Gennaio 2021 a -34,5% per la radiofonia.
E’ vero che il gennaio dell’anno scorso era stato un mese più che brillante (+15,7% sull’anno precedente). Tuttavia il fatto che a gennaio 2021 la raccolta pubblicitaria radiofonica abbia registrato un -34,5% è un segnale allarmante.
Soprattutto che, come sembra, analoga riduzione non avesse interessato gli altri mezzi. Quali potrebbero essere le cause di questa disparità di performance?
Ne abbiamo individuate almeno quattro.
L’incertezza socio-economico-sanitaria pesa ancora a gennaio 2021
“Dobbiamo purtroppo rilevare che ad inizio di quest’anno permangono tutte quelle situazioni negative e di incertezza che condizionano pesantemente gli investimenti pubblicitari delle aziende“, spiega Fausto Amorese di FCP, la federazione delle concessionarie pubblicità (divisione Assoradio).
Stop & Go deleterio
“L’emergenza epidemiologica pesa nella sostanza su tutto il territorio, ma evidenzia situazioni di maggior criticità a ‘macchia di leopardo’. Ed a ciò si aggiunge un quadro di regolamentazione (aperture, chiusure, restrizioni orarie…) che varia fortemente di giorno in giorno”, continua Amorese.
Depotenziato utilizzo tattico e territoriale del mezzo
“In tale contesto sanitario ed economico l’utilizzo tattico e territoriale dello strumento radiofonico risulta ampiamente depotenziato. Un consistente numero di piccole e medie aziende, rappresentate dal comparto degli esercenti e da tutte quelle attività economiche la cui esistenza è oggi minacciata, non può o non è attualmente in grado di affrontare investimenti economici in comunicazione”, annota il presidente di Assoradio FCP.
La crisi politica di gennaio 2021
Il mese di gennaio 2021 “è stato in gran parte condizionato anche da elementi politici di incertezza, con una crisi di governo che, prima di trovare l’attuale ‘punto di equilibrio’, ha costituito un fattore di disorientamento dell’opinione pubblica e di ulteriore incertezza”, rimarca Amorese.
Difficile fare previsioni
“Anche in termini prospettici è difficile ipotizzare quello che sarà il trend dell’attuale contesto, che vede presenti due dinamiche fortemente contrapposte. Da un lato la rassicurazione derivante della progressiva attuazione delle vaccinazioni e delle misure economiche legate ai fondi europei (Recovery Fund). Dall’altro la sperimentazione quotidiana di ‘varianti pandemiche’ ed il perdurare delle stringenti misure restrittive”, conclude il presidente di FCP-Assoradio.
Al di là delle dichiarazioni
La cartina al tornasole sarà la verifica se il dato pesantemente negativo della raccolta radio a gennaio 2021 troverà conferma a livello di trend sugli altri mezzi. In particolare tv e web, considerato che la stampa soffre di una crisi endemica che va al di là di quella economica da Covid-19.
Perché la radio ha pagato un prezzo più alto di altri media?
Nei mesi scorsi così infatti non era stato. E la radiofonia aveva pagato un prezzo più elevato di altri mezzi. Perché?
In parte per il fatto che in Italia la radio è venduta, almeno per quanto riguarda qualche superplayer (che però incide notevolmente sul dato complessivo), a pacchetto con la tv. E, quindi, in periodo di vacche magre, la strategia è stata quella di incidere il meno possibile sul volume di vendita di quest’ultima. A scapito della radio.
Differenza di perfomance tra i vari gruppi
Ciò spiega le differenti performance dei vari gruppi radifonici.
Dove la Radio è l’unico medium commercializzato (magari con concessionaria captive) oppure quello di punta, i risultati negativi sono stati più contenuti. Nei casi in cui, invece, il mezzo risultava gregario in un complesso multimediale (soprattutto televisivo), il danno è stato estremamente rilevante.
L’assedio degli OTT
Una seconda ragione può essere rinvenuta nel fatto che la radio, più di altri mezzi, sta soffrendo la competizione del web ed in particolare degli OTT (social media in testa).
La tendenza all’autoreferenzialità
E poi, a dirla tutta, la radiofonia soffre di eccessiva autoreferenzialità, un atteggiamento da sempre guardato con estremo sospetto dal mondo pubblicitario.
A partire dalle indagini d’ascolto gestite da se stessa (la società TER Tavolo Editori Radio è costituita e gestita da radiofonici che rilevano loro stessi), su cui l’UPA (Unione Pubblicitari Associati) ha sollevato di più un Je t’accuse.
… e quella alla sottovalutazione dei competitor
Un’altra nociva propensione della radiofonia (italiana) è quella di ostinarsi a non riconoscere l’esistenza di pericoli competitivi reali, come è stato per le piattaforme di streaming on demand. Spotify in testa, fin qui apertamente riconosciuto nella sua reale condizione di competitor radiofonico solo da RAI.
Il rischio di isolamento
E, si sa, in ambito economico la propensione a determinare i propri stati internamente, con un processo di interazione circolare tra gli elementi che li costituiscono, è da sempre indiziaria di una crisi di relazione col mondo esterno. Che porta ad un progerssivo isolamento. (E.G. per NL)