Non è una novità: nelle case degli italiani (e non solo) stanno sparendo i ricevitori radiofonici via etere (FM e AM). E quindi chi vuole ascoltare le trasmissioni utilizza quella che sta diventando la piattaforma di distribuzione principale domestica: la tv.
Lo scriviamo da tempo su queste pagine: se gli editori radiofonici non vogliono perdere “quel che resta del giorno” in termini di ascolto indoor, devono presidiare la televisione. Gran parte delle emittenti più consolidate lo ha capito o lo sta capendo, come dimostrano i recenti sbarchi su mux nazionali o locali DTT di marchi/palinsesti radiofonici. La tv, nella sua versione smart, consente altresì di attingere alle emittenti presenti in streaming attraverso l’aggregatore TuneIn, la cui app è costantemente upgradata per i sistemi operativi di tutte le case produttrici di televisori (a differenza delle app delle singole emittenti che se non vengono aggiornate con gli upgrade delle tv non funzionano). Anche il sat tv è oggetto di forte interesse, sia nella declinazione pay Sky che in quella free Tivùsat (su cui è arrivato nei giorni scorsi anche il bouquet di Radio Mediaset). “Dal punto di vista normativo – spiega l’avv. Stefano Cionini dell’Area Affari Legali di Consultmedia (struttura di competenza a più livelli collegata a questo periodico) e socio confondatore della law firm MCL Avvocati Associati – occorre rilevare una notevole semplificazione dell’accesso al DTT per le radio, posto che l’art. 3, comma 12, dell’allegato A alla deliberazione Agcom n. 353/11/CONS del 23/06/2011, recante il “Nuovo regolamento relativo alla radiodiffusione televisiva terrestre in tecnica digitale”, stabilisce che “L’autorizzazione di cui all’articolo 3, comma 12, del regolamento recante la nuova disciplina della fase di avvio delle trasmissioni radiofoniche terrestri in tecnica digitale di cui alla delibera n. 664/09/CONS costituisce titolo per effettuare la trasmissione simultanea su frequenze televisive digitali terrestri del palinsesto diffuso dallo stesso soggetto su reti radiofoniche terrestri in tecnica analogica. Le numerazioni dell’ordinamento automatico dei canali della televisione digitale terrestre di cui alla delibera n. 366/10/CONS attribuite ai palinsesti radiofonici di cui al presente comma non rientrano nel limite dei sei programmi di cui all’articolo 5, comma 4, lettera g) dell’allegato A alla predetta delibera, né nel numero minimo di programmi televisivi per ciascun blocco di diffusione di cui all’articolo 1, comma 1, lett. q) del regolamento.” Peraltro, ai fini dell’attribuzione del LCN alle emittenti radiofoniche, la sopra richiamata delibera Agcom 366/10/CONS, all’art. 9, comma 2, recita “Alle numerazioni per i servizi radio é riservato l’ottavo arco di numerazione” (intendendosi con ciò i numeri del telecomando compresi tra 701 e 799). Dal combinato disposto delle citate norme, un’emittente radiofonica abilitata ex L. 66/2001 e titolare di autorizzazione per la fornitura di programmi radiofonici numerici destinati alla diffusione in tecnica digitale su frequenze terrestri che intendesse essere veicolata sul DTT, ai sensi dell’art. 12 comma 3 della delibera Agcom n. 664/09/CONS, dovrebbe meramente comunicare l’avvio di tale attività, non essendo previsto il rilascio di autorizzazione specifica (come invece nel caso dei fornitori di servizi di media audiovisivi non già titolari di abilitazione)”. Essere trasportati con un flusso audio a 128k ed una componente video identificativa che arriva al massimo ad occupare 0,5 MB, ha oggi costi contenuti: tra 500 e 1.000 euro al mese oltre IVA in aree demograficamente rilevanti come la Lombardia. Investimenti che ogni emittente radiofonica dotata di una dignità d’impresa dovrebbe pianificare. “In realtà, la sfida che vogliamo lanciare – continua Massimo Lualdi, avvocato senior partner di Consultmedia (che attraverso il servizio Xchange offre alla propria clientela formule vantaggiose di veicolazione DTT) e di MCL Avvocati Associati – è portare le web radio più importanti sul DTT, attraverso il rilascio di autorizzazioni FSMA di carattere comunitario o commerciale locale. Le prime domande le avanzaremo in questi giorni”. Dal matrimonio tra radio e tv è poi nata la cd. “radiovisione”, il tertium genus che ha consentito lo sviluppo di un medium ibrido dalle enormi potenzialità commerciali, soprattutto in relazione alla gestione degli eventi esterni. (E.G. per NL)