Come si difenderà la radio dai nuovi digital competitor Pandora e Spotify? È indubbio, infatti, che le due piattaforme di audio streaming si siano ben stanziate nel mercato digitale grazie alle numerose sottoscrizioni di abbonamenti. La crescita del podcast come andrà ad influire sul futuro della radio?
È una situazione preoccupante per la sua stessa esistenza oppure si tratta semplicemente di servizi in aggiunta a ciò che la radio offre già ai suoi ascoltatori?
A tal proposito il quotidiano online RadioInk ha condotto un’indagine, intervistando direttamente i vertici per la programmazione radiofonica di alcune emittenti americane.
Tra questi, Mark Chernoff, VP per la programmazione di WFAN New York, ha così esposto il suo punto di vista in relazione alla possibile interferenza sulla radio da parte dei nuovi digital competitor: “Spotify e Pandora sono sostanzialmente piattaforme commerciali che offrono musica senza vincoli, mentre la radio fornisce in tempo reale le notizie, il meteo, le novità sullo sport, il traffico e in diverse stazioni radio i conduttori e gli ospiti sanno bene come creare il giusto intrattenimento con la musica. Noi della radio dobbiamo sempre autopromuoverci. Se gli ascoltatori desiderano musica illimitata e libera, credo allora debbano scegliere di utilizzare Spotify o Pandora, ma a parere mio la radio offre molto di più”.
D’altro canto, Jimmy Steal, PD di KWPR Los Angeles, ritiene che in questo nuovo contesto sia necessario che la radio si evolva: “Dobbiamo effettuare una trasformazione rapida dei nostri contenuti e creare nuove stazioni dai contenuti digitali, da inserire all’interno del sistema on demand attraverso i nostri canali digitali per completare i nostri programmi radio originali”.
Jeff Catlin, PD di KTCK Dallas (emittente radiofonica di proprietà della società di broadcasting Cumulus Media), invece, si dice sorpreso dal fatto che in molti possano migrare dalla radio ai digital competitor: “Le persone ancora adesso continuano ad ascoltare la radio e ad avere le loro frequenze preferite; in aggiunta, utilizzano le piattaforme di musica on demand. Se la radio tradizionale dovesse perdere ascoltatori, allora noi dovremmo essere in grado di capire esattamente cosa cerca la gente da questi nuovi servizi che, invece, la radio non riesce ad offrire loro”.
Dal suo punto di vista, poi, la radio rischia di essere troppo generica e omogenea, oltre a contenere troppe inserzioni pubblicitarie. “Il pubblico più giovane è abituato ad avere contenuti specifici, mirati e on demand. Le nuove generazioni non vogliono aspettare che finiscano gli spot adv per poter ascoltare le loro canzoni preferite, o attendere per sentire gli ospiti del loro talk show preferito. Vogliono avere tutto sempre e subito e la radio deve cercare di capire come soddisfare queste richieste”.
Infine, Gator Harrison, Brand Coordinator di iHeartCountry e PD di WSIX Nashville, richiama i dati recentemente pubblicati da alcune ricerche, che mostrano una situazione non tanto allarmante per il futuro della radio tradizionale: “Dalla conferenza di Liontree Media Slope di quest’anno è emerso che la radio AM/FM sta crescendo del 50% rispetto al 2017 (superando anche il 2015 – 47% – e il 2016 – 48%); per contro, Pandora ha registrato solo un 8% e Spotify un 4%. Anche i dati raccolti da Nielsen per l’anno 2017 confermano che la radio ha guadagnato il primo posto come mass media con il 93%, mentre la TV ha raggiunto l’88%. Secondo la ricerca condotta da Nielsen, iHeartMedia è la prima piattaforma audio online in America (91%), contro Pandora (34%) e Spotify (29%)” e conclude “La radio sarà sempre la compagna in grado di offrire ovunque e in tempo reale la musica. Le persone desiderano sempre essere connesse e la radio è in grado di creare queste connessioni meglio di qualunque altro mezzo”. (G.S. per NL)