Entro il 2030 il telecomando per come lo conosciamo andrà in pensione, sostituito da una particolare forma di mouse e da comandi vocali per l’interrogazione del tv ed in generale dei device (distributori di contenuti audiovisivi) connessi alla rete.
Nel 2019 solo in 4 case su 10 ci sono ricevitori FM (ed entro fine 2020 scenderanno al 35% gli ambienti indoor dove sono presenti). Ma nel 95% delle case c’è almeno un tv e nel 50% ce ne sono almeno 3. Più o meno le stesse percentuali si ritrovano con gli smartphone.
Il messaggio per gli editori è quindi: non esserci significa rinunciare da subito al 60% dell’utenza stanziale potenziale.
43 mln di tv DTT e 44 mln di smartphone nelle case degli italiani
Un problema che riguarda in parte i fornitori di servizi di media audiovisivi che presidiano solo il DTT, che – secondo i dati del Censis – pure è forte di quasi 43 mln di apparati in grado di riceverne i contenuti, che si privano della possibilità di accedere ad una platea di device IP (gli smartphone) superiore di quasi un milione di unità (circa 44 mln). Se si aggiungono tablet e pc, ci sono 112 mln di schermi nelle case italiane.
Ma, soprattutto, un problemone per le radio che, senza tv e opportuna coltivazione dell’utenza IP, rischiano di finire relegati all’ascolto outdoor (in auto, in particolare, dove si concentra l’80% dell’ascolto radiofonico, prevalentemente attraverso la modulazione di frequenza ed in componenti progressivamente sempre più significative su DAB+ e IP).
Visual Radio DTT e presenza IP non è più un’opportunità, ma una necessità
“Siamo in breve passati – attraverso la cd. visual radio – dall’opportunità di essere sul DTT per integrare i contenuti visivi con quelli sonori assecondando l’esigenza di un pubblico giovane e giovane adulto nato e cresciuto con i video, alla necessità di esserci quand’anche sostenendo un costo non ripagato da introiti pubblicitari diretti“, commenta l’avvocato Stefano Cionini di Consultmedia (struttura di competenze a più livelli collegata a questo periodico) che negli ultimi quattro anni ha promosso più di qualsiasi altro ente esponenziale del settore radio-tv l’integrazione delle piattaforme nel comparto radiofonico.
IP non è solo streaming
“Ma oltre al DTT c’è un’altra piattaforma che impone investimenti notevoli per la presenza: l’IP. Lì non basta evidentemente essere presente con un flusso streaming sul sito, su un’app e su TuneIn. Oggi è indispensabile essere presenti su tutti (e sottolineiamo tutti) gli aggregatori (FM World, Replaio, MyTuner, ecc.) sugli smart speaker e su ogni piattaforma distributrice di contenuti. D’altra parte, diffondere via IP costa oggi relativamente poco, ma farsi trovare dispersi in 500.000 flussi streaming mondiali esige investimenti spesso non trascurabili ed impegnative azioni social“, continua Cionini.
Menu in luogo degli LCN
D’altra parte, entro il 2030 il modello di fruizione tv cambierà completamente. E non ci riferiamo solo allo sviluppo della Tv on demand rispetto alla Live Tv, ma al fatto che gli LCN, come scriviamo da almeno due anni a questa parte, saranno sostituiti dai menu delle app. Ma attenzione: non le app delle singole radio e tv, che nell’arco di pochi anni finiranno nel dimenticatoio degli utenti, ma quelle degli OTT del web, preinstallate sulle smart tv.
Basta guardare i nuovi telecomandi: sono sempre di più quelli dove campeggia il tasto di Netflix, di YouTube, di Apple, di Rakuten oltre, naturalmente, a quelli degli hub dei produttori del device (Samsung, LG, Philips, ecc.).
LCN come i valori degli impianti FM
Non è un caso che i valori degli LCN nazionali anche su numerazioni appetibili dopo una crescita esponenziale, stiano progressivamente diminuendo. Nel 2022 la totalità dei tv in vendita saranno IP ready, cioè in grado di connettersi alla rete. Ovvio che non tutti quelli acquistati poi saranno effettivamente connessi, ma progressivamente il parco delle connected tv salirà e sui tetti vedremo sempre meno antenne.
Per questo motivo è chiaro anche a Mediaset e RAI che il T2 è una tappa importante, ma intermedia, verso un futuro dove quella che viene definita come “disintermediazione” sarà solo un ricordo. In altri termini, le singole app di RaiPlay di Mediaset Play, ecc. lasceranno spazio – o saranno integrate – in quelle di Amazon Prime Video, di Netflix, di Disney, ecc. La fruizione dei contenuti radiotelevisivi, in definitiva, sarà completamente mediata dagli OTT del web a fronte di forme di joint venture editoriali e commerciali o di aste per la determinazione delle posizioni dei fornitori nelle liste.
Importante è consolidare oggi
Parliamo di un orizzonte degli eventi fissato ad oltre 10 anni. Un’era geologica secondo gli standard socio-tecnologici attuali, ma che esige attività di affermazione dei brand costanti e progressive. “Per questo ci stiamo organizzando con tutte le piattaforme aggregatrici per raggiungere accordi di partnership per favorire la presenza dei nostri clienti“, conclude l’avvocato Cionini. “Perché chi pensa di correre da solo, rimarrà fermo alla partenza“. (E.L. per NL)