Gianluca Costella: Sono cambiati i tempi e l’offerta; quello che una volta era sufficiente oggi non lo è più.
Spotify è il competitor della radio quando si cerca una playlist solo musicale.
Quanto è importante un software di scheduling o perché è fondamentale un processore sonoro non dovrebbero essere argomenti di discussione nel 2024: sono strumenti che una stazione radio professionale deve assolutamente possedere. Non è possibile poter governare una playlist musicale senza un software adeguato.
Oggi si deve stupire l’ascoltatore, bisogna andare oltre le sole hits, perché si rischia di annoiare, deludere e non dare valore aggiunto. Occorre dosare i brani noti con le chicche, che però danno un’identità importante.
Nomen omen: e’ iniziata una nuova battaglia strategica, al pari di quella che è accaduta negli anni 70, quando si andava a cercare la postazione migliore per installare un ripetitore. Ora è cambiato il territorio, ma il fine è identico: conquistare e mantenere il proprio pubblico.
La FM analogica svolge ancora un ruolo determinante. Ma tra dieci anni al massimo lo scenario sarà completamente mutato, così come il modo di fruizione.
Il contesto
Da tempo Newslinet sta dedicando articoli di approfondimenti sui layout radiofonici al cospetto della presenza, sempre più insidiosa, di competitor della radio nel campo della somministrazione musicale.
Ci riferiamo, naturalmente, alle piattaforme di streaming on demand, che, inizialmente sottovalutate da molti editori, hanno goduto troppo a lungo di tale incomprensibile inerzia, radicando la propria posizione.
Per fortuna, un ravvedimento (ancorché tardivo) ha consentito di arginare la deriva, apponendo alcune contromisure.
L’intervista
Di questo e di molto altro, parliamo con Gianluca Costella, responsabile dei canali digitali di Deejay, Capital ed m2o, del gruppo GEDI, in una lunga intervista che abbiamo deciso di dividere in due parti.
Quel che non basta più
(Newslinet) – Ha senso una radio musicale senza conduzione oggi?
(Gianluca Costella) – Sono cambiati i tempi e l’offerta in modo radicale e quindi quello che una volta era sufficiente, cioè avere un formato musicale nitido, in sintonia col target e ben confezionato, oggi non lo è più. Non basta proporre una playlist precisa, che si rivolge ad un target musicale ben definito, ad una determinata decade, ma occorre che, abbinato al “letto musicale”, ci sia qualche elemento in più, che le dia vita.
Quando Spotify è un concorrente della radio
Spotify è il competitor della radio quando si cerca una playlist solo musicale. La piattaforma la genera in modo sterile, ma ben connotata, e può capitare di atterrare lì perché è un terreno poco invasivo e con un impatto pubblicitario contenuto. La selezione musicale magari non sarà stupefacente, a differenza di quella che possiamo offrire noi esperti di musica broadcast, ma sufficientemente piacevole.
Interferenze digitali
Nell’era digitale, abbandonate le interferenze analogiche, Spotify rappresenta sempre più il “disturbo” della FM.
Come difendersi (dallo streaming audio on demand)
Ma come si possono difendere le stazioni radio “sotto attacco” che hanno come elemento centrale la musica, talvolta “non stop”? Aggiungendo elementi di contenuto esclusivi allineati al proprio formato. In definitiva, si ritorna alle origini delle radio libere.
Gianluca Costella: attenzione, non tutto è stato già scoperto!
Qualche tempo fa mi è capitato di ascoltare una stazione di New York che propone musica 60, 70, 80. Mi è piaciuta molto perché mandava in onda una playlist perfetta, molto bella, pop: tutti i grandi classici in rotazione, ma anche brani riscoperti e rilanciati, trattando il brano dimenticato come se fosse una novità, con più passaggi al giorno. Idea innovativa e accattivante.
Sguardo al passato…
I conduttori di questa radio non schiacciavano l’acceleratore sull’effetto nostalgia, facevano riferimento al passato con aneddoti e notizie musicali, ma erano molto radicati al presente parlando di mode ed attualità.
… dal presente
Essere troppo legati al passato provoca malinconia, così facendo questo rischio è scongiurato.
Tiberio Timperi
In Italia ho sentito una cosa simile dal mio amico Tiberio Timperi, recentemente tornato in radio, che utilizza questa cifra stilistica. Si collega al disco appena suonato, racconta quel che era successo 30 anni prima in questo periodo, ma allo stesso tempo parla d’attualità, creando un asse immaginario tra oggi e ieri. E il gioco “back and forth” funziona.
Non solo mix
In sintesi il mix musicale è fondamentale, importantissimo. Ma non è tutto.
MusicMaster
(NL) – Quanto è determinante l’impiego di un software di schedulazione come MusicMaster?
(Gianluca Costella) – Siamo nel 2024 e dobbiamo ancora parlare di questo? Ci sono delle cose che non possiamo più metterci a un tavolo e discutere. Una di queste è quanto è importante un software di scheduling o perché è fondamentale un processore sonoro.
Strumenti imprescindibili
Sono strumenti che una stazione radio professionale deve assolutamente possedere.
Playlist ingovernabile senza software adeguato
Non è possibile poter governare una playlist musicale senza un software adeguato. Torno al discorso di prima: anni fa era fattibile. Io stesso l’ho messo in pratica nel passato; una cosa che si poteva fare senza problemi era decidere di fare una radio dal formato musicale preciso.
Cataloghi ristretti, addio
Che so, mando in onda solo musica anni 60, seleziono i 600 brani più forti di quella decade. E ho risolto.
Tempora mutantur
Ma sono cambiati i tempi: ci sono competitor, anche nativi digitali, agguerriti. Oggi si deve stupire l’ascoltatore, non è più sufficiente mandare le hit di quella decade perché rischi poi di annoiare, deludere. E non dare valore aggiunto alla tua stazione.
Le chicche
Occorre riuscire a dosare i brani con una forte notorietà a titoli magari meno conosciuti (le cd. “chicche”) che però ti danno quella importante identità. E questa cosa solo un software la può gestire correttamente perché puoi proteggere i brani più difficili; ti consente di governare correttamente i vari generi che compongono la playlist musicale, ecc. Questo sia che tu faccia una radio dal formato old, piuttosto che rock o contemporary hit.
Schedulazione e processore
Un buon software di scheduling è importante come un processore audio top.
E’ fondamentale avere una modulazione controllata dall’appeal importante e di alta qualità, con la possibilità di controllare per esempio la “loudness war”. Che è un tema di cui tanto si sta dibattendo in questo periodo.
Difficile convivenza
Ed è difficilissimo, per esempio, far convivere un brano nuovo con un brano degli anni 70 perché hanno caratteristiche sonore diverse per cui un processore della vecchia generazione faticherebbe a gestire correttamente.
Continuità sonica
Ci sono macchine dell’ultima generazione che, invece, riescono a gestire anche questo aspetto e sono fondamentali per dare una continuità sonica.
Fino a che la radio sarà prevalentemente analogica ogni editore avrà il desiderio di prevaricare il più possibile il rumore della FM, i fruscii, i disturbi. E se non si dispone di un buon processore che lavora bene, offrendo una densità costante, mantenendo la deviazione secondo le normative, si è più soggetti ad interferenze.
Esigenze diverse, ma qualità costante
In digitale non esiste questa problematica, ma anche qui la qualità è fondamentale.
200 stazioni DAB a Milano e 100.000 flussi streaming
(NL) – 200 stazioni DAB sintonizzabili a Milano. 100.000 flussi streaming radiofonici. Come essere scelti? Se la regola del nomen omen e l’impiego di alias sono requisiti di fatto, esiste la necessità di adattarsi anche alla ricerca vocale, sempre più frequente in casa (con gli smart speaker) e sull’auto (con Google)…
(Gianluca Costella) – Nomen omen: spieghiamolo agli amici francesi dove opera una radio di buon successo e che mi piace moltissimo, SkyRock, che propone hip hop! Riflessione divertente a parte, è il grande problema di oggi, perché un tempo era sufficiente avere un nome accattivante. Facciamo un salto indietro…
Gianluca Costella: DeeJay all’inizio era ascoltata perché aveva un nome trendy
Quando è nata Radio Deejay (1982, ndr), proprio i primi periodi, aveva una programmazione musicale abbastanza difficile; ma il nome era talmente bello ed era di moda dire “ascolto Radio Deejay” da averla sintonizzata in auto o in negozio. E così che il marchio ha avuto da subito un appeal pazzesco.
Non basta (più) nemmeno il claim
Oggi è cambiato tutto, quindi non solo occorre un marchio forte, ma ci devono essere anche altri accorgimenti. Non basta nemmeno il claim fortemente identificativo, che ti posiziona.
Basta con l’abuso dei caratteri speciali
Sul DAB c’è il problema dell’ordinamento alfabetico e spero che quanto prima arrivi una regolamentazione almeno per l’utilizzo dei “caratteri speciali” che consentono alle stazioni di posizionarsi all’inizio dell’elenco. Così come la vicinanza a marchi importanti, che generano un effetto traino “dopante”: è più facile trovare la stazione, ma altrettanto semplice è deludere l’ascoltatore se il prodotto non è all’altezza.
Valutazioni preliminari sulle invocazioni
Veniamo allo streaming: se si interroga vocalmente un device desiderando ascoltare “solo musica anni 90” non è così scontato che si vada a intercettare la stazione radio che ha come claim “solo musica anni 90”. Il rischio è che si peschi nel mare delle playlist anonime, che si perda il proprio pubblico. E’ necessario studiare molto bene questo aspetto e chi dovesse avviare una nuova stazione deve tenerne conto.
E’ cambiato il metodo di conquista del pubblico
E’ iniziata una nuova battaglia strategica, al pari di quella che è accaduta negli anni 70, quando si andava a cercare la postazione migliore per installare un ripetitore o si tentava di pianificare meglio le frequenze. Ora è cambiato il territorio, ma il fine è identico: conquistare e mantenere il proprio pubblico.
Formati inespressi
Nel nostro paese ci sono dei formati radio che sono molto nitidi, rhythmic, musica italiana, rock e ce ne sono altri generalisti che definisco accoglienti.
Il caso DeeJay secondo Gianluca Costella
È il caso di Radio Deejay che ha all’interno della propria programmazione musicale molti ingredienti di altissimo livello e qualità. E questi possono essere funzionali, per esempio, nel mondo delle radio digitali.
DeeJay Time
Le web radio esplodono una serie di playlist musicali. Un esempio: abbiamo la web radio “Deejay Time” con il meglio della musica anni 90 scelta da Albertino. Credo che in quell’area non abbiamo competitor, perché siamo i più forti.
Verticalità
Logico è che se Radio Deejay non avesse avviato un progetto digitale verticale di quel tipo, magari il pubblico della radio e i fans di Albertino che avessero voluto ascoltare qualche cosa di piacevole degli anni 90 avrebbero potuto interrogare un device e atterrare su un’ottima playlist fatta da un perfetto sconosciuto o peggio ancora una playlist realizzata da una radio competitor.
Proteggere il proprio formato
Quindi è importante non solo farsi trovare, ma anche proteggere il proprio formato con spin-off digitali che vanno a intrattenere il proprio pubblico che altrimenti andrebbe parzialmente disperso. Non a caso disponiamo di oltre 40 radio digitali distribuite dalle app di Deejay, Capital, m2o e OnePodcast oltre ai canali televisivi Deejay Tv, m2o Tv e Radio Capital Tv.
FM per 10 anni al massimo
La FM analogica svolge ancora un ruolo determinante. Ma per quanto? Tra 10 anni al massimo lo scenario sarà completamente mutato così come il modo di fruizione. (…segue…). (M.L. per NL)