Non è solo questione di refarming della banda 700 MHz, che, paradossalmente, sta sviluppando più che il business dei broadcaster quello degli OTT dello streaming video on demand. Oppure di successione tra FM e DAB+ (che pure sta avvenendo in maniera silenziosa e graduale) e di affossamento del satellite da parte delle soluzioni ibride (HBBTV) e OTT. O ancora di rivoluzione nelle indagini d’ascolto, con somministrazione di dati con cadenza mensile (ancorché sempre con l’anacronistico metodo CATI).
E’ che il sistema radiotelevisivo nel suo complesso, come accaduto per tanti altri ambiti economici, a causa dell’anticipazione di almeno un lustro del mondiale processo di trasformazione sociopolitico-economico-strutturale in nuce prima del Covid, fra 12 mesi non sarà più lo stesso.
Dinamiche
Vediamo insieme le principali dinamiche in atto nel nostro paese, che successivamente approfondiremo in singoli articoli.
I broadcaster tv nazionali
Partiamo dal digitale tv terrestre.
Quelli che oggi sembrano essere i vincitori della partita del DTT, cioè gli operatori di rete nazionali declinati in ambito areale, rischiano di essere coloro che, alla fine, rimarranno con il cerino in mano.
Diritti di non uso
Con diritti d’uso decennali che fra 5 anni potrebbero essere antieconomici sul piano gestionale. Impossibile, verrebbe da dire, visto che nelle sedute pubbliche ministeriali per la definizione delle graduatorie dei fornitori di servizi di media audiovisivi utilmente collocati la capacità trasmissiva sulle reti nazionali di EI Towers e RAI Way è quasi sempre esaurita prima del soddisfacimento della richiesta (tranne che in aree di appetibilità commerciale meno rilevante, come Val d’Aosta o Trentino Alto Adige).
Accaparramento
Anche a causa di Top FSMA fagocitatori, cui l’accaparramento di capacità trasmissiva da 3 Mbits per marchio potrebbe, in prospettiva, costare molto più caro del canone stesso.
Gate. In tutti i sensi
Eppure è ormai evidente (o dovrebbe esserlo a chi guarda un po’ più in là) che il DTT è già un gateway per la IP Tv. FSMA nazionali come Discovery lo stanno già trattando così: basta guardare la loro applicazione HBBTV. Che, di fatto, sia a livello grafico che di offerta sostanziale, è una piattaforma OTT, molto simile a quella di Netflix e Prime Video. Per Discovery già ora il DTT è un transito, un punto di accesso.
SATurazione
Inutile combattere questa tendenza a livello politico, come pare vogliano fare i broadcaster. Il rischio, per loro, è di fare la fine dei provider satellitari, ormai marginalizzati dalla diffusione delle smart tv effettivamente connesse, che hanno largamente superato le televisioni collegate ad una parabola. Meglio quindi prendere atto del ruolo di gate del DTT e farsene una ragione. E un business, finché si può.
La Radio, il dito, la luna
La Radio, forse ancora più della tv, è al centro di sconvolgimenti. E anche qui l’occhio dell’editore rischia di guardare al dito, piuttosto che alla luna.
La centralità del ricevitore
Archiviato per ora il rischio switch-off FM/DAB+, si stanno concentrando tutti gli sforzi per sviluppare nel suo complesso la radio digitale via etere, attraverso un tentativo di recupero in extremis del ritardo accumulato dalle radio locali rispetto a quelle nazionali nel presidio delle autoradio.
Disparità e dinamiche
Attraverso soluzioni che però rischiano di creare ulteriori disparità: come quelle delle autorizzazioni sperimentali concesse solo ad alcuni consorzi, pur col vincolo di non poterne fare impiego commerciale ex art. 21 c. 3 Delibera 664/09/C0NS. Differenziazioni che potrebbero innescare contenziosi che avrebbero come unico risultato quello di bloccare nuovamente lo sviluppo della radio digitale locale fino all’assegnazione di diritti d’uso definitivi (ovviamente non prima del 2023, cioè dopo la conclusione del refarming della banda 700 MHz).
I sistemi di infotainment
Tuttavia, anche qui, concentrando tutta l’attenzione sul fatto che le nuove auto sono ex lege dotate di ricevitore DAB+, ci si dimentica che lo sono anche (senza obbligo normativo, ma come imposizione di mercato) di sistemi Android Auto e Apple Car Play. Questi ultimi prendono di fatto il controllo dello smartphone – che tutti possediamo – e riflettono in mirrorlink sul dashboard delle auto le applicazioni vi presenti.
Carrier delle abitudini
Comprese le app radiofoniche e dei servizi di streaming on demand. E siccome lo smartphone è il punto di collegamento tra indoor e outdoor (nel senso che è l’unico elemento in comune ai due ambienti), accade sempre più spesso che esso sia impiegato per portarsi le abitudini di casa sull’auto. Insomma, se la scomparsa dell’antico ricevitore FM (e non solo) nelle abitazioni è un dato di fatto di cui tutti ormai hanno preso atto, potrebbe non essere lontano il tempo in cui anche l’autoradio sarà, se non eliminata, quantomeno progressivamente meno utilizzata.
Geologia dei dati d’ascolto
Infine, sempre trattando di radio, un’altra delle dinamiche in corso è l’aggiornamento delle indagini d’ascolto. Il metodo CATI, nonostante il suo anacronismo e l’evidente inadeguatezza delle evitatissime interviste telefoniche, non potrà essere velocemente abbandonato dal Tavolo Editori Radio. Sarà piuttosto integrato in un sistema di Total Audience, di cui costituirà una componente insieme ad altre (terze) rilevazioni (come Auditel).
Centralità e mensilità
La centralità, quindi, passerà alla rilevazione T.A. Non basta, però. Per limitare il contraccolpo di iniziative di dumping sul mercato pubblicitario come quella di Spotify (ma anche di Facebook e Google), il TER probabilmente frammenterà la somministrazione di dati rispetto agli attuali tempi da ere geologiche. Magari passando alla pubblicazione di dati mensili. (M.L. per NL)