Gli editori radiofonici europei (e quindi anche italiani) dovrebbero prestare estrema attenzione all’appello proposto da TuneIn e da Warner e Sony contro la decisione del Tribunale di primo grado inglese sulla presunta violazione del copyright da parte dell’aggregatore di flussi streaming più importante al mondo.
Sentenza salomonica
Il solo fatto che entrambe le parti abbiamo impugnato la sentenza, sta a significare che il giudice di prima istanza non ha accolto interamente le pretese dei ricorrenti, Warner e Sony, i quali avevano contestato a TuneIn di violare le norme sul copyright diffondendo in UK stazioni radio e comunque contenuti audio musicali in assenza di specifica licenza in tema di diritto d’autore/diritti connessi al diritto d’autore.
Ma la portata della questione, creando un precedente giudiziario destinato ad orientare la giurisprudenza (soprattutto in sistemi giuridici di common law, come quello inglese), è ben più ampia.
Sintesi opportuna
Nel catalogo di TuneIn sono state individuate quattro macrocategorie:
Categoria 1: stazioni radio autorizzate (cioè dotate di licenza per lo sfruttamento del copyright) nel Regno Unito;
Categoria 2: stazioni radio non autorizzate nel Regno Unito o altrove;
Categoria 3: stazioni radio autorizzate per un territorio diverso dal Regno Unito;
Categoria 4: stazioni radio Internet gestite da TuneIn, apparentemente senza licenza, ma inibite all’ascolto nel 2017.
Nuova comunicazione o mera indicizzazione?
Il thema decidendum nel contenzioso promosso da Warner e Sony era se la piattaforma di TuneIn favorisse una nuova “comunicazione” rispetto a quella già in essere da parte delle radio presenti nell’aggregatore, che quindi si limitava ad una funzione di organizzazione e catalogazione di flussi streaming già fruibili da parte dell’utente.
Nel merito della prima categoria, la Corte inglese ha deciso che non vi era nessuna “nuova” comunicazione al pubblico e conseguentemente non aveva luogo nessuna violazione nel Regno Unito da parte delle stazioni radio o di TuneIn, accordando quindi ragione alla difesa dell’aggregatore.
Responsabilità delle radio che hanno prestato assenso alla aggregazione
Relativamente alle categorie 2, 3 e 4, il giudice inglese ha invece dichiarato che TuneIn stava intraprendendo una nuova forma di comunicazione al pubblico violando i diritti di Warner e Sony (che non percepivano un corrispettivo dalle stazioni estere diffuse in UK in assenza di specifica licenza).
Secondo il Tribunale UK, il ruolo attivo di TuneIn era acclarato nel fornire, tra l’altro, annunci pubblicitari geolocalizzati.
Estremamente rilevante il fatto che la Corte ha dichiarato che i fornitori delle stazioni radio nelle categorie 2, 3 e 4 erano congiuntamente responsabili di tale violazione sulla base del fatto che “autorizzavano” le attività di TuneIn.
… ma anche di quelle aggregate senza autorizzazione
A seguito del ragionamento della Corte inglese, una stazione radio online con una licenza valida nel suo territorio di origine (per esempio in possesso di licenza SIAE e di titoli per lo sfruttamento dei diritti connessi), violerebbe il copyright in tutti i territori in cui è possibile accedere al suo contenuto dal momento in cui è aggregato e indicizzato da una terza parte (l’aggregatore) destinata ad altri paesi, indipendentemente dal fatto che una stazione radio sia a conoscenza dell’aggregazione.
Rischio ondata geoblocking in autotutela
Questa conclusione sarebbe probabilmente sufficiente a far scattare campanelli d’allarme e scatenare un’ondata di richieste di geoblocking in tutta la comunità radio europea, fatta eccezione per la recente adozione da parte del Parlamento europeo della nuova Direttiva 2019/789/UE 17.04.2019 SAT-CAB, le cui disposizioni chiave mirano proprio a offrire un nuovo quadro giuridico per lo streaming a/v all’interno dell’UE.
Conclusioni
La semplice presenza su Internet di un flusso radio concesso in licenza su base territoriale non significa automaticamente che si verifichi un atto di violazione del copyright in ogni paese in cui è possibile accedervi e per il quale non esiste alcuna licenza. Lo diventa, secondo la linea di pensiero adottata dal giudice inglese, nel momento in cui, attraverso azioni proprie o di una terza parte (l’aggregatore) ne viene favorita la fruizione specifica nel territorio non licenziato.
Nel caso specificio, a mente della 1 sezione 20 della legge sul copyright del Regno Unito tale comportamento costituisce un illecito di responsabilità oggettiva e pertanto si applica anche ad una stazione radio indicizzata e indirizzata a un altro paese da una terza parte, all’insaputa della stazione.
Se un approccio simile dovesse essere adottato da altri tribunali europei o effettivamente se i titolari dei diritti dovessero avviare procedimenti nei tribunali del Regno Unito contro stazioni con sede nel Regno Unito in relazione a violazioni in Europa, le emittenti UK senza filtri di geoblocking fuori dal Regno Unito potrebbero trovarsi esposte a contestazioni ove fruibili tramite TuneIn o servizi simili.
In un contesto in cui l’obiettivo dell’UE è aumentare l’accessibilità delle stazioni radio europee e in cui nessuno degli schemi di licenza radio è stato aggiornato per riflettere la natura sempre più globale del consumo di radio, questa decisione può essere considerata particolarmente pesante. (M.L. per NL)