Radio e Tv. Contributi ex DPR 146/2017 per 2025: presentate 1154 domande (564 tv e 590 radio). Intanto si attende la sentenza della Consulta

2025

Per l’annualità 2025, entro il termine del 28/02/2025, sono state presentate online, su piattaforma Sicem, 1154 domande da parte delle emittenti radiotelevisive locali per l’ottenimento dei contributi ex DPR 146/2017, di cui 413 per le tv comunitarie, 151 per le tv commerciali, 397 per le radio comunitarie, 193 per le radio commerciali.
Intanto si attende la decisione della Corte Costituzionale sulla questione dello scalino preferenziale dopo l’udienza del 25/02/2025.

Le domande pervenute per il 2025

Il Ministero delle imprese e del made in Italy ha processato i dati relativi alle domande di accesso al contributo presentate dalle emittenti televisive e radiofoniche operanti in ambito locale per l’annualità 2025, presentate secondo la regolamentazione prevista dal DPR n. 146/2017.
Le istanze saranno ora sottoposte all’istruttoria finalizzata a verificarne la regolarità e la completezza.
Il MIMIT ricorda che ai sensi del DM 20/10/2017 eventuali domande per il 2025 trasmesse al di fuori della procedura informatizzata del Sicem sono da ritenersi irricevibili.
Nel complesso (tra emittenti commerciali e comunitarie, radio e tv) sono state presentate, relativamente all’anno 2025, 1154 domande.

Lo spaccato tipologico delle istanze ex DPR 146/2017 per il 2025

Nello specifico, per il 2025, sono state presentate 413 istanze per le tv comunitarie, 151 per le tv commerciali, 397 per le radio comunitarie, 193 per le radio commerciali.

La normativa di riferimento

Ricordiamo che il DPR 146/2017 disciplina i criteri  di riparto e le procedure di erogazione delle risorse finanziarie del Fondo per il pluralismo e l’innovazione dell’informazione assegnate al Ministero per la concessione dei contributi di sostegno alle emittenti televisive e radiofoniche locali.

I destinatari

I contributi sono destinati all’emittenza locale (al momento, in attesa dell’avvio dei mercati della radiofonia digitale, i soggetti ammessi sono le tv titolari di autorizzazioni, radio operanti in tecnica analogica, emittenti a carattere comunitario).

Criteri

I benefici, come noto ai lettori di questo periodico, vengono concessi sulla base di criteri che tengono conto del sostegno all’occupazione, dell’innovazione tecnologia e della qualità dei programmi e dell’informazione anche sulla base dei dati di ascolto.

Requisiti di ammissione

Per quanto riguarda le emittenti televisive commerciali, i requisiti di ammissione al contributo tengono conto di un numero minimo di dipendenti e di giornalisti in regola con i versamenti dei contributi previdenziali che tali soggetti devono avere per il marchio e l’area tecnica per i quali si presenta la domanda di accesso ai contributi.

Punteggio

Ad ogni emittente ammessa verrà poi assegnato un punteggio in base al quale viene quantificato il contributo.  

Requisiti specifici

Per le emittenti radiofoniche commerciali, il numero minimo di dipendenti è pari a due, di cui almeno un giornalista.

La decisione della Consulta nel 2025

A corollario, annotiamo che il comparto televisivo è in attesa della decisione della Corte Costituzionale a seguito della discussione delle due ordinanze (pubblicate sulla Gazzetta Ufficiale del 22/05/2024) del Consiglio di Stato (pubblicate il 06/02/2024) con le quali i giudici amministravi hanno ritenuto “rilevanti e non manifestamente infondate le questioni di legittimità costituzionale degli articoli 4-bis del decreto legge 25 luglio 2018, n. 91, convertito, con modificazioni, dalla legge 21 settembre 2018, n. 108, e art. 13, comma 1-bis, del decreto legge 18 ottobre 2023, n. 145, come convertito con modificazioni dalla legge 15 dicembre 2023, n. 191”, rimettendo alla Consulta la questione del cd. “scalino preferenziale”, sospendendo i giudizi “fino alla definizione dell’incidente di costituzionalità”.

L’udienza del 25/02/2025

Giudizio che è stato chiamato ad udienza il 25/02/2025, in esito alla quale è attesa la decisione presumibilmente entro due mesi.

La vicenda

Ma cosa è successo compiutamente?
E, soprattutto, che effetti potrebbe avere una dichiarazione di incostituzionalità del cd. “scalino preferenziale” che, arrivando a breve, potrebbe creare uno tsunami, considerato che la pronuncia di illegittimità di una norma di legge comporta non già l’abrogazione, la declaratoria di inesistenza o di nullità, o ancora l’annullamento della norma dichiarata contraria alla costituzione, bensì la disapplicazione della stessa, dando luogo ad un fenomeno che si colloca, sul piano effettuale, in una posizione intermedia tra l’abrogazione (avente di regola efficacia ex nunc) e l’annullamento (che, normalmente, produce effetti ex tunc).

Effetti ex nunc o efficacia ex tunc

La norma dichiarata costituzionalmente illegittima deve, infatti, essere disapplicata con effetti ex nunc o con efficacia ex tunc, a seconda che tale diversa efficacia nel tempo della dichiarazione di incostituzionalità discenda dalla natura o dal contenuto della norma illegittima, oppure dalla portata del precetto costituzionale violato o dal diverso grado di contrasto tra quest’ultimo e la norma di legge, ovvero, infine, dalla natura del rapporto sorto nel vigore della norma successivamente dichiarata incostituzionale.

Dichiarazione di incostituzionalità

“Fuori delle ipotesi, aventi carattere di eccezionalità, in cui essa travolge tutti gli effetti degli atti compiuti in base alla norma illegittima, la dichiarazione di incostituzionalità (avuto riguardo al precetto costituzionale violato, alla disciplina dettata dalla norma riconosciuta costituzionalmente illegittima e alla natura del rapporto disciplinato da quest’ultima) comporta la caducazione dei soli effetti non definitivi e, nei rapporti ancora in corso di svolgimento, anche degli effetti successivi alla pubblicazione della sentenza della corte costituzionale, restando quindi fermi quegli effetti anteriori che, pur essendo riconducibili allo stesso rapporto non ancora esaurito, abbiano definitivamente conseguito, in tutto o in parte, la loro funzione costitutiva, estintiva, modificativa o traslativa di situazioni giuridicamente rilevanti”, recita la sentenza Cass. Civile, sez. III, n. 1384/1975.

I prodromi

Ciò premesso sul piano tecnico, partiamo dall’inizio, per comprendere gli effetti di un provvedimento che potrebbe rimettere in discussione l’infinita questione della ripartizione dei contributi alle tv locali.

Lo stimolo

Anzitutto, ricordiamo che ad aver stimolato le ordinanze del Consiglio di Stato è stata la L. 191/2023, di conversione del D.L. 145/2023 (“Misure urgenti in materia economica e fiscale, in favore degli enti territoriali, a tutela del lavoro e per esigenze indifferibili”).

Interpretazione autentica

Con tale provvedimento legislativo, all’art. 13 c. 1-bis era stata effettuata l’interpretazione autentica  dell’articolo 4-bis del D.L. n. 91/2018, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 108/2018, nella parte in cui riporta integralmente il d.P.R. n. 146/2017 , nel senso che “il rinvio operato alle disposizioni del decreto del Presidente della Repubblica 23 agosto 2017, n. 146, ha inteso attribuire valore di legge a tutte le disposizioni ivi contenute a decorrere dalla sua entrata in vigore”.

Il testo dell’art 13 del D.L. convertito nella L. 191/2023

L’art 13 – Decreto-Legge convertito con modificazioni dalla L. n. 191/2023 dispone che: “1-bis. Per lo stesso fine, l’articolo 4-bis del decreto-legge 25 luglio 2018, n. 91, convertito, con modificazioni, dalla legge 21 settembre 2018, n. 108, nella parte in cui riporta integralmente il decreto del Presidente della Repubblica 23 agosto 2017, n. 146, si interpreta nel senso che il rinvio operato alle disposizioni del decreto del Presidente della Repubblica 23 agosto 2017, n. 146, ha inteso attribuire valore di legge a tutte le disposizioni ivi contenute a decorrere dalla sua entrata in vigore”.

La graduatoria definitiva delle tv commerciali per l’anno 2023

La novella risultava già citata nel preambolo del decreto direttoriale del 22/12/2023 con cui erano stati approvati la graduatoria definitiva e l’elenco degli importi dei contributi da assegnare alle emittenti televisive a carattere commerciale per l’annualità 2023.

Il contenuto delle ordinanze del Consiglio di Stato

Nelle sue ordinanze, il Consiglio di Stato aveva rilevato come “gli elementi emersi confermano i dubbi di compatibilità con i (…) principi costituzionali, di una disciplina che sancisce uno scalino preferenziale a vantaggio dei primi cento classificati, cui viene destinata la quasi totalità della contribuzione (95%), senza prevedere accorgimenti volti ad impedire la concentrazione delle risorse pubbliche in taluni ambiti territoriali (generalmente i più popolati) a discapito di altri, in violazione del principio del pluralismo dell’informazione e dei connessi valori predetti”.

Squilibrio distributivo delle risorse

Continuava il CdS nei provvedimenti di rimessione alla Corte Costituzionale: “Pur dinanzi alla legittima e ragionevole scelta di una graduatoria unica nazionale, anche in termini di semplificazione procedimentale, a fronte di elementi di valutazione suscettibili di condurre a risultati differenziati a seconda dell’ambito territoriale di afferenza di ogni concorrente, occorre adottare accorgimenti idonei – in applicazione dei principi di ragionevolezza e di tutela del pluralismo informativo – ad evitare una squilibrata distribuzione delle risorse in ambito locale, dovendosi superare il rischio che alcune aree territoriali siano sottorappresentate o perfino escluse dalla contribuzione pubblica, in violazione del pluralismo informativo, che – come osservato – impone di assicurare la pluralità di voci concorrenti in ciascun ambito territoriale in cui viene svolta l’attività radiotelevisiva”.

Adeguato finanziamento pubblico per numero congruo di operatori

“Non si tratta – secondo i giudici amministrativi – di destinare la contribuzione a tutti i candidati in possesso dei requisiti di ammissione, in coerenza con i principi espressi nella sentenza n. 206 del 2019 della Consulta, quanto piuttosto di assicurare che, in ogni ambito regionale, vi sia un adeguato finanziamento pubblico in favore di un numero congruo di operatori, necessario per garantire quel concorso di voci, in assenza del quale non potrebbe attuarsi il principio del pluralismo informativo, per come sopra declinato.

Regionalismo

Ciò anche in considerazione del regionalismo che caratterizza l’evoluzione dell’ordinamento giuridico generale, anche nella materia in esame ed in relazione all’ordinamento delle comunicazioni ex art. 117, comma 3, Cost.

Pluralismo informativo

In proposito, anche in questa materia concorrente la normativa statale, in quanto fonte dei principi fondamentali, è chiamata proprio a garantire il rispetto di quei principi in tema di pluralismo informativo, come sopra declinati.

La pronuncia 206/2019

D’altronde, nella stessa pronuncia n. 206/2019, codesta Corte ha ribadito che, in un settore come quello in esame, caratterizzato dalla presenza di un diritto fondamentale, vi è l’esigenza che il quadro normativo sia ricondotto a trasparenza e chiarezza, e, in particolare, che l’attribuzione delle risorse risponda a criteri certi e obiettivi”, scrivevano i giudici.

Accorgimenti a supporto dello scalino preferenziale

“La disciplina in esame non risulta accompagnata, anche in termini di ragionevolezza ex art. 3 Cost., da accorgimenti necessari al rispetto dei principi predetti; infatti, prevedendo uno scalino preferenziale che riserva alle prime cento classificate, a prescindere dall’ambito territoriale di operatività, la quasi totalità dei contributi pubblici (pari al 95%), per di più a fronte di criteri selettivi formulati in valore assoluto e suscettibili di influire diversamente a seconda dell’ambito territoriale di operatività di ciascun concorrente (se maggiormente o meno popolato), dà vita in radice ad un riparto irragionevole e non paritario, in termini di pluralismo informativo come declinato dalla giurisprudenza costituzionale”, continuava il CdS.

Misura incompatibile col principio del pluralismo informativo

“Tale misura appare quindi incompatibile con il principio del pluralismo informativo, di cui agli artt. 3 e 21 Cost. Infatti, riservando la quasi totalità della contribuzione pubblica ai primi cento classificati a prescindere dall’ambito territoriale di operatività, destinando ai rimanenti concorrenti una quota del tutto trascurabile (5%) dello stanziamento annuale e selezionando le emittenti sulla base di criteri selettivi in valore assoluto, pure suscettibili di influire sulla graduazione del punteggio a seconda della popolazione residente in ciascuna Regione, non si garantisce che in ciascun ambito territoriale vi siano più operatori beneficiari di un effettivo e adeguato finanziamento pubblico, essendo ben possibile che le elargizioni economiche si concentrino presso emittenti, sì caratterizzate da rilevanti dimensioni organizzative, indici di ascolto e spese di investimento in tecnologie innovative, ma operanti in alcuni soltanto degli ambiti regionali presi in esame (corrispondenti, di regola, a quelli più popolati).

Giurisprudenza costituzionale

In proposito, la giurisprudenza costituzionale ha già avuto modo di ribadire (cfr: Corte Costituzionale, 12 aprile 2005 n. 151) che la contribuzione in materia debba seguire una evidente esigenza di esercizio unitario della funzione, non potendo un siffatto intervento a sostegno del pluralismo informativo non essere uniforme sull’intero territorio nazionale”, sottolineavano i supremi giudici amministrativi.

Rischio difformità sul territorio nazionale

“Orbene, gli effetti della disciplina in contestazione, così come evidenziati, comportano un evidente rischio di difformità sul territorio nazionale. Tale esito può produrre, altresì, effetti distorsivi della concorrenza (rilevando quindi anche ai sensi dell’art. 41 Cost.), stante l’idoneità della disciplina in contestazione a beneficiare un numero in ipotesi estremamente ristretto di operatori (in ipotesi, anche uno soltanto) esercenti nell’ambito del medesimo ambito territoriale, a fronte di livelli di efficienza analoghi.

A cavallo

In particolare, è ben possibile che, a cavallo della centesima posizione, si collochino plurimi operatori esercenti nel medesimo ambito territoriale, di cui uno soltanto (o, comunque, un numero estremamente ridotto) entro la centesima posizione, in tale modo ammesso a concorrere a valere sul 95% dello stanziamento annuale.

Effetti dell’assenza di correttivi allo scalino preferenziale

In tali ipotesi, la previsione di uno scalino preferenziale in assenza di correttivi relativi all’ambito territoriale di operatività dei concorrenti, è idonea a produrre effetti distorsivi della concorrenza, determinando un (rilevante) diverso trattamento contributivo di emittenti operanti nello stesso mercato, caratterizzate da analoghi livelli di efficienza e, dunque, agevolando irragionevolmente soltanto uno (o un numero estremamente ridotto) di essi nello svolgimento dell’attività di impresa.

L’intervento della Agcm

Tali elementi risultano altresì censurati anche dall’Autorità garante della concorrenza e del mercato nella segnalazione n. S3892 – redatta ai sensi dell’art. 21 della L. n. 287/90 – in cui si è rilevato: ‘in questa prospettiva presenta criticità sotto il profilo concorrenziale la previsione secondo cui il 95% delle risorse disponibili è assegnato alle prime cento emittenti televisive in graduatoria, mentre il restante 5% è ripartito tra quelle che si collocano dal centunesimo posto in poi'”, enfatizzava il CdS nelle sue ordinanze.

Sperequazione

“Tale previsione, infatti, è suscettibile di determinare una sperequazione nella distribuzione delle risorse tra emittenti che, posizionandosi nella medesima zona della graduatoria (intorno alla centesima posizione), devono ritenersi caratterizzate da livelli di efficienza confrontabili.

Implicazioni distorsive

In particolare, ciò potrebbe avere implicazioni distorsive della concorrenza nella misura in cui due o più delle emittenti sulle quali impatta la discontinuità introdotta dalla specificazione appena richiamata si trovano a operare nel medesimo ambito locale”, rimarcavano i giudici amministrativi superiori.

Irragionevolezza della previsione normativa astratta

Invero, non si fa questione di circostanze meramente ipotetiche, suscettibili di essere scrutinate solo ove dovessero in concreto verificarsi, ma dell’irragionevolezza della previsione normativa astratta, suscettibile di determinare una distorsione della concorrenza”, osservava il CdS.

Il testo delle ordinanze

Qui il testo di una delle due ordinanze speculari del Consiglio di Stato pubblicata il 06/02/2024.

Gli effetti

Ma, tornando al quesito iniziale: che conseguenze avrebbe per il settore una eventuale dichiarazione di incostituzionalità della norma del DPR 146/2017 relativa allo scalino preferenziale che certamente giungerebbe prima dell’erogazione dei contributi del 2025?

La posizione di Confindustria sullo scalino preferenziale

Secondo Maurizio Giunco, presidente della Associazione Tv Locali di Confindustria Radio Tv, intanto andrebbe chiarito che “il rinvio alla Corte Costituzionale da parte del Consiglio di Stato non attiene alla supposta illegittimità dello scalino preferenziale, bensì alla legittimità costituzionale dell’articolo 4 bis del decreto legge 25 luglio 2018, n.91, che eleva al rango di legge il D.p.r. 146, e dell’articolo 13, comma 1 bis, del decreto legge 18 ottobre 2023, n. 145, fornendo un’interpretazione autentica della predetta norma.

Valorizzazione “ragionevole” di indici di ascolto e numero di dipendenti impiegati

Non va poi dimenticato che le sentenze del Consiglio di Stato del 9 settembre 2022 non hanno dichiarato l’illegittimità dell’impalcatura del D.p.r. 146, relativamente alla valorizzazione ‘ragionevole’ degli indici di ascolto ed al computo del numero dei dipendenti.

In discussione solo lo scalino preferenziale, che però è uno stimolo

Si sono limitate a dichiarare l’illegittimità della sola previsione, contenuta nell’art. 6, comma 2, del citato D.p.r., riferita alla formazione di una graduatoria con uno scalino preferenziale in favore dei primi 100 classificati, il quale in realtà rappresenta uno stimolo a migliorare la propria struttura e la propria programmazione.

Miglioramenti

Infatti, non sono pochi i FSMA che, occupando inizialmente posizioni superiori alla 100° sono poi riusciti a superare lo ‘scalino’  migliorando le proprie performance.

La ratio del regolamento

D’altra parte, il legislatore, con il nuovo regolamento, ha inteso proprio sostenere le aziende che svolgono un reale servizio di pubblica utilità, garantiscono occupazione, e riscuotono consensi di pubblico.

La genesi

Bisogna rammentare che il D.p.r. 146 nasce, in sostituzione della L.448/1998, tenendo conto della deliberazione della Corte dei Conti 28 dicembre 2015, n.13/2015/G nella quale si sollevavano una serie di perplessità circa la polverizzazione delle provvidenze (cd. contributi a pioggia) e sulla mancanza di una specifica finalizzazione dei contributi”.

Scenario inquietante

Una eventuale dichiarazione di incostituzionalità della norma del DPR 146/2017 relativa allo scalino preferenziale determinerebbe uno scenario Molto più che inquietante: l’ipotesi che ne potrebbe conseguire è una revisione dei contributi già liquidati sulla scorta dello scalino preferenziale, con restituzioni o conguagli per le imprese che li hanno percepiti.

Effetti nel tempo

A ciò si andrebbero a sommare i minori introiti che l’annullamento dello scalino comporterebbe per le annualità future, che interesserebbe proprio le emittenti più performanti.

Contromisure indispensabili

Mi auguro che in questo ipotetico caso, il Ministero possa individuare soluzioni al fine di sostenere le aziende che dovrebbero restituire un’importante quota riconosciuta per svariati anni. Quota peraltro percepita legittimamente in virtù di una legge dello Stato.

Ricadute sul comparto

In tal caso, comunque, le ricadute sul comparto sarebbero devastanti e andrebbero logicamente a colpire soprattutto le emittenti più strutturate.

Piano B

Ma esiste un Piano B con un nuovo regolamento?.
Secondo Giunco, “Il percorso per la realizzazione del D.p.r. 146 ha richiesto circa due anni. Esistono naturalmente una serie di possibilità di revisione dell’attuale norma, ma ciò che preoccupa di più sono i tempi necessari, tempi che penalizzerebbero tutti, i primi 100 FSMA e quelli che sono posizionati oltre.

Intervento… salutare

Il Ministero dovrebbe intervenire con qualche lieve modifica senza scardinare i pilastri della 146, in alternativa, a mio avviso, si rischia di salutare i contributi e le televisioni locali”.

Entro aprile 2025 la decisione della Corte Costituzionale

La decisione potrebbe arrivare entro due mesi dalla discussione, quindi presumibilmente entro il mese di aprile 2025. (A.N. per NL)

 

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