Era riuscito dove molti altri, dal 1976 fino al 1989, erano falliti, magari trascinando nel baratro governi interi: aveva condotto all’approvazione parlamentare una delle leggi più scottanti e complicate dell’ordinamento italiano, quella che avrebbe posto fine al cd. “far west dell’etere”, esploso dopo la famosa sentenza 202/76 dei giudici delle leggi, che aveva sancito l’incostituzionalità del monopolio RAI in tema di diffusioni radiotelevisive.
Oscar Mammì, padre della L. 223/1990, esponente del partito repubblicano italiano e ministro delle Poste e Telecomunicazioni dal 1987 al 1991, da tempo malato, si è spento a 90 anni.
Mammì, romano, nato nel 1926, era entrato alla Camera sin dalla V legislatura, nel 1968, tra le file repubblicane, ad appena 22 anni. Divenne poi ministro delle Poste nel 1987, carica che ricoprì fino al 1991, sotto i governi Goria, De Mita e Andreotti. Lasciò la Camera nel ’92 durante la stagione di Mani Pulite.
Negli anni del boom delle televisioni private e della scalata di Berlusconi, Mammì firmò la legge sul riordino del sistema televisivo italiano. In realtà si trattò per gran parte di una “legificazione”, cioè una presa d’atto dell’equilibrio consolidatosi a seguito di numerosi pronunciamenti della magistratura civile, penale, amministrativa e soprattutto costituzionale. Tra i più importanti risultati conseguito dalla L.223/1990, vi fu l’inibizione dell’attivazione selvaggia di frequenze che proseguiva da 15 anni, determinando una profonda instabilità nella gestione imprenditoriale delle emittenti radio-tv. Per converso, La 223/1990 cristallizzò il sistema impedendo l’ingresso di nuovi operatori (che avrebbero potuto solo acquistare imprese esistenti), ma consentì finalmente l’interconnessione strutturale in ambito nazionale (fino a quel momento era possibile solo quella funzionale, con la cd. cassettizzazione), aprendo ai tg privati (ve lo immaginate l’appeal di un telegiornale in differita di almeno un giorno?). Ancora oggi gran parte del Testo Unico della Radiotelevisione (D. Lgs. 177/2005 e ss. mm. e ii.) è scolpito sui capisaldi della Mammì. Su quella legge ci fu lo strappo di cinque ministri della sinistra Dc, tra cui Sergio Mattarella, che rassegnò le dimissioni dal governo Andreotti VI, il 27 luglio 1990, contro il via libera del governo al disegno di legge visto come un ‘regalo’ al gruppo Fininvest di proprietà di Silvio Berlusconi. (M.L. per NL)