Radio e tv. Cassazione: può applicarsi il silenzio-assenso alle istanze ex art. 28 cc. 2 e 3 D. Lgs. 177/2005

Per la sua precisione, la sentenza del 12 gennaio 2010 della 3^ sezione penale della suprema Corte è destinata ad incidere sull’esito di procedimenti non solo di natura penale, ma anche amministrativa che frequentemente interessano emittenti radiotelevisive.

In sintesi, la vicenda aveva preso le mosse da un’istanza di delocalizzazione di un impianto di radiodiffusione sonora avanzata ex art. 28 c. 2 D. Lgs. 177/2005 (ottimizzazione e razionalizzazione) da un concessionario. La modifica richiesta risultava riduttiva, in quanto la postazione di destinazione avrebbe illuminato un’area inferiore a quella originaria (censita ex art. 32 L. 223/1990). Opportunamente, la domanda era stata avanzata sotto l’egida dell’art. 20 L. 241/1990 come novellato dall’art. 3 c. 6 ter L.80/2005, avendo aderito l’istante alla corrente dottrinale che voleva applicabile all’ambito radioelettrico l’istituto generale del silenzio-assenso (non rientrando la materia in quelle oggetto di esclusione expressis verbis). L’ispettorato territoriale competente rimaneva inerte all’istanza, sicché, decorso il termine per la formazione del silenzio-assenso l’emittente procedeva a sperimentare la delocalizzazione (evidentemente dopo essersi munita delle autorizzazioni e/o nulla osta sui diversi piani ambientale e sanitario, per i quali, viceversa, non vige il silenzio-assenso). L’I.T. interveniva dopo l’attivazione del diffusore ordinandone lo spegnimento, in quanto messo in funzione senza la prevista autorizzazione, nonostante l’evidenza della formazione del silenzio-assenso. Il procedimento amministrativo dava quindi impulso all’iscrizione della notizia di reato ex art. 98 c. 3 D. Lgs. 259/2003. Rinviato a giudizio, il legale rappresentante dell’emittente veniva condannato per aver installato e messo in esercizio un impianto di radiodiffusione sonora senza autorizzazione. In secondo grado la pena detentiva disposta dal giudice di prime cure veniva convertita in sanzione pecuniaria, mentre, nel resto, il provvedimento veniva confermato. La sentenza della Corte d’Appello veniva quindi fatta oggetto di ricorso avanti alla Corte di Cassazione, che accoglieva l’istanza ritenendola fondata e annullando senza rinvio il provvedimento impugnato perché “il fatto non sussiste”. Nel merito delle motivazioni, osservava anzitutto la Suprema Corte che la sentenza impugnata riportava l’opinione dell’Ispettorato Territoriale secondo cui "la modifica in riduzione dell’impianto non presuppone alcuna preventiva autorizzazione da parte dell’amministrazione, essendo sufficiente una semplice comunicazione". Nondimeno, la Corte d’appello aveva ritenuto che nella specie non vi fosse stata una mera riduzione o modificazione limitativa, ma una vera e propria duplicazione di impianti e di trasmissioni, in quanto il nuovo impianto sarebbe stato installato o messo in funzione in una diversa località "prima della dismissione del precedente impianto (…) , che rimaneva, tuttavia, in funzione". Detta affermazione era però, agli occhi degli ultimi giudici, “apodittica ed erronea perché, come esattamente eccepisce la difesa, non era possibile che i due impianti trasmettessero simultaneamente”. Antenne%20FM%20pannelli%20su%20torre%20circolare%20in%20cemento - Radio e tv. Cassazione: può applicarsi il silenzio-assenso alle istanze ex art. 28 cc. 2 e 3 D. Lgs. 177/2005Era infatti pacifico per il Collegio “che durante la prova l’impianto di (…) trasmetteva sulla stessa lunghezza d’onda e sulla stessa area dell’impianto di (…), ma per una estensione più ridotta. Perciò, se i due impianti fossero stati attivati contemporaneamente, vi sarebbe stata una reciproca interferenza tra i due segnali, che si sarebbero annientati reciprocamente, rendendo l’emittente inascoltabile. Gli ispettori invece captarono in chiaro il segnale di (…) sulla medesima frequenza, il che dimostra che l’impianto di (…) non era attivo mentre si facevano le prove di trasmissione dall’impianto di (…)”. Ne derivava per i giudici di ultima istanza “che non vi era stata alcuna trasmissione simultanea e duplicazione di impianti bensì – per il solo tempo delle prove – una delocalizzazione e riduzione dell’area originariamente servita". Si trattava quindi di una situazione per la quale, sulla base della normativa in vigore, "per come interpretata dallo stesso Ispettorato territoriale regionale, non occorreva una nuova autorizzazione, ma era sufficiente la semplice comunicazione”. L’orientamento interpretativo ed applicativo della amministrazione competente, espresso in note ufficiali, "giustificava quindi un errore incolpevole in capo al prevenuto, secondo le indicazioni contenute nella fondamentale sentenza n. 364 del 1988 della Corte costituzionale". Continuando in un fine e lineare ragionamento, la Suprema Corte affrontava il problema della formazione del silenzio-assenso contestato dalla difesa dell’imputato. Per la Cassazione, infatti, doveva dichiararsi che il fatto non sussisteva anche per un’altra ed assorbente ragione. Il prevenuto aveva invero eccepito che l’autorizzazione gli era stata rilasciata in virtù del silenzio-assenso che si era formato “sulla sua richiesta di autorizzazione a trasferire le trasmissioni da (…) a (…), con la medesima frequenza e con la stessa zona di destinazione ma in una area più ristretta, richiesta contenuta, insieme ad altre, nell’istanza di compatibilizzazione e razionalizzazione" che l’I.T. aveva omesso di vagliare nei tempi previsti dalle norme positive. La Corte d’appello aveva però ritenuto che nella specie non fosse applicabile l’istituto del silenzio-assenso e ricorresse invece la figura del silenzio-rigetto, "senza però indicare le ragioni di tale ritenuta inapplicabilità". Sul punto gli ultimi giudici ricordavano quindi che, “secondo la giurisprudenza, l’istituto del silenzio assenso sulle istanze di rilascio di un atto autorizzativo cui sia subordinato lo svolgimento di una attività privata ha assunto carattere generale, e con estensione a tutti i provvedimenti amministrativi relativi a procedimenti ad istanza di parte, salvo le eccezioni previste, sulla base delle disposizioni della L. 7 agosto 1990, n. 241, art. 20, modificata dalla L. 11 febbraio 2005, n. 15 e dal D.L. 14 marzo 2005, n. 35, convertito dalla L. 14 maggio 2005, n. 80 (Cons. Stato, Sez. 5, 9 giugno 2008, n. 2829, punto 5.1; v. anche Cons. Stato, Sez. 6, 11 novembre 2008, n. 5628)”. E, difatti, ai sensi della L. n. 241 del 1990, art. 20, come modificato dal D.L. n. 35 del 2005, art. 3, comma 6 ter, convertito con L. n. 80 del 2005, "nei procedimenti ad istanza di parte per il rilascio di provvedimenti amministrativi il silenzio dell’amministrazione competente equivale a provvedimento di accoglimento della domanda, senza necessità di ulteriori istanze o diffide" se la medesima amministrazione non comunica all’interessato il provvedimento di diniego nel termine di novanta giorni (secondo la norma vigente all’epoca dei fatti) ovvero non procede ad indire una conferenza di servizi. Antenne%20FM%20pannelli%20su%20traliccio - Radio e tv. Cassazione: può applicarsi il silenzio-assenso alle istanze ex art. 28 cc. 2 e 3 D. Lgs. 177/2005"Questa regola generale – puntualizzava il Collegio giudicante – non si applica solo ai casi indicati nel comma 4, ossia "agli atti e procedimenti riguardanti il patrimonio culturale e paesaggistico, l’ambiente, la difesa nazionale, la pubblica sicurezza, l’immigrazione, l’asilo e la cittadinanza, la salute e la pubblica incolumità, ai casi in cui la normativa comunitaria impone l’adozione di provvedimenti amministrativi formali, ai casi in cui la legge qualifica il silenzio dell’amministrazione come rigetto dell’istanza, nonché agli atti e procedimenti individuati con uno o più decreti del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro per la funzione pubblica, di concerto con i Ministri competenti". Osservava quindi la Suprema Corte – allineandosi alla dottrina che aveva suggerito all’emittente radiofonica di sottoporre istanza ex art. 28 D. Lgs. 177/2005 sotto l’egida dell’art. 20 L. 241/1990 come novellato dall’art. 3 c. 6 ter L. 80/2005 – che “fra queste ipotesi di esclusione dal detto principio generale non rientra quindi quella della semplice delocalizzazione di un impianto radiotrasmittente che, pertanto, a parere del Collegio, deve ritenersi annoverabile fra le ipotesi per le quali il silenzio assenso è applicabile, a condizione che la domanda di modificazione e delocalizzazione sia conforme al dettato normativo”. Nella specie, non era stato contestato che l’istanza di delocalizzazione dell’interessato fosse conforme alle condizioni di legge, “ed anzi ciò risultava indirettamente dalla circostanza che successivamente l’autorizzazione è stata confermata anche dalla autorità giudiziaria”, nell’ambito di un coordinamento tecnico in sede civile ex art. 32 c. 2 L. 223/1990. I giudici del Palazzaccio ricordavano altresì che “ai sensi del precedente L. n. 241 del 1990, art. 19, nel testo modificato dalla D.L. n. 35 del 2005, art. 3, comma 1, convertito con L. n. 80 del 2005, "ogni atto di autorizzazione, licenza, concessione non costitutiva, permesso o nulla osta comunque denominato, comprese le domande per le iscrizioni in albi o ruoli richieste per l’esercizio di attività imprenditoriale, commerciale o artigianale il cui rilascio dipenda esclusivamente dall’accertamento dei requisiti e presupposti di legge o di atti amministrativi a contenuto generale e non sia previsto alcun limite o contingente complessivo o specifici strumenti di programmazione settoriale per il rilascio degli atti stessi", con la sola esclusione degli atti ivi espressamente previsti (tra i quali non rientra la autorizzazione in questione) "è sostituito da una dichiarazione dell’interessato corredata, anche per mezzo di autocertificazioni, delle certificazioni e delle attestazioni normativamente richieste", mentre "l’amministrazione competente può richiedere informazioni o certificazioni relative a fatti, stati o qualità soltanto qualora non siano attestati in documenti già in possesso dell’amministrazione stessa o non siano direttamente acquisibili presso altre pubbliche amministrazioni"; e "l’attività oggetto della dichiarazione può essere iniziata decorsi trenta giorni dalla data di presentazione della dichiarazione all’amministrazione competente", la quale peraltro può sempre assumere determinazioni in via di autotutela, disponendo la revoca o l’annullamento d’ufficio del provvedimento”. L’art. 20 L. 241/1990, nel testo vigente all’epoca dei fatti (2005), prevedeva per la formazione del silenzio-assenso in via generale il termine di 90 giorni, sempre che per lo specifico provvedimento non fosse previsto un termine diverso. antenna%20FM%20collineare%20dipoli(1) - Radio e tv. Cassazione: può applicarsi il silenzio-assenso alle istanze ex art. 28 cc. 2 e 3 D. Lgs. 177/2005Nel caso in esame, quindi, doveva, per il giudice di ultima istanza, “applicarsi il diverso termine di 60 giorni previsto dal D.Lgs. 31 luglio 2005, n. 177, art. 28, comma 4, (Testo unico della radiotelevisione), il quale stabilisce appunto che "gli organi periferici del Ministero provvedono in ordine alle richieste di autorizzazione di cui ai commi 2 e 3 entro sessanta giorni dalla richiesta". Nel caso concreto, la delocalizzazione era intervenuta quando il silenzio-assenso si era già formato per decorso del termine di 60 giorni. Per la Cassazione non era poi esatto “quanto sembra essere sostenuto dalla sentenza impugnata nel senso che la nota della amministrazione (…) avrebbe costituito un "rifiuto- rigetto" tardivo, che avrebbe impedito la formazione del silenzio assenso. Ed infatti, in primo luogo, tale nota (che peraltro disponeva solo "l’accantonamento" dell’istanza) non riguardava la richiesta di trasferimento da (…) a (…) ma l’istanza di ottimizzazione e razionalizzazione del complesso degli impianti, ed in particolare il trasferimento da (…)”. In ogni caso, essendo tale provvedimento intervenuto dopo il termine di 60 giorni, “si sarebbe trattato semmai di una revoca del provvedimento emanato in forza del silenzio assenso, revoca che poteva avere efficacia dalla data di comunicazione all’interessato (trattandosi di atto ricettizio) e comunque certamente non prima della data di emissione (…)”. Doveva anche ricordarsi per i giudici di ultima domanda, che, secondo la giurisprudenza amministrativa, “il silenzio assenso non si verifica ove l’istanza di parte non sia idonea a consentirne il compiuto esame per carenze documentali in ordine ad un presupposto o requisito essenziale (Cons. Stato, Sez. 5, 19 giugno 2009, n. 4053; Id, Sez. 5, 29 dicembre 2009, n. 8831). Nella specie però si trattava di una richiesta di sola delocalizzazione da un impianto all’altro già esistenti ed autorizzati da parte di soggetto già munito di autorizzazione generale ai sensi del D.Lgs. n. 259 del 2003, art. 98”. Inoltre non era contestato che l’istanza di delocalizzazione fosse conforme alle condizioni di legge, “come del resto emerge anche dal fatto che la delocalizzazione non fu revocata dalla autorità amministrativa e fu poi anche confermata dalla autorità giudiziaria”. Per il vertice della giurisdizione ordinaria non risultava quindi (né era stato dedotto dall’accusa) “che vi fosse bisogno di particolare documentazione che non si trovasse già in possesso della amministrazione o necessità di particolari valutazioni tecnico discrezionali”. (M.L. per NL)

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