Dopo il Coronavirus gran parte delle nostre abitudini avrà la E davanti. Termini che entreranno nella vita quotidiana, come E-learning, E-commerce di prossimità (supermercati), E-P.A., E-SIC (ecosistema integrato delle comunicazioni per radio-tv-editoria). Nell’immediato la spaccatura registrata in radio tra chi fa informazione a ciclo continuo e chi intrattenimento-rifugio si manifesta sul web in un’altra forma, distinguendo nettamente l’informazione “autorevole” da quella sensazionalistica. Dopo un’iniziale esplosione della seconda, l’utenza si è concentrata in massa sui marchi di garanzia dell’affidabilità.
Nulla sarà più come prima
Prima o poi l’emergenza Coronavirus finirà.
Ma, come accaduto con la crisi economica del 2008 (che in realtà è iniziata nel 2007 e terminata nel 2013, pur con conseguenze non completamente riassorbite anche dopo quella data), nulla sarà più lo stesso.
Concentrando l’ambito di applicazione al sistema mediatico e tecnologico, vediamo quali potrebbero essere le tendenze.
La E davanti ad ogni ambito
Oltre ad uno scontato aumento della propensione allo smart working, il primo grande sviluppo riguarderà l’e-learning, oggi limitato agli studi universitari, che diverrà uno strumento standard a tutti i livelli scolastici.
Parimenti crescerà in forma esponenziale la consegna a domicilio della spesa (e-commerce di prossimità), con progressivo sviluppo di settori affini, che in parte contribuirà a limitare l’attuale strapotere di Amazon. Il quale, a dispetto del pensare comune, non sta affatto facendo affari d’oro con l’emergenza, ma è alle prese con problemi logistici e commerciali (approvvigionamenti e consegne) non di poco conto.
Abitudine allo streaming
“Ma soprattutto cambierà completamente l’approccio ai media radio-tv con uno sviluppo esponenziale dello streaming registrato dall’inizio dell’emergenza Coronavirus insieme, più in generale, alla fruizione IP on demand. Le compagnie telefoniche segnalano infatti una crescita sensibile del traffico dati“, spiega Massimo Rinaldi, ingegnere di Consultmedia, società di consulenza che sul tema ha concluso in questi giorni per conto di un primario gruppo mediatico uno studio preventivo sul possibile impatto del Coronavirus sul sistema radiotelevisivo italiano.
Naturale conseguenza sarà che l’utente che si è avvicinato efficacemente ad una piattaforma, si fidelizzerà alla stessa (effetto Netflix).
E-SIC ecosistemi integrati sul piano verticale ed orizzontale
“Le emittenti radiotelevisive dovranno quindi potenziare al massimo il processo di popolamento delle piattaforme IP aggregatrici di terze parti (ecosistema orizzontale). Contestualmente dovranno aumentare (o più probabilmente creare) quelle proprie (ecosistema verticale ed eterogeneo delle comunicazioni via etere e IP, con interscambio di contenuti testuali, sonori, visivi con elementi live ed on demand, quali i podcast). Allo stesso tempo, dovranno munirsi di forte identità editoriale (l’emergenza sta creando un solco profondo tra chi fa news e chi fa intrattenimento, penalizzando gli indecisi), rivedendo il concetto di brand che deve essere centrale e non periferico rispetto al contenuto“, continua Rinaldi.
Il caso Giornale Radio
A riguardo, il caso di Giornale Radio è emblematico, sia per l’utilizzo di un brand fortissimo ed immediato, sia per la strategia di sostenibilità economica nel medio termine attraverso l’affidamento all’80% in outsourcing della produzione.
Ma, in generale, l’emergenza ha portato in evidenza l’autorevolezza di un brand, spolverando i marchi storici della carta stampata ed i nativi digitali dell’informazione qualificata. La spaccatura registrata in radio tra chi fa informazione a ciclo continuo e chi intrattenimento-rifugio con penalizzazione delle linee editoriali indecise tra i due formati, si manifesta sul web in un’altra forma, distinguendo nettamente l’informazione “autorevole” da quella sensazionalistica. Dopo un’iniziale esplosione della seconda, l’utenza si è concentrata in massa sui marchi di garanzia dell’affidabilità informativa.
Non è vero che sul web c’è tutto
Il cambiamento di abitudini delle persone forzatamente limitate nelle socializzazioni ha portato in superficie altri aspetti fino a ora poco evidenti: non è vero che l’offerta di contenuti è illimitata e soprattutto facilmente fruibile. Con le febbrili consultazioni sul web di questi giorni si è scoperto che le fonti sono sostanzialmente uniformate, cioè si autoalimentano, meramente sfumando i concetti. “Gli approfondimenti qualificati non sono così facili da trovare, perché i media sono tutti concentrati sull’immediato, nella smania della cronaca istantanea. Ciò induce alla moltiplicazione di notizie basata sulla stessa fonte. Ma, soprattutto, mancano efficaci piattaforme di distribuzione e catalogazione”, sottolinea ancora Rinaldi.
Library captive
“Gli editori radio-tv dovranno quindi riappropriarsi dei propri siti (nella stragrande parte dei casi dimenticati, inefficienti ed obsoleti) integrandovi ecosistemi editoriali propri attraverso canali live e on demand (brand bouquet), con podcast di approfondimenti attraverso una efficace library di consultazione rapida. Ciò, previa un’efficace azione di SEO, semplificherebbe la fruizione da parte degli utenti e la fidelizzazione dei portali. Salva la necessità – comunque primaria – di popolare comunque ogni piattaforma terza coi propri contenuti”, ribadisce l’esponente di Consultmedia.
Cinque anni prima
Nulla di nuovo: si tratta di prospettive la cui attuazione era prevista progressivamente dal 2025, ma che i profondi cambiamenti socio-economico-culturali indotti dal Coronavirus accelereranno di un lustro. (E.L. per NL)