Strategie RAI volte a fissare valori teorici dei prezzi di listini mediamente più alti di quelli rinvenibili nei listini dei corrispondenti livelli della concorrenza, per poi realizzare sconti ancor più elevati e differenziati in un quadro complessivo che si caratterizza comunque per la elevata opacità. Agcom porta in evidenza il peccato originale delle concessionarie di pubblicità.
Cosa è successo
Il GRP (Gross Rating Points) rappresenta un indicatore sintetico dell’intensità con la quale un messaggio pubblicitario (o una intera campagna) colpisce il target group di interesse per gli investitori ed è elaborato e diffuso da Nielsen.
Sebbene tale indicatore costituisca uno degli elementi per l’elaborazione dei prezzi di listino, le analisi condotte sui dati a disposizione del mercato (dati Nielsen) non consentono di ricondurre i valori di listino a tale indicatore, in quanto essi (listini) prevedono delle riduzioni percentuali dette “promozioni”, anch’esse non sufficienti a giustificare il divario tra il prezzo di listino e quello effettivamente praticato.
Mancanza di trasparenza e disciminazione verso investitori
Secondo Agcom “la condotta della Rai, consistente nell’aumentare i prezzi di listino, incrementa il margine di negoziazione che si traduce in mancanza di trasparenza e, conseguentemente, potenziale discriminazione degli investitori”.
Tali strategie “volte a fissare valori teorici dei prezzi di listini mediamente più alti di quelli rinvenibili nei listini dei corrispondenti livelli della concorrenza, per poi realizzare sconti ancor più elevati e differenziati in un quadro complessivo che si caratterizza comunque per la elevata opacità”, non appaiono in ogni caso improntate al principio di trasparenza, che “è suscettibile di favorire una politica commerciale ambigua e potenzialmente lesiva di un corretto assetto di mercato, anche consentendo la messa in opera di pratiche di discriminazione di prezzo”.
Entrate canone per finanziare attività diverse
“In particolare – secondo Agcom – rileva anche la considerazione che la RAI, in quanto operatore pubblico finanziato dal canone, potrebbe utilizzare le entrate da canone per finanziare attività diverse e in virtù di tale sovra-compensazione ridurre le entrate da pubblicità, attraverso scelte strategiche volte a praticare sconti elevati sui prezzi di listino a parità di affollamento orario, anziché ridurre l’affollamento, generando possibili effetti distorsivi anche sulla dinamica dei prezzi di mercato”.
Condotta RAI opaca
Agcom ha quindi ritenuto “che l’opacità nel processo di formazione dei prezzi di listino consiste nella non identificabilità ex ante da parte del cliente di numerosi fattori che concorrono a tale formazione e che l’elevata differenziazione dei prezzi effettivi, conseguente alla differenziazione dell’offerta e del target, oltre che dalla pratica degli sconti, favorisce la potenziale diffusione della discriminazione di prezzo”.
Nel caso di Rai, “la garanzia di trasparenza è strettamente connessa anche alla necessità di dare evidenza all’effettivo bisogno di ricorrere a risorse ulteriori rispetto a quelle garantite dal canone per sostenere i costi del servizio pubblico” e la condotta “configura inadempimento agli obblighi del servizio pubblico generale radiotelevisivo come declinati dal contratto di servizio”.
La diffida
Attraverso la delibera 61/20/CONS pubblicata il 21/02/2020, Agcom ha quindi diffidato la RAI – Radiotelevisione Italiana S.p.A., affinché cessino immediatamente comportamenti che non assicurano “il rispetto dei principi di non discriminazione e di trasparenza nella conclusione dei contratti di diffusione pubblicitaria, anche al fine di consentire all’Autorità di verificare il corretto utilizzo delle risorse pubbliche destinate al finanziamento delle attività e della programmazione di servizio pubblico“.
A tale fine Rai è tenuta, entro trenta giorni dalla notifica del provvedimento, a fornire all’Autorità evidenza delle misure adottate in prima istanza per dare esecuzione alla diffida e, in particolare:
– predisporre una proposta di listino che dia ragionevole evidenza delle modalità di costruzione dei prezzi di vendita degli spazi pubblicitari e delle riduzioni di prezzo (c.d. sconti) effettivamente praticati nel rispetto del vincolo di destinazione del canone al servizio pubblico;
– produrre uno schema di relazione, da inviare periodicamente all’Autorità, sugli spazi pubblicitari venduti che indichi i prezzi originari di listino e i relativi ricavi teorici “a prezzo pieno”, lo sconto massimo applicabile e i corrispondenti ricavi effettivi conseguiti (differenziando per canale o struttura/centro di costo competente) con conseguente allocazione;
– individuare misure e formulare proposte, anche di natura organizzativa, finalizzate a garantire che le strategie commerciali adottate nella raccolta delle risorse pubblicitarie non risultino di pregiudizio al migliore svolgimento dei pubblici servizi concessi e concorrano alla equilibrata gestione aziendale. (E.G. per NL)