Esiste una relazione tra ciò che i conducenti ascoltano in radio (in generale, quindi non esclusivamente a livello di spot) ed il loro successivo comportamento concludente (cioè nei fatti)?
L’azienda statunitense produttrice di autoveicoli General Motors Corporation (nota anche come GM) per verificarlo, ha condotto un test di raccolta dati via radio al fine di tracciare le abitudini di ascolto dei guidatori.
Si tratta, in definitiva dell’applicazione ai media tradizionali dei principi che da tempo governano la pubblicità e l’influencing via web.L’esperimento lanciato da GM è durato tre mesi ed è stato condotto in due città americane, Los Angeles e Chicago, su un campione di 90mila conducenti che hanno acconsentito a parteciparvi.
Per comprendere meglio la ratio del test, assumiamo a riferimento uno degli episodi che l’ha contraddistinto, quello di un automobilista che, durante la guida, ascoltava spesso una radio locale e si fermava spesso a mangiare in un dato locale (non pubblicizzato dalla stazione).
Il colosso automobilistico americano si è servito di queste informazioni per capire se l’inserimento nel palinsesto dell’emittente in questione di un annuncio pubblicitario di un altro locale e, quindi, diretto a quel preciso ascoltatore, avrebbe potuto influenzare le sue scelte e le sue abitudini.
Stando ad una dichiarazione di un portavoce di General Motors al The Detroit Free Press, riportata da un articolo di Radio Ink, i dati raccolti con questo test potrebbero aiutare la stessa azienda a sviluppare un modo migliore per misurare l’ascolto della radio e, conseguentemente, a ideare qualcosa su cui gli inserzionisti vorrebbero mettere le mani, in modo tale da poter lanciare pubblicità radiofoniche più mirate, sul modello della profilazione web.
Anche Jim Cain, Senior Manager, Sales and Executive Communications di General Motors, ha guardato con positività i risultati ottenuti tramite questa ricerca: secondo lui, infatti, questo studio risulta più efficace rispetto al sistema di classificazione attuale utilizzato dalla radio per raccogliere i dati degli ascoltatori.
“I metri di valutazione radiofonici correnti si basano su sistemi come, ad esempio, il Portable People Meter [PPM, noto anche come Nielsen Meter, è un sistema sviluppato da Arbitron – ora Nielsen Audio – per misurare quante persone sono esposte o ascoltano singole stazioni radio e stazioni televisive, compresa la televisione via cavo, ndr] che tuttavia presentano delle limitazioni. Tra queste, va menzionato il campione ridotto su cui effettuare la ricerca. Le radio IP, invece, generano dati che potrebbero consentire la misurazione di più mercati radiofonici e fornire molte informazioni preziose”, ha osservato Cain.
A primo impatto, questo nuovo test di valutazione volto a tracciare le abitudini di ascolto al fine di creare pubblicità sempre più personalizzate, tende ad allineare i media tradizionali alle metodologie di classificazione degli utenti usuali nel mondo social, con il potenziamento dei noti rischi connessi all’ingerenza nella privacy degli users; tuttavia pare anche una tendenza inevitabile, se i mezzi di comunicazione non IP vogliono competere ad armi pari con gli OTT del web.
Per ora si è trattato di un singolo test e Cain fa sapere che i lavori sono in corso d’opera: “Siamo consapevoli che possiamo raccogliere importanti informazioni sulle abitudini di ascolto via radio. Il nostro studio ha generato parecchio interesse negli inserzionisti e nei broadcaster. Al momento, però, non abbiamo nuovi progetti da annunciare”. (G.S. per NL)