TuneIn in appello contro la decisione della High Court inglese: il giudice di primo grado ha errato. Perché Google è lecito e un aggregatore di flussi streaming radiofonici già disponibili sul web (a prescindere dalla intermediazione di TuneIn) non dovrebbe esserlo?
Effetti mondiali della decisione
La partita che si gioca nelle aule giudiziarie UK tra TuneIn, piattaforma USA di aggregazione di flussi streaming radiofonici e di podcast e le case discografiche Sony Music e Warner Music UK ha, in realtà, rilevanza mondiale.
Appello di TuneIn
TuneIn ha infatti sottoposto ad appello la decisione della High Court inglese (tribunale di primo grado ma con funzioni superiori) che aveva condotto alla inibizione dell’accesso alla maggior parte delle stazioni radio con sede fuori dall’UK.
Violazione del diritto d’autore
E ciò sulla scorta del fatto che, secondo i giudici, l’app di TuneIn violava le disposizioni in materia di diritto d’autore nella misura in cui consentiva la fruizione di emittenti prive di licenze ad hoc per l’UK.
La tesi di primo grado
Per parte propria, TuneIn si era difeso sostenendo di svolgere solo un ruolo di interfaccia tra l’utente e l’emittente, non gestendo direttamente i flussi streaming. Flussi che – aveva sottolineato – erano comunque ricevibili a prescindere dalla presenza nella sua app. In sostanza, secondo la tesi difensiva dell’aggregatore, TuneIn svolgeva solo un ruolo di facilitatore.
High Court: ruolo attivo di TuneIn
L’High Court non aveva accettato la prospettazione di un ruolo passivo di TuneIn, ridotto ad un mero motore di ricerca simile a Google, rimarcando che i suoi utenti potevano fare molto di più che cercare la stazione (come, per esempio, registrarne contenuti).
Le proteste dell’utenza UK
Il risultato dell’attuazione della sentenza inglese era stata una ridda di proteste sui social da parte degli ascoltatori inglesi che, soprattutto attraverso gli smart speaker (molto diffusi in UK), sui quali TuneIn è app preferenziale per la fruizione radiofonica, non erano più in grado di ascoltare le emittenti estere.
TuneIn: Sony e Warner non la raccontano giusta
“Sebbene Sony e Warner abbiano in sede di comunicazione dipinto la decisione del giudice inglese come una vittoria decisiva, il fatto che abbiano deciso di proporre (a loro volta) appello racconta una storia diversa”, aveva spiegato già alla fine del 2019 un portavoce di TuneIn.
La Corte di Appello dovrà approfondie un tema tanto evidente quanto irrilevato in primo grado
“La Corte d’appello dovrà affrontare questo caso complesso ed in particolare se dobbiamo essere preventivamente autorizzati a fornire ai nostri utenti del Regno Unito l’accesso a flussi streaming radio già liberamente disponibili su Internet”, spiegava la nota.
Il thema decidendum
Il collegio di tre giudici della Corte d’Appello inglese dovrà valutare le motivazioni introdotte dal team legale di TuneIn, in gran parte aderenti alle ragioni esposte in primo grado. Anche se il baricentro del confronto si sposta sul confronto tra i servizi dell’aggregatore con quelli forniti da Google e da altri motori di ricerca.
Incongruenza
In sostanza, la Corte inglese dovrà accertare l’incongruenza (denunciata da TuneIn) tra la ritenuta liceità del ruolo di Google ed altri motori di ricerca e quella di un aggregatore radiofonico che, di fatto, opera sullo stesso principio. (E.L. per NL)