Quello che sta avvenendo è il più lungo sciopero della storia di Radio France dopo il 2004; mentre si entra nella terza settimana di protesta non si intravede una possibile conclusione positiva del confronto tra governo, emittente e lavoratori.
France Inter, France Info, France Culture, France Musique e le altre emittenti statali dei cugini d’oltralpe funzionano a singhiozzo da più di quindici giorni: si tratta del più grosso movimento di protesta degli ultimi dieci anni. Sono i sindacati ad aver indetto la protesta: i giornalisti formalmente non sono in sciopero anche se sostengono il movimento, spiegandone le ragioni quando i programmi riprendono ad intermittenza. All’origine di tutta la bufera c’è la crisi che sta vivendo Radio France e le proposte della direzione per farvi fronte. I conti sono in rosso, precipitati anche a seguito delle spese folli per il discusso progetto di ristrutturazione della sede, il bell’edificio rotondo della Maison de la Radio nel XVI arrondissement, avviato dal direttore Mathieu Gallet (il manager tra le altre cose, ha fatto rimodernare il suo ufficio, cambiando moquette e riparando le boiserie, spendendo una cifra astronomica di 100 mila euro). Il cantiere è in ritardo, i lavori sembrano non finire mai e i soldi mancano: si pensa adesso di ricorrere a un mega prestito, di 150 milioni, che possa tentare di risollevare la situazione. Lo stato, che versa in difficoltà finanziarie – un po’ come tutti gli altri governi in questo periodo -, dal canto suo chiede tagli; la direzione di Radio France risponde proponendo di ridurre l’occupazione di 200–300 posti, in particolare attraverso strategie di pre-pensionamenti. I dipendenti delle emittenti statali non possono far altro che respingere questa ipotesi, che priverebbe le reti pubbliche della loro qualità: essi inoltre contestano a gran voce le altre idee del presidente Gallet, che pensa di limitare la trasmissione sulle onde fm escludendo quelle medie e lunghe, di aumentare la pubblicità (che è quasi assente e limitata a pubblicità istituzionali) o di liberarsi del peso di una delle due orchestre che dipendono da Radio France. Come i nostri lettori sapranno, Radio France è sotto tutela del Ministero della Cultura francese: è per questo che nei giorni scorsi, Fleur Pellerin, ha convocato Gallet ponendo un ultimatum di quindici giorni per presentare un progetto “strategico e finanziario stabile” per il futuro, chiedendo di fare economia e di prestare attenzione a spese e tagli – come d’altronde è stato fatto anche per altri settori -. Certo è che Gallet, che è stato consigliere ministeriale sotto la presidenza Sarkozy, in vista delle prossime presidenziali potrebbe cogliere la palla al balzo e cavalcare la crisi di Radio France per screditare la politica culturale del governo targato Hollande. (V.R. per NL)