Uno degli atavici drammi della P.A. del nostro Paese è il federalismo sostanziale degli organi periferici dei Ministeri (gli ispettorati territoriali), che (troppo) spesso pongono in essere comportamenti ondivaghi, contraddittori, quando non anche schizofrenici.
Nel caso del settore radiotelevisivo, le unità decentrate di riferimento sono gli Ispettorati Territoriali del Ministero dello Sviluppo Economico, cui – tra le altre cose – compete la verifica sul territorio dell’esercizio degli impianti radioelettrici FM e UHF e, di conseguenza, della mutua compatibilità elettromagnetica.
Nonostante, per fortuna, il contenzioso interferenziale sia negli anni fortemente diminuito, perlopiù grazie all’attività di autopianificazione svolta dai privati attraverso la progressiva concentrazione impiantistica in capo a circa 1/5 di soggetti rispetto a quelli esistenti nel 1990, ancora oggi la gestione delle interferenze soprattutto in FM (la tv ha preso tutta un’altra direzione) impegna gli Ispettorati Territoriali del Mise soprattutto a riguardo delle attività esterne.
Uno degli aspetti più controversi di tali azioni è quello relativo al cosiddetto “conto terzi”, cioè quelle attività per le quali il privato deve rimborsare alla P.A. le spese da questa sostenute per suo conto. Non è infatti chiaro il discrimine degli interventi che debbono avvenire in surrogazione da quelli che invece gli Ispettorati Territoriali devono condurre in esenzione.
Il caso da manuale è quello in cui un’emittente viene coinvolta come controinteressata in un procedimento conseguente ad un’istanza di modifica impiantistica a vario titolo prodotta da un terzo. Molto spesso accade che il controinteressato lamenti interferenze a seguito dell’attuazione delle variazioni richieste; in questo caso spetta al competente Ispettorato Territoriale disporre delle misurazioni per accertare se le doglianze siano fondate o meno (la pretestuosità è dietro l’angolo), tenendo conto che, nel primo caso, l’autorizzazione provvisoria rilasciata dovrà essere immediatamente revocata o modificata. Il punto che però qui c’impegna è: l’attività di verifica condotta dal locale Ispettorato è in “conto terzi” o “‘d’ufficio” e, nel primo caso, a chi deve essere addebitata?
“A mente delle Linee guida ministeriali sull’applicazione dell’art. 1 cc. 4 e 5 L. 122/1998 l’intervento relativo ad azioni di coordinamento radioelettrico dovrebbe avvenire in regime di esenzione dai costi di surrogazione – spiega l’avv. Stefano Cionini, name partner di MCL Avvocati Associati, law firm che gestisce in esclusiva l’Area Affari Legali di Consultmedia (struttura di competenze a più livelli collegata a questo periodico) -, rientrando tra “gli interventi effettuati dagli Ispettorati nell’assolvimento degli obblighi di istituto quali, a titolo esemplificativo, i sopralluoghi disposti al fine di verificare la condizione di legittimità di esercizio degli impianti o che, in generale, attengono ad operazioni di controllo, nonché quelli sopraindicati finalizzati alla compatibilizzazione di impianti in legittimo esercizio”.
A maggior ragione, esso non può essere addebitato al controinteressato in presenza di una accertata situazione interferenziale, in quanto l’unica condizione sarebbe “l’insussistenza dell’interferenza” e quindi la compatibilità dell’impianto col quadro r.e. esistente. Tuttavia, tale discrimine potrebbe trovare applicazione solo in presenza di un’istanza non fondata sull’esigenza di una compatibilizzazione, perché quest’ultima, come detto, andrebbe mandata indenne dagli oneri di surrogazione rientrando nei compiti d’istituto”.
Sul punto, però, nella variegata penisola, si sono visti Ispettorati che hanno condotto istruttorie conformi al dettato normativo di cui sopra ed altri che hanno costantemente addebitato all’istante i costi sostenuti, concretando così un’abnorme disparità di trattamento. Ma c’è anche di più: recentemente è accaduto che ad un soggetto individuato come controinteressato in un procedimento per un’attivazione ex art. 74 c. 2 L. 448/2001 sia stato addebitato il costo dell’accertamento interferenziale nonostante il diffusore posto in esercizio fosse stato disattivato perché risultato incompatibile col quadro radioelettrico esistente.
“Il paradosso della situazione sta nel fatto che l’I.T. in questione, avvertito dell’errore nel quale era incorso addebitando al controinteressato la quota parte dei costi dei rilievi ed invitato a disporre il discarico della posizione, ha bellamente confermato la propria pretesa sulla scorta del fatto che l’incarico gli era stato conferito da altro Ispettorato, competente alla gestione istruttoria per insistenza territoriale dell’impianto attivato”, conclude l’avv. Cionini. Purtroppo accade, qualche volta, anche questo nella nostra cara Italia. (M.L. per NL)