La mancata adozione delle necessarie modifiche alla composizione societaria, alla governance ed ai metodi di rilevazione del Tavolo Editori Radio, la s.r.l. partecipata da soli editori radiofonici (direttamente per le nazionali e in forma mediata con alcune associazioni di categoria per le locali), quando si poteva farlo senza i riflettori ed il termine di 6 mesi imposto da Agcom con la recente delibera 202/23/CONS, rischia di creare problemi enormi alla radiofonia italiana.
I problemi sul Tavolo
Le storture del TER, come noto ai nostri lettori, si riassumono nella mancata trasformazione da MOC (Media Owner Committee) a JIC (Joint Industry Committee), cioè “un modello nel quale la componente mercato (investitori pubblicitari), in ragione del ruolo super-partes che le compete, assume un rilievo specifico anche nel profilo gestionale, ispirandosi a principi di indipendenza, autonomia, equità e non discriminazione” ed all’adozione di una metodologia di rilevazione ibrida (indagini telefoniche + elettroniche, quindi CATI e meter), come spiega Agcom nella delibera 202/23/CONS.
L’assenza della componente di mercato
Dalla costituzione della società ad oggi, la configurazione societaria di TER vede la grave assenza (stigmatizzata da sempre da questo periodico, insieme alla mancata integrazione della rilevazione elettronica) “della componente di mercato, quale l’associazione degli utenti di pubblicità UPA e delle agenzie rappresentate in UNA”.
Garanzia di rappresentatività. E di trasparenza
E tutto ciò “a dispetto delle più volte richiamate disposizioni dell’Autorità sulla necessità di garantire la massima apertura della compagine societaria delle società di rilevazione a tutte le componenti dei mercati, al fine di rendere le indagini rappresentative dell’intero settore di riferimento”, si legge nella delibera 202/23/CONS
La coda corta
E’ chiaro che la catena partecipativa corta ha favorito “l’agilità” dei grandi editori radiofonici italiani. Perché, al di là di formalismi di facciata, è di loro che si parla quando si tratta di decidere le politiche del TER.
Le emittenti locali
Le emittenti locali, infatti, non partecipano direttamente al capitale della società che li rileva, essendo esse presenti in forma mediata attraverso alcune associazioni di categoria. Alle quali, peraltro, molte di quelle iscritte non aderiscono.
Credibilità in caduta libera e malumori che salgono dalla base
Una situazione guardata con sempre maggior diffidenza dal mercato. E mal tollerata dalle radio non nazionali, con effetti quali una credibilità delle rilevazioni in caduta libera e contestazioni sempre più diffuse su decisioni ritenute arbitrarie imposte senza alcun contraddittorio con gli interessati.
Finché la barca va, lasciala andare
Nonostante l’evidenza dei problemi, il CdA del TER non ha mai deciso di aggiornare il modello, preferendo attendere l’inevitabile, favorendo così rendite di posizione e provocando un arretramento del settore al cospetto di una crescita rapidissima di fonti alternative di somministrazione di contenuti audio (lo streaming on demand).
Lo stop del casellante
Inevitabile, che si è presentato in occasione di una gestione discutibile della rilevazione dell’ultimo semestre di indagine (1° 2023), considerata da Roberto Sergio, attuale AD RAI ed ex direttore di Radio RAI – cioè uno degli enti fondatori della società – la goccia che ha fatto traboccare il vaso. Ed imposto lo stop del casellante delle comunicazioni.
Agcom: situazione attuale impone intervento non procrastinabile
L’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni, infatti, nella delibera 202/23/CONS, ha ritenuto che ”la situazione attuale, in considerazione degli ultimi avvenimenti che riportano la società di rilevazione degli ascolti radiofonici al centro di un acceso dibattito”.
Sergio e la vittoria con amarezza
Una vittoria, quella di Sergio – da sempre sostenitore della necessità improrogabile di conformare il TER come JIC ed adottare la rilevazione elettronica – amara.
Inascoltati
Fonti di Viale Mazzini, raggiunte da questo periodico, riferiscono infatti “dell’amarezza dell’AD per la sconfitta della radiofonia tutta, causata dall’ottusità di chi non ha voluto ascoltare la voce del servizio pubblico”.
Metodologie e trasparenza dei dati in discussione
Un dibattito “in cui vengono messi in discussione la metodologia e la trasparenza dei dati, rende non più procrastinabile un nuovo intervento in grado di aumentare il livello di trasparenza sia sotto il profilo della governance, che della metodologia di rilevazione della produzione del dato”.
JIC e rilevazione ibrida. Subito
Imponendo, con la delibera 202/23/CONS, “al fine di garantire la trasparenza, l’affidabilità e l’imparzialità della misurazione, [di] procedere alla costituzione di un JIC e all’adozione di una metodologia di rilevazione tecnologicamente affidabile, anche in forma ibrida” (cioè indagini telefoniche CATI + meter).
La gatta frettolosa fa i gattini ciechi
Così, ora, in pieno agosto, di tutta fretta, il CdA del TER deve operare per trasmettere all’Autorità, entro trenta giorni dalla notifica del provvedimento (quindi entro l’ultima settimana di agosto), un piano dettagliato delle azioni che intende intraprendere in esecuzione di quanto prescritto.
6 mesi per chiudere
Procedura che deve concludersi entro sei mesi.
TER al TAR
Nel frattempo, si stanno diffondendo voci sempre più insistenti circa l’organizzazione di un’altra rilevazione e della possibilità che il TER possa impugnare avanti al TAR la delibera Agcom.
Bah…
Relativamente a quest’ultima possibilità, in tutta sincerità, ci appare veramente remota la possibilità che i giudici amministrativi possano accogliere un eventuale ricorso, visto che la delibera appare estremamente motivata, fondata su elementi oggettivi e su principi di logica che cozzano contro un lassismo ingiustificabile da parte della società TER verso gli adeguamenti necessari.
Rischio di affossare ulteriormente la credibilità della Radio
Peraltro, un ricorso (a prescindere dal suo esito) aggraverebbe il pesante danno d’immagine che la Radio, come mezzo, sta subendo dal mancato aggiornamento della rilevazione sull’ascolto, perché attesterebbe la resistenza ai cambiamenti degli editori di un mezzo che invece della propria resilienza ha fatto una bandiera.
Le perplessità metodologiche
Il punto più delicato della questione, riguarda, però, la misurazione elettronica, che si sa essere un interruttore di continuità.
La destabilizzazione del meter
In tutti i mercati in cui è stato inserito il meter, si è infatti assistito ad una sensibile flessione degli ascolti delle top station (stante la neutralizzazione dell’effetto ricordo e quindi una diminuzione dell’incidenza della notorietà) ed una crescita delle emittenti di medio livello.
Livellamento della distribuzione dei contenuti
Una situazione potenziata dal livellamento della distribuzione del segnale (IP, DTT, DAB, quest’ultimo almeno per le nazionali).
Status quo sotto attacco
E’ quindi comprensibile (anche se inaccettabile) che i grandi editori guardino con estremo timore alla rilevazione elettronica.
Limiti
Una metodologia, che, tuttavia, spiega Agcom, non è scevra da problematiche (“può presentare dei limiti, quanto meno in termini di costi, ove confrontata ai diari o alle interviste telefoniche”).
Campioni di audience
“Le dimensioni del campione tendono ad essere relativamente piccole e questo rappresenta una sfida per un’accurata rilevazione dell’audience per le stazioni radio più piccole e locali.
CATI per locali e piccole aree di mercato
Per questo motivo, Paesi come la Norvegia, Svezia e gli Stati Uniti mantengono la metodologia attiva (dichiarativa) per misurare rispettivamente le stazioni locali e le più piccole aree di mercato“, osserva l’Autorità nella delibera 202/23/CONS.
Gli scenari
Come se ne esce quindi?
Nei prossimi giorni esamineremo singolarmente i possibili scenari che si prospettano a seconda delle varie opzioni: resistenza del TER alle imposizioni di Agcom; adeguamento alle stesse (nelle varie forme possibili); frammentazione della rilevazione. (M.R. per NL)