YouTube censura il canale video di Radio Radio Tv da 18 mln di visualizzazioni/mese: scoppia il caso socio-politico-giuridico. I social media sono un centro di aggregazione di interessi virtuale che per loro natura travalicano gli elementi costitutivi dello Stato (popolo, territorio, sovranità) e che esigono l’introduzione di nuove forme di responsabilità.
I mali non vengono mai da soli
Week-end nero per la stazione romana Radio Radio. Prima un grave guasto agli impianti “probabilmente causato da una scarica esterna sulla linea Acea”, ha spiegato su Facebook il direttore Ilario Di Giovambattista, aggiungendo che il malfunzionamento elettrico “ha messo fuori uso i server per i nostri siti (radioradio.it e radioradioshop) e diversi mixer audio e video. I nostri tecnici lavorano da ore e continueranno stanotte e domani. Andiamo in onda con molte limitazioni”.
Poi – e soprattutto – la censura del canale YouTube dell’emittente – che con oltre 190 mila iscritti e 18 milioni di visualizzazioni/mese era balzato ai vertici della classifiche delle radio italiane – per presunte violazioni delle regole del collettore video.
Profezia
Non avevamo fatto in tempo a scrivere un editoriale sul rischio che le emittenti corrono a rendere i propri siti satelliti dei social anziché viceversa, che è letteralmente deflagrato in rete il caso del canale di YouTube Radio Radio Tv, oscurato per presunte violazioni delle regole dell’OTT.
Per capire cosa è successo ci affidiamo alle parole dell’editore della famosa stazione romana diffusa ormai in tv (DTT) in molte delle aree più popolose del territorio italiano, Fabio Duranti, al quale proprio poche settimane fa avevamo tributato l’incredibile successo registrato dal sito RadioRadio.it in occasione della crisi Covid-19.
Comunicazioni fantasiose e calunniose
“Siamo una RadioTelevisione italiana con concessioni e licenze pubbliche rilasciate dal Ministero dello Sviluppo Economico e dall’Autorità per le Garanzie delle Comunicazioni; le stesse Autorità pubbliche vigilano per legge sui contenuti da noi diffusi. Sul nostro canale YouTube pubblichiamo video estratti dalle trasmissioni in diretta delle nostre testate giornalistiche radiotelevisive e che, ovviamente, giammai hanno diffuso – né potrebbero farlo – contenuti che violano le vostre norme. Le vostre comunicazioni e l’oscuramento del canale sono pertanto fantasiose ovvero nella fattispecie palesemente calunniose; la censura subita si inquadra inoltre in abuso della vostra posizione dominante.
Diffida
Per quanto sopra vi diffidiamo: al ripristino immediato del canale; al ritiro di ogni calunnia verso i nostri riguardi; al risarcimento del danno cagionato. Seguiranno comunicazioni formali del nostro ufficio legale”, conclude la nota di Radio Radio Tv inviata a YouTube.
Oltre al danno la beffa
“Questa la nostra risposta a YouTube, nei limiti dei ristrettissimi 1000 caratteri concessi per difenderci e chiedere la riapertura del nostro canale Radio Radio Tv, con 190 mila iscritti e più di 2000 video al momento della chiusura”, sottolinea Fabio Duranti.
“Dopo il danno, c’è stata anche la beffa: l’accusa di pubblicare file video contenenti “minorenni in situazioni sessualmente allusive” non è solo un insulto alla nostra intelligenza, ma anche a tutti gli iscritti che abitualmente fruiscono della nostra piattaforma, testimoni della calunnia senza fondamento.
Perché agire in questo modo censorio e diffamatorio in modo univoco e senza possibilità di una reale replica?“, si chiede Duranti.
Infondatezza della censura
Al di là della facile dimostrabilità dell’infondatezza della accusa di pedopornografia, è altamente probabile che la motivazione del blocco di Radio Radio Tv da parte di YouTube sia legato ai temi caldissimi affrontati dall’emittente in queste ultime settimane in relazione alla pandemia Covid-19.
Rilevanza pubblicistica di YouTube
L’aspetto della questione su cui vogliamo porre l’accento è però di natura giuridica.
Può una piattaforma come YouTube, che è sì di natura privata, ma che ha raggiunto una connotazione indubbiamente di rilevanza para-pubblicistica (come dimostra il fatto che la stessa Protezione Civile l’ha sempre utilizzata per le conferenze stampa quotidiane in occasione della crisi Covid-19) ergersi a censore senza nessun tipo di contraddittorio con l’accusato?
Popolo, territorio, sovranità
I social media sono un centro di aggregazione di interessi virtuale che per loro natura travalicano gli elementi costitutivi dello Stato: popolo, territorio, sovranità. Per questo, da tempo, si discute della necessità di trovare modelli di responsabilità loro applicabili, non già e non solo per le conseguenze verso l’esterno delle azioni dei loro utenti (cioè tutti noi nel momento in cui diventiamo fornitori di contenuti), ma per quelle verso l’interno (cioè la censura e l’inibizione all’accesso d’imperio).
Responsabilità verso l’esterno ma anche l’interno
Corre pertanto l’obbligo di individuare adeguate forme di governance indipendenti, tanto per le azioni riconducibili agli OTT, quanto per le attività che tramite le loro piattaforme sono poste in essere dagli utenti
Oversight Board
Del resto esistono precedenti recenti ed importanti che costituiscono giurisprudenza giudiziale e dottrinale con Facebook, che è stata costretta a varare una apposita commissione di vigilanza esterna, che dovrà esprimersi sulla rimozione dei contenuti. L’organo si chiama Oversight Board, inizierà a lavorare in estate e sarà di fatto il tribunale di sorveglianza sulla libertà di espressione sul social network.
Rottura degli schemi
Radio Radio Tv, nel rispetto della propria identità di emittente “di rottura degli schemi”, difficilmente non darà battaglia a YouTube sul punto, cosicché è lecito attendersi sviluppi legali se il suo canale non tornerà visibile a brevissimo.
Tuttavia, a prescindere dalla rilevanza specifica, il casus belli dovrebbe far riflettere tutti gli editori sull’importanza di rendere sempre centrale la propria piattaforma (sito web) rispetto ai canali di veicolazione (i vettori), proprio per evitare di dipendere totalmente da terze parti (social media in testa). Esattamente come qui avevamo allertato tre giorni fa. (M.L. per NL)