Oltre ad essere definito come “mezzo resiliente”, ovvero capace di resistere ed andare avanti nonostante tutto, la radio guadagna un punto in più accaparrandosi il complimento di essere “social”.
Dove ormai tutto sembra girare intorno al web, pare che anche il mezzo radiofonico sia entrato nella Rete. Questo è uno dei punti del dibattito accesosi nella giornata di martedì 23 maggio, durante l’esposizione della nuova indagine Radiocompass 2017 tenutasi a Milano presso la sala bianchi di via Monterosa 91. Ad organizzare l’evento, la media agency di GroupM Mindshare, insieme a FCP-Assoradio, con la partecipazione di Manzoni, Mediamond, Openspace, Rai Pubblicità, RDS Advertising, System 24 e Teamradio. I numeri parlano chiaro: 12,7 sono i milioni di fan del mezzo radiofonico su Facebook, 6,8 milioni di follower su Twitter e 1,4 milioni su Instagram. Nonostante questo, editori e conduttori sono divisi sull’argomento: mentre per gli editori i social sono uno strumento valido ed efficace per capire se un programma funziona o meno, alcuni conduttori non ne sono così convinti. Come Linus di Radio Deejay: “E’ centrale chi parla alla radio. Se mi ascolti significa che vuoi sapere cosa dico io. I social, invece, fanno tanto rumore e poca sostanza. Io uso i messaggi per ricamare e integrare quello che sto dicendo ma non do soddisfazione agli sfigati”. Non la pensano allo stesso modo Paolo Salvaderi (a.d. di Radio Mediaset) per il quale i social e i messaggi pervenuti durante la diretta sono utili al fine di ottenere un feedback immediato con gli ascoltatori per capire se, come e dove intervenire nel programma in modo da apporre le giuste modifiche. E ancora, Beppe Severgnini di Virgin Radio: “La massa di interazioni sui social ci ha dato segnali importanti su come ritarare il programma: meno politica, più temi sociali”. Al coro delle voci “pro-social” si aggiungono Daniele Bossari di Radio Italia: “Con i social allargo i confini di ascolti anche all’estero, in maniera interattiva. C’è una forte fidelizzazione del radioascoltatore” e Giuseppe Cruciani di Radio 24: “I social sono una cosa putrida, melmosa, ributtante, ma sono tutte cose che fanno parte di questa vita. Preferisco la verità di quello che accade, sono curioso di tipi umani”. E se sul discorso “sei a favore o no con il fatto che la radio si fa social?” non tutti sono all’unisono, dall’altra parte la radio sorride. “La radio è un mezzo in salute” ha commentato il CEO di Mindshare Roberto Binaghi, illustrando come le percentuali di ascolto e la raccolta pubblicitaria del mezzo radiofonico siano positive: dal confronto tra il 2014 e il 2016 emerge il 3,5% di ascoltatori in più nel giorno medio; tra il 2014 e il 2017, invece, + 12,8% per quanto riguarda la raccolta pubblicitaria. I meriti vanno soprattutto all’economicità del mezzo rispetto alla televisione (che con il 5% fa ancora da padrona alla raccolta pubblicitaria insieme al web con il 28,1% – dati emersi dal confronto fra 2017 e 2014) e per la sua capacità di penetrare gli ascoltatori/consumatori. Dall’esposizione dei dati provenienti dall’indagine condotta, infatti, emerge che la radio ha un alto potenziale di influenza in termini di scelte di acquisto: il 53% delle persone dichiara di aver ricevuto un aiuto per quanto riguarda la loro scelta di acquisto nel settore auto; il 63% lo dichiara per i settori delle telco e dell’alimentare e ben il 70% lo dichiara per quanto riguarda il settore viaggi. Spiega Binaghi: “La sua forza non è muscolare, sta piuttosto nella sua intelligenza e capacità di arrivare dentro le persone”. A sostegno di questa tesi, i dati di Radiocompass 2017: la radio è un mezzo che suscita sorpresa e gioia nell’ascoltatore, la tv suscita prevalentemente gioia e il web, invece, procura impegno cognitivo. Perciò, mentre il web attiva un coinvolgimento di tipo cognitivo e quindi si differenzia dagli altri mezzi, la televisione e la radio riescono a coinvolgere l’ascoltatore/spettatore da un punto di vista prettamente emotivo. Per citare Vincenzo Russo, responsabile del Centro di ricerche di Neuromarketing, Behavior & Brain Lab (IULM), che ha arricchito l’evento con una breve parentesi rivolta al ramo delle neuroscienze: “La radio stimola il rilascio di dopamina (chiamato neurotrasmettitore del piacere o ormone dell’euforia, Ndr) scatenando sensazioni piacevoli come fanno droga e sesso”. Un po’ come i social insomma che per dirla alla Daniele Bossari: “Il mondo social è ormai il mondo reale: ogni giorno moltissime persone passano un sacco di ore restando connesse”. (L.M. per NL)