Le nuove generazioni – e nello specifico i millennials – si fidanzano più tardi dei loro genitori, si muovono meno, posticipano le prime esperienze sessuali (gli studiosi stimano che oltre il 50% dei giovani nati nel 2000 avranno il loro primo rapporto tra 20 e 25 anni, che non sarà nell’alcova a quattro ruote).
Colpa delle loro abitudini, ormai prevalentemente legate all’online, che hanno cambiato l’ordine delle priorità.
Un esempio su tutti, la patente: per i diciottenni ottenere la patente non è più un passaggio essenziale (e talvolta drammatico), paragonabile all’esame di maturità, come lo era in assoluto un tempo.
Questo perché siamo approdati in un momento storico dove possedere l’ultimo upgrade degli smartphone, oppure uno strumento informatico all’avanguardia garantisce alle generazioni del 2000 uno status symbol più elevato, rispetto all’autovettura in quanto tale; in sostanza, la connessione virtuale sembra interessare di più che non quella fisica, che presuppone mobilità.
I giovani di oggi viaggiano sì, ma con altri mezzi e obiettivi, scardinando quel principio che voleva l’automobile come uno dei primi passi di emancipazione ed ingresso nella vita adulta.
Alcuni dati dipingono bene il quadro: nel 2004 in Italia furono rilasciate 743.799 patenti a giovani di età sino a 21 anni; nel 2016 lo stesso dato è diminuito del 13,67%, posto che gli “under 21” neopatentati l’anno scorso sono stati 654.335. Se si osserva il quadro generale, rispetto al 1992, nel 2012 le patenti B sono crollate del 39%; il dato è emblematico e la tendenza, registrata (e successivamente presentata al convegno della Federazione Internazionale dell’Automobile nel settembre 2015 a Londra) dimostra come le nuove generazioni avvertirebbero molto meno il fascino dell’autovettura, mostrando un quadro senza precedenti storici.
In Italia, questa tendenza risulta confermata dai dati relativi al rilascio di nuove patenti (dati del Ministero dei Trasporti), pur tenendo conto del mutare del quadro demografico italiano: nel 2014 la fascia di età da 15 a 24 anni della popolazione italiana sommava 5.977.240 persone, mentre nel 2004 lo stesso gruppo arrivava a 6.131.642 di unità. Si tratta dunque di una diminuzione del 2,5%, ben inferiore a quella registrata nel rilascio delle patenti (Fonte Alvolante.it).
Secondo alcuni recenti studi antropologici, al di là dell’acquisto o meno del veicolo o del conseguimento della licenza, a mutare con le generazioni più recenti sarebbe stato proprio “il pathos” che ruota intorno all’universo delle quattro ruote: le strade sono ormai quelle della rete, da dove passano nuove possibilità, comprese quelle di una mobilità meno pesante, più rapida e – perché no? – anche più green.
“L’automobile oggi è solo uno strumento per muoversi, ma per dove? La Rete occupa la maggior parte del tempo dei giovani, il social network sostituisce l’andare al bar o in piazza” spiega l’antropologo Marco Aime. In fondo, più l’ecosistema diventa digitale e perde consistenza, più lo spostamento nello spazio e nel tempo si smaterializza: diminuiscono concretamente le necessità quotidiane di muoversi, soprattutto quando ancora non si è trovato un posto di lavoro, oppure, si sta studiando.
Davvero interessante però, è constatare quanto, nonostante i dati rivelino un calo negli acquisti della prima auto da parte dei giovani italiani, quando ciò avviene è richiesta come condizione essenziale che quest’ultima sia dotata di un’autoradio evoluta, a dimostrazione che per il popolo italiano rimane considerevole l’ascolto della radio alla guida, soprattutto per le fasce di età tra i 18 e i 35 anni (le fasce precedenti sono invece ormai compromesse, come confermato dal Censis che ha convalidato anche i Italia le tendenze fotografate negli USA dal Rapporto Miller). Prova ne è che si ottengono dati sempre in crescita e mai in calo, fenomeno che sembra voler cozzare con i dati raccolti nella precedente inchiesta. Eppure, per quanto si acquistino meno veicoli e più smartphone, non vi è automobile in circolazione, che non possegga un’apparecchiatura radio molto spesso all’avanguardia.Si tratta di un diverso punto di vista della medesima fattispecie, dove il richiamo di uno spostamento spaziotemporale (non esclusivamente fisico) è intrinseco della realtà a quattro ruote: mentre si guida l’accompagnamento infomusicale (news, traffico, meteo contornate da musica) pare imprescindibile. Va da sé, che per il guidatore non è possibile utilizzare altre piattaforme tecnologiche e quindi non stupisce che il 67% della popolazione italiana utilizzi la radio in auto almeno una volta al giorno, come emerge da un’indagine dedicata alle abitudini di ascolto in movimento che attesta, tra l’altro, che il numero delle persone che ascolta il medium su autovetture è aumentato nel 2017 del 7% rispetto alla rilevazione del 2016 (il rilievo è stato condotto su un campione di 1000 individui suddivisi per sesso, 4 fasce d’età e 4 aree geografiche, in relazione all’universo della popolazione italiana tra i 18 e i 54 anni).
L’ascolto della radio in auto è stato analizzato in situazioni distinte ed il fine settimana si conferma il momento più importante (50,9%). Dalla ricerca emerge anche che, la dotazione tecnologica delle autoradio è cambiata: oggi è possibile collegare un smartphone all’autoradio attraverso il sistema Bluetooth con la conseguente crescita dell’utilizzo di app ideate appositamente per il guidatore (oltre ovviamente alla fruizione di radio diffuse via IP) o ancora attingere ai bouquet DAB+, ovviamente nelle aree italiane in cui questi sono presenti. Insomma, tirando le somme: 1) le nuove generazioni formano sempre meno automobilisti, ma quando i giovani lo divengono, la radio è un must; 2) la radio riveste prevalentemente un ruolo informativo (news, traffico, meteo) e d’intrattenimento, come dimostrato dalla scarsa o nulla competizione determinata – a parità di piattaforma distributiva – da collettori esclusivamente musicali. (E.G. per NL)