Ascolto musicale: come si divide il tempo d’ascolto? Stando ai dati del report IFPI (Music Consumer Insight Report 2017), in Italia il 44% dell’ascolto musicale viene dalla Radio; il 25% dalla musica acquistata; il 19% del video streaming e solo il 12% dall’audio streaming.
La radio, quindi, stravince (almeno per ora) sulle altre piattaforme musicali, quantomeno a riguardo del tempo di fruizione (cioè il consumo musicale).Dall’indagine emergono però anche altri dati rilevanti: per esempio che il 95% dei fruitori musicali italiani ascolta la radio contro l’87% della percentuale “mondiale”, oppure che (cosa che potrebbe apparire strana, vista l’atavica propensione tricolore alle furberie) utilizziamo di più servizi legali di audio streaming rispetto alla media mondiale, anche se di poco (46% vs 43%); gap che aumenta sul video streaming musicale (85% vs 75%).
Viceversa, ancorché di pochissimo (27% vs 28%), siamo meno scaricatori di musica, che preferiamo ancora acquistare su supporto fisico, quantomeno rispetto al resto del mondo (nella specie, per i cd: 34% vs 32%, mentre siamo proprio nostalgici, posto che la percentuale di chi acquista i vinili è il 23% rispetto al 17% mondiale).
In compenso siamo messi maluccio a fruizione di streaming licenziato: negli ultimi 6 mesi (dati al settembre 2017) abbiamo registrato un 46% da metà classifica rispetto al 75% del Messico, al 66% del Brasile, al 65% della Svezia ed al 55% della Spagna. Ma siamo comunque in buona compagnia, visto che la percentuale è sostanzialmente la stessa della Francia e, sorprendentemente, degli Stati Uniti. Se poi consideriamo che andiamo meglio dell’UK (43%), dell’Australia (41%), della Germania (41%), del Canada (39%) e addirittura del Giappone (incredibilmente solo 18%), ci stimiamo e c’incoraggiamo. (E.G. per NL)