Quando abbiamo letto le affermazioni del 13 settembre fatte dal ministro per la Transizione Energetica Roberto Cingolani siamo saltati due volte sulla sedia. “La bolletta elettrica è aumentata del 20%, il prossimo trimestre aumenta del 40%”. Primo salto non tanto dovuto al dubbio uso del tempo presente, ma ad un semplice calcolo: 1,2 * 1,4 = 1,68: un aumento del 68% in sei mesi.
Il secondo salto dovuto alla spiegazione: “succede anche perché aumenta il prezzo della CO2 prodotta”. Prezzo della CO2? In ogni caso, un segnale preoccupante per i bilanci delle aziende radiotelevisive.
I conti della serva
Cominciamo con i conti della serva, imprecisi ma spesso utili. Mediamente un’emittente radiofonica analogica (cioè con la gestione diretta dei trasmettitori FM) ha nell’energia necessaria per bassa e alta frequenza una componente importante dei propri costi. Si stima che la cifra si aggiri tra il 25% e il 30%, diciamo dunque il 27,5%. Un aumento del 68% del costo dell’energia comporterebbe dunque un aumento del 1,68 * 0,275 = 46,2% dei costi. Non sappiamo quante aziende possano sopravvivere a un colpo di questo genere.
Le cause
Quali le cause? Il ministro sembra cavarsela – o così riportano i giornali – con un “il prezzo del gas aumenta” e “aumenta il prezzo della CO2 prodotta”.
Ora, dallo studio di Terna relativo al 2020 risultava come la componente termoelettrica del mix energetico fosse in un trend discendente, dunque qualcosa deve essere cambiato in modo radicale durante la prima parte del 2021. Ed in effetti un articolo di Bloomberg conferma l’inversione, in atto già prima dell’estate.
Troppo poco vento
Aumento del consumo di gas naturale liquido in Asia, inefficienza delle (spesso obsolete) centrali nucleari europee, graduale spegnimento delle centrali a carbone, poco vento (non stiamo scherzando) e bassi livelli di scorte di gas (consumate durante il freddo inverno 2020-2021), ecco i motivi snocciolati dagli analisti.
Relax
Giusto per tranquillizzarci, Julien Hoarau, direttore della unit della francese Engie SA dedicata all’analisi delle dinamiche dei mercati dell’energia, ha affermato che “Il problema non è neppure cominciato: l’Europa va verso un inverno molto difficile”.
CO2, Il costo della transizione
Oltre alle cause di mercato ne esiste una addizionale che troviamo affascinante: l’ European Union’s Emissions Trading System (EU ETS).
EU ETS
Si tratta di un sistema di permessi per inquinare, certificati ideati dall’Unione Europea che permettono di emettere determinati livelli di CO2 e che sono negoziati su numerosi mercati informatici. Particolarmente suggestivo osservare la curva del future di riferimento, il tedesco Cal 2022 che venerdì 10 settembre ha toccato i 97,25 Euro/MWh.
Certificati nati nel nome del contrasto all’aumento delle temperature medie del pianeta, conseguenza dell’incessante crescita della polazione mondiale (passata da 3,7 a 7,7 miliardi negli ultimi 50 anni).
Il costo della transizione
Ed ecco il punto: per facilitare la transizione energetica, dunque per incentivare l’uso di energie rinnovabili, il “cap” (numero limite) di questi certificati viene abbassato nel tempo. L’economia di mercato dunque li rende progressivamente più costosi. Di conseguenza l’ultimo anello della catena, le aziende e le famiglie, pagano più cara l’energia. La suggestiva spiegazione del meccanismo è visibile in questo video dell’Unione Europea
E quindi?
Riunioni
Mentre risulta impossibile agire contro le forze del mercato (e la mancanza di vento) immaginiamo si possa agire contro le pene auto-inflitte dal sistema delle incentivazioni. Il ministro dell’Economia Daniele Franco ha dichiarato che convocherà una riunione entro la settimana per capire quali provvedimenti prendere, mentre la Spagna ha annunciato che taglierà la sua tassa “speciale” sull’elettricità dal 5,1% allo 0,5%.
La speranza è che il governo italiano faccia rapidamente whatever it takes per evitare una catastrofe annunciata. (M.H.B per NL)