“Il Ministero dello Sviluppo economico può prorogare per ulteriori sei mesi il regime convenzionale con Radio Radicale” e quindi la storica Radio Radicale, che “assicura un servizio di pubblica utilità, fondamentale per la corretta formazione dell’opinione pubblica e dunque per la qualità della nostra democrazia”, rischia la chiusura dal 21/05/2019, data di scadenza dell’attuale convenzione.
Si esprime così il PD con una mozione firmata dal capogruppo Andrea Marcucci e dai senatori Francesco Verducci e Matteo Renzi, con l’adesione anche dei senatori Pier Ferdinando Casini e Albert Lanièce, vicepresidente del gruppo per le Autonomie.
La mozione “impegna il Governo a trovare 5 milioni di euro per rinnovare la convenzione dopo il prossimo 21 maggio, consentendo il completamento della programmazione editoriale della Radio”.
Nella L. 145/2018 (legge di Bilancio 2019) il budget precedente di dieci milioni all’anno (vincolato all’assenza di veicolazione di contenuti pubblicitari e rinnovato di anno in anno) è stato ridotto a 5 milioni, anche se in realtà a tale provvista vanno aggiunti i 4 milioni erogati ex L 230/1990 a favore delle emittenti che trasmettono “quotidianamente propri programmi informativi su avvenimenti politici, religiosi, economici, sociali, sindacali o letterari per non meno di nove ore comprese tra le ore sette e le ore venti” e che sostanzialmente è ormai una legge ad personam, visto che solo Radio Radicale ne beneficia (ma anche tale norma sarà abrogata dal 2020).
Ma la domanda che ci facciamo, fuori dal coro di coloro che si strappano le vesti, è un’altra: nel 2019 è così indispensabile la presenza in FM di Radio Radicale alla luce dell’avvicendamento tecnologico? A parte la piattaforma IP, il DAB+ ed il DTT non basterebbero all’erogazione del particolare servizio di Radio Radicale?
Con meno di 500.000 euro annui, Radio Radicale potrebbe essere trasportata su un mux nazionale DTT con buona diffusione con un prodotto audiografico dinamico (contenuti grafici insieme all’audio), così consentendo alla stazione di rimanere ampiamente nel budget statale (tutti hanno un tv a casa, ma solo il 40% delle abitazioni ha un ricevitore FM). Senza considerare che la vendita della rete FM, unitamente alla concessione commerciale, a quel punto non più essenziale (posta la presenza di una autorizzazione come fornitore di servizi di media audiovisivi nazionale per il DTT e di una autorizzazione come fornitore di contenuti nuovo entrante per il DAB+), potrebbe generare un importante flusso di cassa.
Ergo: anziché stimolare piagnistei di facciata, perché non guardiamo alla realtà dei fatti? Quanti ascoltano Radio Radicale in FM e quanti di loro potrebbero farlo tranquillamente sulle altre piattaforme distributive? Secondo noi, quasi tutti. Con un notevole risparmio di soldi pubblici. (M.L. per NL)