Non sorprendono – o quantomeno non dovrebbero farlo – i risultati della ricerca sull’ascolto radiofonico europeo nel 2018 effettuata dall’European Broadcasting Union (EBU): il tempo di fruizione della Radio progressivamente cala e con esso i suoi ascoltatori, soprattutto giovani. Ma attenzione: si tratta di un fenomeno che riguarda anche altri media ed in forma ancora più preoccupante.
A stupirsi saranno però solo i meno accorti, perché gli indicatori andavano e vanno tutti in quella direzione (e, beninteso, non certamente solo in Europa, come dimostrato dall’arcinoto rapporto Miller negli USA di due anni fa).
Partiamo dalla durata d’ascolto.
Secondo l’indagine EBU, in linea con la propensione ad una fruizione sempre meno prolungata, tipica di tutte le piattaforme mediatiche, il tempo medio di utilizzo della radio come medium si sta progressivamente riducendo. Negli ultimi 5 anni si è infatti contratto di ulteriori 14 minuti, giungendo ad una media di 2 ore e 22 minuti, che nel caso del target 15-24 anni (il meno propenso all’ascolto radiofonico) scende ancora di quasi un’ora, giungendo a 86 minuti.
Cala, come ben noto, la fidelizzazione tra i giovani (-4,3%), ma sostanzialmente tiene quella sugli adulti (-1,7%, anche se nel caso delle radio pubbliche il trend è peggiore), a confermare la tendenza più volte emersa su queste pagine: la Radio diventa sempre di più un mezzo per gli over 35.
Lato programmi, secondo il report EBU, la radio musicale (o, meglio, l’utilizzo della radio per ascoltare musica) continua ad essere la preferita, posto che per il 44% dei casi la fruizione è legata appunto alla musica. Seguono le news al 21% (molto insidiate dal web), i contenuti locali (ai minimi storici, col 12%), le trasmissioni divulgative, su arte, cultura e scienza (9%). Fanalino di coda – e significativo alert -, l’intrattenimento: solo 8%.
Tutto sommato, però, come anticipavamo in apertura, la Radio va meno peggio di altri media.
Lasciando da parte la tragedia della carta stampata, anche relativamente alla tv a causa dello stravolgimento delle modalità di somministrazione determinate dallo streaming video on demand (Netflix & C.), i tempi di i fruizione si stanno riducendo.
Ma è soprattutto con le testate online che si sta mostrando la più preoccupante tendenza da parte degli utenti. Quella di leggere solo titolo e sottotitolo degli articoli, restituendo allarmanti dati di Bounce Rate, cioè la frequenza di rimbalzo, termine utilizzato nell’analisi di traffico sui siti web. Un bounce (in inglese rimbalzo) avviene infatti quando l’utente abbandona il sito dopo aver preso visione di una sola pagina web entro pochi secondi. Molti sistemi di statistiche fissano il bounce rate a 30 secondi, ma oggi esso è arrivato all’incredibile soglia di 5 secondi. E ciò anche in presenza di una buona organizzazione dei contenuti e di un aspetto grafico accattivante, che dovrebbero stimolare l’utente a continuare nell’esplorazione del sito. Una distanza siderale rispetto alle 2 ore e 22 minuti di fruizione della Radio. (E.G. per NL)