C’è un retaggio dell’era analogica, anzi di quella pre-regolamentazione, che non abbandona gli editori radiotelevisivi locali. Parliamo della copertura del territorio, al di là di ragioni concrete di natura commerciale ed editoriale. Illuminare per illuminare, in sostanza.
Un tempo ciò accadeva attivando trasmettitori FM o UHF fuori dal proprio bacino, nell’intento di arrivare sempre più in là; anche se poi la raccolta pubblicitaria raramente eccedeva la propria provincia o, al più, la regione di appartenenza.
Un sostanziale feticismo radioelettrico, destinato a presentare un conto in termini di sottrazione di risorse all’area di mercato primaria o alla cura del prodotto editoriale in sé.
Erano 8.000, giovani. Ma non tanto forti
Tanto è vero che delle oltre 8.000 emittenti radiofoniche attivate tra il 1975 ed 1989, meno di due decine sono diventate reti nazionali e più o meno un numero equivalente possono essere qualificate come superstation, il tertium genus della radiofonia italiana. Una condizione, va detto, non determinata illo tempore da filtri d’ingresso, ma dalla sostenibilità del mercato.
Tendenze che ritornano
Una tendenza, quella dell’estensione della copertura fine a sé stessa, che, con l’avvento del digitale, si è riproposta con emittenti aventi identificativi o contenuti prettamente locali che poco c’azzeccano con territori distanti fisicamente, culturalmente, economicamente.
Prima con le tv locali, poi con le radio
E’ accaduto con le tv locali col DTT (prima che il refarming della banda 700 MHz riducesse gli spazi e conseguentemente aumentasse il costo della capacità trasmissiva) ed accade ora con le radio locali col DAB.
Nomi e contenuti
A Milano, come a Roma, Torino, Genova, ecc., scorrendo la lista delle 150 stazioni ricevibili sull’autoradio, si leggono infatti nomi o si ascoltano contenuti che, al territorio colonizzato, hanno veramente poco da dare (e da prendere).
E’ la stessa euforia di copertura che aveva caratterizzato l’accensione selvaggia in FM prima del censimento ex L. 223/1990 (quella che gli editori ricordano di più come Legge Mammì, la prima organica del settore).
Azzardi
Un azzardo che presto però presenterà il conto non solo nella sua componente evidente, quella dei costi per la veicolazione (la capacità trasmissiva), ma anche in quelle spesso sottovalutate.
Licenze territoriali
Prendiamo, per esempio, i canoni per l’utilizzo di software, servizi, apparati broadcast. Nella quasi totalità dei casi, i termini di licenza sono ancorati alla copertura del licenziatario (la diffusione via etere, FM, DAB, DTT). Eppure pochi editori si ricordano di questo aspetto quando proclamano la propria sopravvenuta estensione territoriale; così legittimando i licenzianti a rivedere i contratti. Ovviamente in aumento.
Concetti di diritto. E di fatto
Se pertanto è vero che, con il progressivo sviluppo della fruizione in streaming, la dicotomia locale/nazionale è sempre meno giustificata (e prima poi legislatore e regolatore lo recepiranno), dall’altra parte, esiste una codificazione fattuale dell’ambito diffusivo, determinata dalle potenzialità economiche e commerciali e dal modello editoriale prescelto.
Al cospetto della quale l’euforia della copertura deve necessariamente confrontarsi. (M.R. per NL)