Nel 2007 un impianto FM a Milano (cioè un diffusore a dimensione cittadina) era stato venduto a 4 milioni di euro. Un diffusore in Valcava, nello stesso anno, era arrivato a valere oltre 20 milioni di euro. Dodici anni dopo un impianto milanese equivalente (come diffusione) è stato ceduto a poco più di mezzo milione di euro e sono andate deserte diverse aste relative ad uno in Valcava, collocato nell’ambito di una procedura concorsuale, al di sotto di 2 milioni di euro. Gli impianti FM non valgono più nulla o quasi, quindi?
Gli asset televisivi
E ancora: i valori degli asset di aziende titolari di autorizzazioni per fornitori di servizi di media audiovisivi locali sul digitale televisivo terrestre con associati LCN (logical channel number) del blocco pregiato (10/19) iscritti a bilancio, come vanno trattati alla vigilia dei bandi per la definizione delle graduatorie degli FSMA che avranno diritto ad essere trasportati sui nuovi mux T2? E ciò tanto più che le LL. 205/2017 e 145/2018 prevedono una nuova associazione di LCN agli utilmenti collocati nelle graduatorie.
Valorizzazioni e modelli
Ne parliamo con Stefano Cionini, Massimo Rinaldi e Giovanni Madaro, rispettivamente avvocato, ingegnere ed economista di Consultmedia, ideatrice del noto modello di valutazione economica degli asset FM ed LCN riconosciuto valido dagli uffici dell’Agenzia delle entrate da molti anni a questa parte.
Valorizzazioni e regole
“Non è vero che gli impianti FM non valgono più nulla. Né è possibile stabilire una regola in base alla quale valgono oggi 1/3, 1/5 o 1/10 di quello che valevano 15 anni fa”, esordisce l’avv. Cionini. “Certamente gli impianti FM valgono meno di un tempo. In qualche caso anche molto meno. In altri, un po’ meno. Le motivazioni vanno sicuramente ricercate nel fatto che 15 anni fa la modulazione di frequenza era, a livello sostanziale, l’unica piattaforma distributiva di contenuti radiofonici.
Contributi al complesso
La contribuzione del web (streaming), del DAB+, del DTT e del satellite, al tempo, era modesta. La multipiattaforma c’era già, certamente. Ma i vettori differenti dalla FM incidevano, complessivamente, dall’1% al 3% sulla fruizione. Oggi le piattaforme diverse dalla FM contribuiscono tra il 30% ed il 40%, con una crescita molto veloce. Chi dice il contrario o è disinformato o è in malafede”.
Equilibri
“C’è poi da considerare l’assestamento raggiunto dal settore. Tutti i principali player hanno, nel frattempo, raggiunto un equilibrio e una dimensione tale da non necessitare, nella maggior parte dei casi, di integrazioni impiantistiche in FM. A livello microenomico ciò ha grande rilevanza“, spiega il dott. Madaro.
Nessuno switch-off, ma una morte naturale per inedia
“La diffusione analogica in FM non ha una scadenza definita. Probabilmente non sarà mai introdotto uno switch-off in Italia, anche se negli ultimi tempi se ne parla. La FM morirà di morte naturale, quando i costi di un trasmettitore FM non giustificheranno gli ascolti che esso genera”, interviene l’ingegner Rinaldi, perito estimatore di Consultmedia.
Algoritmo per le valorizzazioni
“Il nostro algoritmo di valutazione del valore di un asset radiofonico prevede un correttivo dinamico che analizza l’incidenza di una piattaforma rispetto ad un’altra sull’ascolto. Il mercato radiofonico italiano è ora sempre più simile, in termini di valutazione economica, a quello di altre nazioni europee. Quindici anni fa era, all’estero, ritenuto drogato dal fenomeno del trading delle frequenze e guardato con estrema diffidenza“.
Vale non solo per quel che produce
“Si dice che oggi una Radio vale per quel che fattura. Non è vero. Certamente quanto produce in termini economici ha rilevanza. Ma ce l’ha anche quanto potrebbe produrre. Perché, magari, potrebbe non essere efficacemente sfruttata, pur avendo potenzialità.
Modelli sbagliati
Oppure perché, pur dotata di una infrastruttura distributiva rilevante ed efficiente ha modelli editoriali o commerciali errati. Ecco, noi attribuiamo un valore anche alla potenzialità. E alla facilitazione, visto che si opera in un mercato ancora chiuso, anche se non completamente come in passato, quando per entrare occorreva necessariamente acquistare un’impresa o un titolo concessorio esistenti”, evidenzia Madaro.
Complicazioni
“Oggi è sicuramente più complicato valutare un’azienda radiofonica alla luce degli aspetti descritti. Ed è per questo che, tra chi si rivolge a Consultmedia per le stime, non ci sono solo gli editori o nuovi entranti, ma anche commercialisti, curatori fallimentari, commissari giudiziali che ci chiedono un supporto per condurre a termine gli incarichi ricevuti“, puntualizza Cionini.
E per la tv?
“Per i fornitori di servizi di media audiovisivi locali la situazione delle valorizzazioni è ancora più complessa. Siamo alla vigilia di un potenziale azzeramento del sistema televisivo locale ed una ricostruzione dello stesso. Le leggi 205/2017 e 145/2018 coi successivi provvedimenti attuativi hanno, a livello economico-finanziario-fiscale, effetti dirompenti sul mercato televisivo locale”, osserva Madaro.
Buon senso e conoscenza del settore
“Tuttavia, il buon senso e la conoscenza del settore ci rassicurano che non si tratterà di una completa demolizione e di una integrale ricostruzione. Occorre quindi tarare le valutazioni incrociando quegli elementi che ci permettono di attribuire stabilità dove apparentemente non sembra essercene. Solo una parte del comparto è, infatti, instabile. Scienza e diligenza permettono di sapientemente individuare cosa non cambia, cosa probabilmente cambierà in misura stimabile e quale componente è invece del tutto imprevedibile. Assegnando comunque valorizzazioni”, conclude Cionini. (E.G. per NL)