Durissimo comunicato del direttore di Radio RAI Roberto Sergio contro la decisione degli altri soci del TER di proseguire con un’indagine CATI anacronistica rispetto allo sviluppo della digital radio e del mondo audio in generale.
Sergio, in definitiva, conferma ed amplifica le esternazioni che a luglio e settembre aveva espresso su questo periodico.
Sergio contro tutti
Mentre gli accordi su Radio Player vanno avanti con grande sintonia da parte di tutti gli editori radio, il tema ascolti continua ad essere al centro delle polemiche. Nell’ultimo Cda di TER, Rai ha votato contro la prosecuzione della ricerca nelle modalità attuali, a differenza degli altri editori radio che hanno approvato la ricerca così come è oggi.
“Questo – commenta Roberto Sergio, direttore Rai Radio – nonostante le tante critiche rivolte alla metodologia di ricerca non solo da Rai ma anche dagli altri partner. Siamo di fronte a una ricerca non adeguata, limitativa e nata su presupposti oggi superati.
Suggerimenti inascoltati
Abbiamo suggerito correttivi e modifiche per renderla più in linea con i tempi. Ma nonostante le dichiarazioni di tanti, alla fine tutti hanno votato per il proseguo di Ter così com’è, a parte i tre consiglieri Rai. Una sconfitta non per Rai, ma per il sistema radio in Italia che, mentre si appresta a lanciare app e soluzioni digital only, dall’altro si presta a farsi misurare con metriche obsolete. Con il risultato che più tutti noi spingeremo nella direzione dell’ascolto on demand, della visual radio, dei canali verticali (brand bouquet, ndr), più la ricerca si scosterà dalla realtà, fotografando un mondo che non esiste“.
Basta indagine su ricordo e ascolto ricostruito
Radio TER è una ricerca CATI, che si basa sul ricordo e sulla ricostruzione dell’ascolto, per quarto d’ora e per ciascuna delle emittenti iscritte (264 nel 2019, di cui 17 nazionali e 243 locali). Premia la notorietà dei brand, favorendo le emittenti che beneficiano di un maggior livello di memorabilità. E’ risaputo peraltro che normalmente il tasso di successo delle interviste telefoniche è bassissimo, inferiore al 10%.
Nel caso di TER, tale soglia si abbassa ancora di più, vista la complessità della ricerca: possono servire fino a due milioni di telefonate per totalizzare le 120.000 interviste necessarie, considerate le interviste cadute, i contatti fuori quota, le telefonate non andate a buon fine.
Lo stesso Comitato Tecnico di TER aveva individuato nell’impianto metodologico della ricerca diverse aree di intervento che sono attinenti ad aspetti fondamentali in qualsiasi indagine statistica: la rappresentatività campionaria, l’efficienza della ponderazione, la complessità del questionario.
“La ricerca – spiega Roberto Sergio – si fonda su un questionario complesso e articolato, con numerosi rimandi tra le sezioni ed elevati rischi di errore o approssimazione e una durata dell’intervista estremamente variabile. Inoltre, da tempo molti consiglieri di amministrazione oltre che membri del Comitato Tecnico hanno espresso forte preoccupazione sulle differenze tra i due istituti che realizzano le interviste: GFK e Ipsos (diversa modalità di generazione dei numeri telefonici, software diversi per la gestione delle interviste, diverse modalità di fruizione del questionario).
Peraltro, parliamo di differenze che gli stessi istituti definiscono non superabili”.
“Da quando sono stato nel Cda di Ter – conclude Sergio –, cerco di interpretare il mio ruolo in chiave propositiva. Per questo ho sostenuto le ipotesi di porre correttivi alla ricerca. Innanzitutto, l’introduzione dei meter a integrazione della ricerca Cati per la misurazione non solo dell’ascolto lineare ma anche del digital e dell’on-demand. Ho poi proposto di intervenire sulla ponderazione che su alcune variabili (istruzione e professione) impone correttivi che possono incidere sui livelli di ascolto, dimezzando i pesi delle classi più elevate e moltiplicandoli sui profili più bassi. Ma di fatto nulla è passato, nonostante la disponibilità e l’impegno, nel tentare una mediazione, del presidente di Ter Marco Rossignoli.
Ter 2020 avrà esattamente le stesse caratteristiche analogiche e inadeguate del 2019. Con il risultato che avremo nuovamente dati contestabili, che non rispecchieranno la realtà vera dell’ascolto delle radio”. In TER poi non è rappresentato il mercato pubblicitario, in netto contrasto con quanto rimarcava AgCom già nel 2017.
Questo scenario secondo Sergio non fa che danneggiare ulteriormente Rai. “E questo – conclude Sergio – non rende onore al tanto lavoro che donne e uomini, professionisti e giornalisti, di Rai Radio svolgono ogni giorno con passione e professionalità”. (E.L. per NL)