Come sarà la radio del futuro? Lo spiega Consultmedia (struttura di competenze a più livelli in ambito mediatico collegata a questo periodico) in un report articolato in 5 punti, di cui pubblichiamo alcuni estratti.
La radio che ascolteremo, vedremo e “leggeremo” nei prossimi anni (cinque) sarà anzitutto ibrida (1° punto di rottura sulla continuità), cioè declinata su più piattaforme, sia via etere (FM, DAB+, DTT e sat), che tramite IP, con sempre maggiori velleità audio-visivo-testuali ed un vincolo più che una propensione all’adattabilità ad ogni dispositivo in grado di ricevere flussi a/v. Della necessità di essere presente nei televisori di casa per progressiva indisponibilità di terminali FM nelle abitazioni (attualmente 55%) abbiamo già ampiamente parlato su queste pagine, così come abbiamo a lungo discusso del fatto che le auto interconnesse siano dietro l’angolo (marzo 2018) e dell’imminente sviluppo delle connessioni mobili attraverso tariffe flat, dell’aumento del wi-fi gratuito incentivato dall’UE e dell’introduzione delle small cell a 5G. E, del resto, proprio sull’automotive si gioca il futuro del medium, considerato che gli under 18 sono ormai un target perduto, posto che è YouTube la loro principale fonte di accesso musicale. I giovani si accorgono dell’esistenza della radio solo quando diventano automobilisti, ma proprio per la loro formazione audiovisiva non riescono ad apprezzare un medium monosensoriale, che manca della (per loro imprescindibile) componente visiva. Comprensibile quindi che gli editori puntino ad esibire in video i loro conduttori, così come siano consapevoli dell’importanza (ancorché non fondamentale in sé) di accompagnare con immagini i brani musicali trasmessi. Conseguenza inevitabile delle constatazioni precedenti è che la radio diverrà soprattutto un medium da giovani-adulti e adulti (2° cambiamento epocale). Niente di irrecuperabile: è già così per gran parte dell’informazione (carta stampata e tv) ed è un dato di fatto che si diventa fruitori dell’informazione dopo l’adolescenza e più si cresce più si cercano notizie. Solo che per la radio è una rivoluzione copernicana, ancorché verificatesi nell’indifferenza e forse nell’inconsapevolezza dei più. D’altra parte, la convizione che sia la musica la principale accompagnatrice dell’automobilista è errata: compagnia ed informazione sono le priorità, quand’anche abbondatamente immerse nei contributi musicali. La radio del futuro sarà poi sempre più social secondo un circolo virtuoso a mente del quale l’una attinge agli altri ma al contempo li promuove (3^ metamorfosi). E proprio i social sono lo strumento di verifica più affidabile per il gradimento: una volta occorreva attendere mesi per capire (peraltro sulla base di dati non raramente controversi) se un programma aveva avuto riscontro, mentre ora l’immediato feedback consente tarature in tempo pressoché reale sui singoli contenuti, a partire dal singolo brano in onda. Cambiamente rilevanti sono poi attesi sul piano commerciale, col pensionamento (o quasi) del venditore pubblicitario, un tempo figura ricercata e superpagata, sostituito dal programmatic, ambiente semivirtuale dove un software declinato in ambito multimediale governa l’acquisto di spazi in funzione dei riscontri di un mezzo su un dato target con pagamento ex post (invece di un listino ex ante) in correlazione col pubblico effettivamente raggiunto (quarta alterazione degli equilibri radicati). La radio locale continuerà ad esistere, ma distinta non già in funzione dell’area di copertura (come avviene oggi con diffusione via etere), quanto dal progetto editoriale che troverà la sua conclamazione nella geolocalizzazione: le autoradio (nel senso più ampio del termine) ci indicheranno oltre alle radio divise per tema (solo anni ’70, solo funky, solo disco, ecc.) anche quelle specifiche di un dato territorio. Ciò comporterà la definitiva archiviazione delle distorsioni attuali basate sulle infrastrutture diffusive: non vincerà più chi ha segnali migliori ma chi saprà attirare e trattenere più a lungo o più frequentemente l’utente. Non troveranno soddisfazione i pessimisti che vedono la frammentazione del comparto posta l’accessibilità a mezzo milione di flussi streaming: ad organizzare e selezionare ci penseranno gli “aggregatori”, veri e propri motori di ricerca che agevoleranno la creazione di un menù di 35 stazioni (questa la sopportabilità dell’utente) suggerite sulla base delle abitudini del suo utilizzatore, fermo restando il libero arbitrio. Già ora ci sono algoritmi allo studio in tale direzione. E questa è la quinta epocale modificazione di un sistema consolidatosi su regole che ora saranno quasi integralmente riscritte. (M.L. per NL)