In ambiente radio e tv si sta assistendo da alcuni mesi (con una intensificazione assoluta nelle ultime due settimane a seguito del noto crash Windows) ad una rivalutazione dei sistemi hardware rispetto alle soluzioni cloud o comunque smaterializzate; quantomeno su alcuni anelli essenziali della catena produttiva e distributiva dei contenuti. Perché accade? E, soprattutto, è un atteggiamento isterico ed immotivato o concreto e lungimirante?
Sintesi
Premettiamo: siamo convinti che radio e tv siano ormai indissolubilmente legati alla rete, sicché questo articolo non vuole certo prestare il fianco ai complottisti del controllo dell’informazione e della somministrazione dei contenuti da parte dei gestori delle reti IP e di improbabili, ombrosi, gestori dell’ordine mondiale, né tantomeno esaltare una pretesa indipendenza delle reti broadcast dalla connettività (perché così non è, ormai). Tuttavia recenti accadimenti hanno dimostrato che non sempre cloud e modelli di smaterializzazione in generale sono garanzia di sicurezza.
Meglio, ove possibile, effettuare un chain-cutting dell’esternalizzazione e ri-materializzare anelli essenziali della catena produttiva, come i codificatori streaming, i processori audio e, naturalmente, gli hardware ospitanti i playout.
Il casus belli
Il casus belli, ovviamente, è stato il bug CrowdStrike (associabile come fenomeno tecnologico al crash Microsoft, cui abbiamo assistito a metà luglio 2024, tenuto conto che gli host Mac e Linux non sono stati interessati), che ha confermato quello che era noto da tempo: a prescindere dalla diffusione broadcasting o streaming dei contenuti, le emittenti radiotelevisive sono ormai inscindibilmente dipendenti dalla rete IP.
Il bug CrowdStrike
Il bug CrowdStrike, dal nome della società americana (Austin, Texas) di tecnologia di sicurezza per cloud ed endpoint, di intelligence sulle minacce e di servizi reattivi ad attacchi hacker, già definita la “più grande interruzione informatica di tutti i tempi”, consistente in un disservizio a livello globale che ha colpito i sistemi operativi Windows, che non sono riusciti ad avviarsi a causa di un aggiornamento difettoso di un upgrade, tutto sommato e per fortuna, ha avuto un impatto limitato sulle reti televisive e radiofoniche.
Sicurezza ed affidabilità
Uno degli aspetti più critici del dibattito riguarda la sicurezza e l’affidabilità delle soluzioni cloud. Studi recenti hanno dimostrato che i sistemi basati sul clouding, sebbene offrano numerosi vantaggi (come la scalabilità e la riduzione dei costi operativi), possono essere vulnerabili a disservizi causati da aggiornamenti difettosi o attacchi informatici. Una ricerca del Ponemon Institute ha rilevato che il 53% delle aziende ha subito un’interruzione significativa dei servizi di questo tipo nell’ultimo anno, determinando disservizi e perdite economiche rilevanti .
Efficienza operativa
Dal punto di vista dell’efficienza operativa, l’uso di hardware dedicato per alcune funzioni critiche può garantire una maggiore stabilità e prevedibilità delle prestazioni. Un recente report di Gartner, multinazionale americana che si occupa di consulenza strategica, ricerca di mercato e analisi nel campo della tecnologia dell’informazione, ha evidenziato come le aziende che mantengono una parte dei loro sistemi su hardware locale possano rispondere più rapidamente a problemi tecnici riducendo i tempi di inattività.
Costi e benefici
Un altro elemento da considerare sono i costi associati alle diverse soluzioni: mentre il cloud può ridurre i costi iniziali di investimento, l’acquisto e la manutenzione di hardware specifico possono risultare più economici nel lungo periodo. Inoltre, il controllo diretto sull’hardware permette alle emittenti di personalizzare e ottimizzare i propri sistemi in base alle esigenze specifiche, riducendo la dipendenza da fornitori esterni.
Flessibilità ed adattabilità
La flessibilità è un altro fattore chiave. Le soluzioni cloud offrono una grande flessibilità in termini di scalabilità, ma possono anche vincolare le aziende a determinate piattaforme o servizi, limitando la loro capacità di adattarsi rapidamente a nuove tecnologie o cambiamenti nel mercato. La presenza di hardware locale consente una maggiore libertà di scelta e la possibilità di sperimentare con nuove soluzioni tecnologiche senza dover dipendere da terzi.
Nessun isterismo, ma concretezza e lungimiranza
La recente rivalutazione dei sistemi hardware nel settore radiotelevisivo non è un atteggiamento isterico e immotivato, quanto, piuttosto, una risposta concreta e lungimirante alle sfide poste dalla crescente dipendenza dalle soluzioni cloud. La sicurezza, l’efficienza operativa, i costi e la flessibilità sono tutti fattori che giustificano una maggiore attenzione verso l’uso di hardware dedicato per alcuni anelli essenziali della catena produttiva e distributiva dei contenuti. Questo approccio ibrido, che combina i vantaggi del cloud con quelli dell’hardware locale, può rappresentare la soluzione ottimale per garantire la continuità e la qualità dei servizi radiotelevisivi in un contesto tecnologico in continua evoluzione
Fisicità
“Nelle ultime settimane l’attenzione delle stazioni con cui ho collaborato è ritornata sull’avere componenti hardware se non altro come backup ed emergenza. La frase che mi sono sentito rispondere tre volte negli ultimi giorni è stata “Sì però io un hardware qualsiasi attaccato ad un trasmettitore fisico lo voglio avere, si sa mai”, conferma Max Pandini, noto consulente radiotelevisivo in ambito internazionale più volte interpellato da Newslinet su temi caldi come il digital audio processing.
Revox e cd
“In molti casi le stazioni hanno un backup di emergenza composto da hardware sia in studio che sui siti di trasmissione (qualcuno ha addirittura dei Revox o dei lettori cd), oppure player interni ai processori audio o encoder stereo o decoder µMPX direttamente nelle postazioni principali.
Il disastro di metà luglio 2024
In occasione del bug disaster di metà luglio 2024, il conduttore del morning show di un importante network non italiano si è visto il fatidico schermo blu in cascata come un domino mentre era in onda, e nel contempo la canzone in onda ha iniziato a campionare vista la mancanza di sorgente audio.
La gestione umana dell’emergenza
Il conduttore ha brillantemente aperto il microfono, non capendo cosa stesse succedendo ma prontamente allungando la mano verso il lettore cd ed ha attivato la playlist di emergenza.
La figura del regista
Va ricordato che nella stragrande maggioranza delle radio la figura del regista non esiste o è riservata a produzioni particolari e i conduttori vengono istruiti accuratamente con protocolli e procedure da usare in caso di emergenza.
Atteggiamento prudente
Sicuramente un po’ di attenzione in più alla debolezza della rete ci sta. Gestirla con maggiore prudenza potrebbe essere un buon consiglio per i cultori del IP a scapito del broadcast.
Integralisti IP
D’altro canto, è evidente che i sostenitori del digitale estremo dovranno rivedere il proprio integralismo. Ricordo, a riguardo, la domanda formulata qualche anno fa ad un workshop di informatici sul perché, con l’avvento della rete, le stazioni radio e tv continuassero a costruire la propria rete di distribuzione tra ponti micro-onde e trasmettitori FM.
Il controllo della distribuzione dei propri contenuti
La risposta fu: perché affidare ad altri la distribuzione dei propri contenuti essendone di fatto dipendenti quando con la rete personale si è indipendenti?
Pro e contro
Certo, la tecnologia ci consente ora di trasportare segnali con qualità e informazioni maggiori (cfr. la tecnologia µMPX), così come avere stazioni radio in cloud consente risparmi di manutenzione e continuità, probabilmente migliorata.
La filosofia Back-up
Ma un backup idoneo di proprietà resta sempre una buona prudenza”, conclude Max Pandini. (M.R. per NL)