Stupiscono le espressioni di “soddisfazione” di almeno una associazione di categoria di emittenti radio-tv locali all’indomani dell’approvazione, in via preliminare da parte del Consiglio dei Ministri dello schema del D.P.R. di riforma della disciplina dei contributi pubblici a sostegno delle emittenti televisive e radiofoniche locali. Le possibilità di accesso alle contribuzioni per le emittenti ex analogiche (diverso il caso dei nativi digitali che solo ora hanno l’opportunità di concorrere alla spartizione della torta) sono molto limitate rispetto ad oggi (almeno un giornalista assunto per le radio e 18 dipendenti per le tv). Questo periodico è riuscito ad ottenere il testo integrale del documento, che ha sottoposto a puntuale disamina, rilevando come il comunicato diffuso dal governo abbia omesso di indicare le forche caudine del provvedimento. Nella nota stampa della seduta n.20 del Consiglio dei Ministri, si coglie il senso delle idee di fondo cui si ispira la bozza che sono, da un lato, il superamento delle “criticità emerse dall’attuazione della normativa previgente”, e dall’altro, la volontà di “premiare i soggetti che investono nell’attività editoriale di qualità”.
Il Governo vuole evitare di distribuire i contributi in modo eccessivamente parcellizzato, al punto da non essere utile, come accadeva con i criteri di attribuzione del precedente regolamento, non sufficientemente meritocratici. Quello che invece il Consiglio dei Ministri dichiara di promuovere è un tipo di attività che si distingue per la qualità, intesa come “’impiego di dipendenti e giornalisti qualificati e l’utilizzo di tecnologie innovative”, nonché come orientamento alla “realizzazione di obiettivi di pubblico interesse”, identificati in “pluralismo dell’informazione, sostegno dell’occupazione di settore, miglioramento dei livelli qualitativi dei contenuti forniti”. Per fare ciò, la bozza del regolamento prevede che l’assegnazione dei contributi avvenga sulla base di una graduatoria unica a livello nazionale, pubblicata sul web dall’amministrazione responsabile, ossia il Ministero dello sviluppo economico, nonché “l’introduzione di alcune semplificazioni, quali la dematerializzazione dei documenti e l’informatizzazione dell’iter procedurale”. Resta identica alla precedente normativa, invece, il riparto delle risorse tra emittenti TV e radio: 85% per le prime e 15% per le seconde. Lo schema di D.P.R. è molto puntuale nell’individuare i soggetti titolati a fare domanda e nell’elencare i requisiti di ammissibilità della stessa. L’art. 3 della bozza specifica che sono soggetti beneficiari le emittenti televisive titolari di autorizzazioni per fornitura di servizi media audiovisivi per marchi/palinsesti diffusi con numerazione automatica (LCN); le emittenti radiofoniche legittimamente operanti in tecnica analogica in possesso dei requisiti indicati dall’articolo 24 del d.lgs 177/2005; titolari di autorizzazioni per fornitura di servizi radiofonici non operanti in tecnica analogica, una volta completata la fase di avvio dell’operatività su tutto il territorio nazionale delle trasmissioni radiofoniche in tecnica digitale terrestre; le emittenti avente carattere comunitario.
L’art. 4 dello schema di D.P.R. è invece tutto dedicato alle condizioni che i soggetti beneficiari devono rispettare e garantire per poter fare validamente domanda di accesso al sostegno: si tratta di requisiti relativi ai dipendenti, ai codici interni e alle trasmissioni. È necessario, infatti, che le emittenti aderiscano ai Codici di autoregolamentazione in materia di televendite e sulla tutela dei minori in TV. Per quel che riguarda le trasmissioni, invece, si richiede che nel periodo di riferimento dell’anno solare precedente alla presentazione della domanda, da un lato non siano stati trasmesse televendite nelle fasce orarie tra le 7 e le 23, e che, dall’altro lato, siano state trasmesse almeno due edizioni giornaliere di telegiornali locali. Quest’ultimo requisito si lega all’altro, relativo ai dipendenti, che invece richiede l’esistenza di un doppio rapporto di proporzione tra il numero di dipendenti dell’emittente e la popolazione del territorio di riferimento. Rispetto a quest’ultimo dato – ovviamente sintetizzato in scaglioni – la norma quantifica l’adeguato numero minimo sia di dipendenti a tempo determinato o indeterminato che devono essere dall’ente “effettivamente applicati all’attività di fornitore di servizi media audiovisivi”, sia di giornalisti che devono essere presenti tra i suddetti dipendenti: riassumendo le indicazioni legislative, alle emittenti tv locali si richiede di avere almeno 18 dipendenti, di cui almeno 5 giornalisti per un territorio con più di 4,5 milioni di abitanti; almeno 16 dipendenti di cui almeno 4 giornalisti per un territorio tra 1,5 e 4,5 milioni di abitanti; almeno 12 dipendenti, di cui almeno 3 giornalisti, per un territorio tra 500mila e 1,5 milioni di abitanti; almeno 8 dipendenti, di cui almeno 2 giornalisti per un territorio fino a 500mila abitanti.
Molto meno stringenti i requisiti richiesti alle radio locali che devono soddisfare solo il requisito numerico dei dipendenti (a tempo determinato o indeterminato) che devono essere minimo due, di cui almeno un giornalista. Le emittenti che avranno presentato domanda valida secondo i requisiti suesposti saranno ordinati in graduatoria secondo il rispettivo punteggio, assegnato secondo i criteri: numero medio dei dipendenti e numero medio dei giornalisti applicati all’attività di FSMA occupati nel biennio precedente; indici di ascolto Auditel relativi all’anno solare precedente alla presentazione della domanda (per le tv) o dal totale dei ricavi pubblicitari (per le radio); totale dei costi sostenuti nell’anno precedente per spese in tecnologie innovative ritenute ammissibili sulla base di fatture quietanzate. Come per i requisiti di ammissione, anche nel calcolo del punteggio è fondamentale il numero di dipendenti e, ancora di più, quello dei dipendenti giornalisti dell’ente: questo criterio, infatti, rappresenta l’80% del punteggio, mentre indici Auditel e investimenti in innovazione contano entrambe e rispettivamente per il 10% nell’assegnazione dei punti per la quantificazione del contributo. Per rendersi conto della rilevanza dell’avere dei giornalisti alle dipendenze è sufficiente guardare la tabella di assegnazione del punteggio presente nella bozza: per ogni unità di personale dipendente sono previsti 15 o 60 punti a seconda, rispettivamente, che sia personale assunto part-time al 50% o a tempo indeterminato, mentre per una unità di giornalisti impiegati alle stesse condizioni contrattuali vengono assegnati 30 e 100 punti. Per le emittenti a carattere comunitario, poi, le assunzioni dovrebbero anche essere incentivate da un sistema premiante: dal secondo anno di applicazione del regolamento, infatti, si prevede una maggiorazione del 10% del punteggio individuale per l’incremento del numero complessivo dei dipendenti di almeno una unità. In un’ottica di uguaglianza sostanziale e di convergenza con le politiche UE, poi, un’altra maggiorazione del punteggio (+15%) é riconosciuta alle emittenti con marchi operanti esclusivamente in una delle regioni meridionali (Basilicata, Calabria, Campania, Puglia, Sardegna e Sicilia). Quasi superflua, ma essenziale, la previsione dell’esclusione dai benefici o la revoca degli stessi per chi ha reso dichiarazioni false negli ultimi due anni, sempre in ambito di procedure per la concessione dei contributi. Il Ministero, qualora rilevi la non veridicità delle dichiarazioni dopo aver concesso il contributo, potrà quindi revocarlo e chiederne la ripetizione integrale rivalutata secondo gli indici ufficiali ISTAT di inflazione. (V.D. per NL)