilevazioni presentano diverse spiegazioni che presuppongono motivazione e strategie differenti.
Notoria la scelta di Radio Radio, illustrata ampiamente proprio sulle pagine del nostro giornale lo scorso anno in un’intervista al suo editore Fabio Duranti, si tratta comunque, e diremmo purtroppo, di una scelta al momento non condivisa da altre emittenti.
Nel caso dell’emittente di Fabio Duranti è nota la strategia di affidarsi ad un altro istituto di rilevazione e quindi commissionare un sondaggio profilato solo sulla propria emittente che mira a calcolare anche il valore reputazionale di tutta la struttura in ogni sua sfaccettatura.
Ma, benché ribadiamo che un simile sondaggio accurato sarebbe utile per ogni emittente, comprese quelle censite dal Ter, prendiamo comunque atto che al momento non sembra essere una strada percorsa dai più.
Rimangono quindi tante altre emittenti che totalizzano, seppur tutte insieme, numeri che meritano comunque qualche domanda ulteriore.
Cosa porta tante emittenti, in alcuni casi anche molto ben strutturate, a decidere di non partecipare a questo sondaggio sugli ascolti radiofonici?
E’ solo sfiducia nel sistema di rilevazione?
O ci sono altre strategie che ne determinano la volontà di non farsi rilevare?
Se per i più piccoli può esserci la giustificazione di non sobbarcarsi costi di iscrizione, a maggior ragione in previsione di esiti poco felici, altri che invece continuano a prosperare hanno probabilmente individuato altre tattiche per introitare pubblicità e fidelizzare ascoltatori, visto che continuano ad essere presenti sul mercato.
In ogni caso quasi due milioni di ascoltatori che seguono emittenti purtroppo destinate a rimanere ”omissis”, rimangono senza la soddisfazione di vedere i propri beniamini presenti in classifica e privano agenzie e concessionarie locali della possibilità di analizzare compiutamente il quadro in ogni regione.
Pur ribadendo, semmai ce ne fosse bisogno, l’assoluta liceità e inevitabilità di un sondaggio che censisce solo chi decide di aderire, rimane la perplessità di un’analisi che risulta comunque non completa, viste le zone d’ombra, come un campionato in cui la classifica finale non contempli tutte le squadre in campo.
Visto che le future indagini dovranno gioco forza tenere conto dell’inevitabile progresso tecnologico e quindi apportare indispensabili modifiche, vale comunque la pena puntare il dito sugli aspetti che allo stato dell’arte suscitano qualche perplessità. (U.F. per NL)